leopoldo mastelloniPubblichiamo l’intervista di Angela Matassa (su “Il Mattino” del 22 agosto scorso) a Leopoldo Mastelloni che il 13 settembre prossimo al festival “Città Spettacolo” di Benevento porterà in scena “So trent’anni”

A Benevento è un habitué. Ha partecipato fin dalla nascita a Città Spettacolo e non solo. Due edizioni fa presentò Metti una sera con… Leopoldo Mastelloni di Giuseppe Patroni Griffi, andato in scena poi ai Riverside Studios di Londra, ci è tornato in altra occasione con Tragedia reale, dello stesso autore, un testo sull’ultima notte della principessa Diana. Quest’anno, per il trentennale del festival, Leopoldo Mastelloni è in cartellone con So’ trent’anne - Thirty years, quasi un omaggio alla rassegna. “Un festival importante, di sostanza - dice - coerente nel tempo: non ha mai ceduto alle lusinghe della commercialità, è attento alle novità”.

Che cosa vedremo il 13 settembre?

Il percorso della rassegna attraverso i miei occhi. Parto da un presupposto di Pier Paolo Pasolini: l’artista per sua natura resta sempre un diverso, un escluso. Si sentirà proprio la sua voce a ricordarlo. Sì, perché in effetti ho creato una sorta di film di immagini e colonna sonora.

Cioè? Non ci sarà scenografia?

La scena è proprio lo scorrere delle immagini. Oltre a mie interviste ed esibizioni, ho inserito nel video montato apposta, spezzoni di celebri film: “La caduta degli dei” di Visconti, “Marcia trionfale” di Bellocchio”, le voci di Lea Massari e Silvana Mangano

La musica, invece, quale sarà?

Canterò celebri canzoni con testi cambiati, scritti in napoletano da me. Molte sono di Dalidà: “A modo mio”, “Mama”, “Morire sulla scena”, ma eseguirò anche “La ballata del tempo”, il monologo “Tango lento” di Patroni Griffi, pezzi di Weill e Brecht, la Piaf, “Io per lei” dei Camaleonti e, naturalmente la mia “Bambenella”, quella che Viviani scrisse per Luisella. Pezzi del mio cofanetto “87 amori”

Una sorta di “riciclaggio” della canzone?

Possiamo anche dire così, in senso positivo, perché immagino la cultura attuale come una discarica, solo il riciclo viene apprezzato e ammesso

Che cosa vuole raccontare con questa miscellanea?

Lo spirito dell’artista che preferisce morire in scena, fulminato dai laser delle luci, sotto lo scrosciare degli applausi. Ma anche il rapporto madre-figlio, che simbolicamente riguarda la mia città

Sotto quali aspetti?

La Weimar di Brecht è per me la Napoli disadattata degli Anni Ottanta e, oltre all’arte, alla musica comparirà un’altra realtà: la camorra. Nel finale sarò il boss che racconta la sua vicenda nel carcere, le difficoltà e gli amori omosessuali cui è costretto

Le sue interviste e le esibizioni passano molto spesso su canali televisivi nazionali. Che effetto le fa?

Mi inorgoglisce e mi rattrista. Antonello Piroso (direttore del TgLa7) ha ripreso tutto lo spettacolo di Londra e mi ha invitato a “Niente di personale”. Lo ringrazio. Dopo l’esibizione, mi telefonò Mina per congratularsi. D’altro canto, se non sono scritturato ho difficoltà a girare con i miei spettacoli, anche se a Napoli al Trianon a Natale scorso con “Metti una sera con… Leopoldo Mastelloni”, nonostante fui sconsigliato, ebbi un successo straordinario, a Forcella!

Che cosa vuol dire?

Che il pubblico capisce, che dobbiamo tornare alla qualità, che non è necessario che sul palco ci sia un qualunque volto televisivo per riempire i teatri

E dei tagli al Fus?

Va bene la riduzione. C’è una gerarchia nello spettacolo, non è tutto uguale. I privati debbono investire e lo Stato dovrebbe premiare l’impegno come si faceva una volta. La politica non deve entrare nel merito. Ci sono artisti validissimi che non hanno mai ricevuto un soldo

Lei è fra questi?

Sì. In ben 45 anni di carriera

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