madaroPubblichiamo l’intervista a Dolores Madaro, assessore alla Memoria della Città di Napoli (tra le deleghe Anagrafe, Stato civile, Biblioteche civiche). Dai ricordi della guerra alle battaglie femministe, al riconoscimento dei diritti delle persone omosessuali e transessuali, la passionaria laica, come è definita l’assessore, ripercorre le tappe della storia sua e della città in un incontro in esclusiva per i lettori di Napoligaypress.it

Partiamo dal nome che non è napoletano. Che origini ha ?

Mi chiamo così in onore dell’attrice Dolores Del Rio e forse di Dolores Ibárruri. Mio padre era di tendenze un po’ anarchiche e non escludo che volesse darmi il nome di una grande combattente come la Ibárruri.

Della Ibárruri ha anche il nomignolo. Le piace il soprannome di “passionaria laica” ?

Mi riempie di gioia. Il nomignolo passionaria ce l’ho da sempre. E sono laica, ma tollerante anche con i cattolici. Laico significa tollerante verso gli altri altrimenti si finisce col fare un’altra crociata.

Ci racconti qualcosa della sua vita. Lei è napoletana ?

Mio padre era di origini beneventane. Emigrò giovanissimo in America con i suoi fratelli, dove frequentò le scuole fino ai diciotto anni. Poichè sosteneva la causa di Sacco e Vanzetti subiva continuamente minacce. Per questo tornò e sposò mia mamma. Io sono di Supportico di Capodimonte, una zona popolare ed antica dove vive anche Zanotelli. Mio padre scelse questo posto anche perché era vicino al ricovero tufaceo, che nella Seconda Guerra Mondiale fu un rifugio antiaereo.

Che ricordi conserva della Seconda Guerra Mondiale ?

I bombardamenti.
Le sirene che all’improvviso ululavano, in modo disperato, come un lungo lamento. E noi piccoli che correvamo con le coperte addosso per non raffreddarci, senza mai lasciare la mano degli adulti. Se lasciavi la mano di tua mamma rischiavi di essere travolto dalla calca di persone che correvano, e di perderti e farti sorprendere dalle schegge delle bombe.
E ricordo il ricovero, freddissimo. E noi bimbi, stretti stretti e zitti zitti. Con le coperte addosso sentivamo da lontano ancora l’urlo della sirena e poi lo scoppio delle bombe che cadevano.
E poi ancora una volta la sirena che ti diceva che potevi uscire e che il pericolo era scampato.

Lei era bambina, ha qualche ricordo del clima di scontro che c’era nell’Italia nazifascista ?

La città era diventata un posto non sicuro, per questo mia madre mi mandò dalla nonna a Benevento. Là vidi i soldati nazisti che razziavano i nostri averi, lo zio Pietro fu messo con le spalle al muro e beccò una pallottola perché non voleva cedere il maiale, che era la sostanza di tutta la famiglia. E le donne giovani che si nascondevano per non farsi trovare dai soldati.

Ricordo l’altarino attorno al quale ci riunivamo, dove c’erano le immagini dei morti e degli uomini partiti per il fronte, che non sarebbero tornati mai più. Vedevo la nonna ammalarsi per la perdita dei suoi figli, di Vittorio, di Attilio. E’ stata dura. Nessuno mi ha detto di essere antifascista, nessuno mi ha fatto la lezione. Con il calvario che abbiamo vissuto era normale dirsi antifascisti, e da questo nasce la mia vocazione al pacifismo.
So quanto c’è da accapponare la pelle quando c’è la guerra.
Io sono iscritta all’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, ndr), e a questa associazione tengo molto. L’Anpi ha testimoni grazie a dio viventi, andateli a cercare, sfogliate i loro ricordi che sono un tesoro prezioso.

Noi italiani abbiamo una Costituzione che è una carta di libertà che si fonda sull’antifascismo, ma in questo momento difficile pare necessario anche ribadire questi principi.

Ora c’è grande confusione e quando c’è confusione, come diceva Antonio Gramsci, bisogna avere paura e stare attenti, aguzzare le armi dell’intelletto, che è la nostra difesa e la nostra protezione. La confusione è anche indotta, per fare in modo che non sia possibile più non dirsi reazionari, e avviene attraverso la provocazione subdola, perché fatta attraverso mezzi che si somigliano, con modi e linguaggi politici uguali. Occorre demistificare tutto questo.

Quale è il ruolo della storia ?

E’ il nostro dovere la ricerca della verità: la storia non è acqua, la storia non si cambia.
Non possiamo per esempio generalizzare sulle persecuzioni. Le persecuzioni riguardarono varie soggettività oltre gli ebrei: i rom, gli zingari, i gay, i comunisti, un po’ anche le donne. Tutte le minoranze erano nel mirino degli aguzzini. Dobbiamo ricordarlo e capire dove si nasconde oggi l’uovo del serpente. Perché quando sembra che sia sconfitto può sempre ritornare.

Quale è il posto delle minoranze nella società ?

