katinkaIn un simpatico articolo sul Corriere del Mezzogiorno, Alessandra Amitrano ci racconta la storia di Katia Massaro. Il suo nome non dirà nulla a nessuno ed anche il fatto che la sua attività principale sia quella di salvare delfini poco ci interessa.

Katia però negli anni settanta era nota per aver messo su il primo locale transgender italiano. A Ischia!

Io me lo ricordo quand’ero piccola e andavo a ballare lì vicino. I miei genitori non volevano che lo frequentassi, e d’altronde, seppure me lo avessero permesso, non so fino a che punto all’ingresso del locale sarebbero stati disposti a far entrare una quattordicenne. Mentre loro, i miei genitori, acconsentivano a farmi frequentare la discoteca, un postaccio pieno di tamarri e musica pessima.

Mentre invece al Katinka, questo il nome del locale, Katia mixava da urlo e le personalità che lo frequentavano non erano da meno

Era come passeggiare per la rive gauche dei tempi migliori, quelli della nouvelle vague per esempio. C’erano attori, registi, scrittori, scultori, persone di grande fascino e talento intellettuale di cui ritengo inelegante citare nome e cognome.

Oggi Katia è la presidente della Deplphis Onlus, l’associazione che tutela i delfini e i cetacei di cui è presidente. Katia si batte per la tutela dei delfini e di quelle razze marine in estinzione che vivono nel canyon di Cuma.

A Ischia, il Katinka, era come Katia: oltre. Eclettico. E curioso. Nel senso di mai conosciuto e mai totalmente conoscibile. In una parola: incatalogabile

In una parola ancora: Queer.

Corriere del Mezzogiorno / GayNews

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