Sono le minoranze che aiutano le rivoluzioni. E le rivoluzioni non sono sempre quelle che abbiamo conosciuto plasticamente ma sono anche culturali, di egemonia, di pensiero. Penso che la soggettività omosessuale è una di quelle. Anche i gay hanno avuto la loro persecuzione, una loro storia, e bisogna riconoscere questo. I gay devono avere una loro comunità per poter essere linfa per la nuova forma che assume la democrazia. Non basta solo l’articolo della costituzione, la nostra non è una democrazia autoritaria.

Dolores Madaro è d’accordo alla estensione dei diritti previsti dall’articolo 29 sul “matrimonio civile”, alle coppie omosessuali ?

Non sono per il consenso facile. Chi mi conosce sa che a me piace ragionare.
Ma se due persone si amano e convivono non sta a noi dover indagare: queste coppie devono avere gli stessi diritti che sono riconosciuti agli altri.

Questa affermazione ricorda molto Zapatero…

Beh io la penso proprio come lui anche se fuori non è molto gradita questa mia posizione. Io penso che è necessario combattere i pregiudizi.
Per questo voglio ricordare con affetto una coppia. Miei vicini che ora si sono trasferiti. Due ragazzi di trentacinque-quarant’anni, entrambi professionisti. Erano una coppia come un’altra. Venivano a chiedermi la cipolla quando mancavano le spezie e dovevano preparare il pranzo. Ci scambiavamo tante cortesie. Sono stati i migliori vicini che io abbia avuto. Con loro io ho avuto un rapporto come con qualsiasi coppia di vicini, senza pregiudizi. Se tutti facessero così nella nostra città ci sarebbe più comprensione, e meno barriere.

Il regista Özpetek ha raccontato una storia simile alla sua in un bel film. A Napoli e in Campania si calcola siano diverse migliaia le coppie conviventi dello stesso sesso. Per l’assessore Valente occorre creare consenso, lei cosa pensa in proposito ?

Si, questa battaglia deve passare per un dibattito. Nella giunta e nel nostro consiglio molti accettano senza problemi le coppie gay e le coppie lesbiche, ma non ammettono per loro il matrimonio. Allora penso che sia una questione di maturazione. Sono d’accordo con Valeria, questa è una questione di crescita culturale. Noi amministratori abbiamo il dovere di metterci anche nei panni di chi recepisce.

Alcuni amministratori dell’attuale giunta la pensano probabilmente in maniera diversa. L’assessore all’anagrafe del Comune di Napoli è d’accordo alla creazione di un registro delle Unioni Civili ?

Sono d’accordo e non ho aspettato molto a lavorarci. Appena insediata ho chiesto a Cavallaro, il dirigente, di conoscere la procedura per istituire il registro. Lo faremo insieme e gradualmente. Con i rappresentanti delle associazioni, con i movimenti, dal basso. E vediamo come formalizzare questa proposta. Non abbiamno bisogno di uno scontro, né voi né chi si fa portatore della vostra differenza. Neanche voi lo volete lo scontro, lo so perché vi conosco. Non vi preoccupate, faremo insieme questo cammino superando insieme gli ostacoli.

Sull’acqua pubblica si è schierata dalla parte dei cittadini, ai donatori di organi ha promesso esenzioni sulle spese di sepoltura, in un anno non si è persa una manifestazione della comunità lgbt locale. Ha il consenso dei cittadini. Ma non manca chi la critica. Cosa risponde loro ?

Sull’acqua facevo parte del comitato cittadino, con Zanotelli. E non potevo non votare contro, avrei avuto problemi con la mia coscienza. Non solo non è caduta la giunta, ma sono stata felice che è nato un dibattito sulla preziosità di questo bene pubblico che noi abbiamo mentre in Africa vale come l’oro. E sulla questione dei donatori, su cui pure vengo criticata, serve un dibattito, dobbiamo darci delle regole. Sia sulle esenzioni, sia sulle donazioni. Io ad esempio non sono per il tacito assenso, ma aperta al dibattito.

Su chi mi critica, non ancora ho capito il senso delle critiche che vengono sollevate contro di me. Subisco attacchi sul piano personale che meriterebbero querele, per mobbing, perché tendono ad umiliarmi per non farmi più lavorare. Io che mi ritengo una comunista cerco sempre di evitare che si portino fuori le cose, lo facciano gli altri.

Che cosa significa essere comunisti a Napoli nel 2007 ?

Io direi cosa significa essere comunisti oggi nel mondo. Significa conservare una idea di trasformazione, che certamente non è come una volta. Comunista significa esercitare la critica, la proposta, la battaglia per le idee. La battaglia per le idee si fa sempre, anche per la minoranza, anche se sei tu sola. Se l’idea è giusta hai il dovere di dire. E forse anche di pagare qualche prezzo.
Ed io ho pagato. [Silenzio]

Che prezzo ha pagato ?

Non amo parlare di questo. Non mi piace rivangare. La mia famiglia ha pagato moltissimo. Per credere nelle mie idee ho pagato anche sulla sorte dei miei figli.


Cambiamo argomento. Che significa lottare per i diritti di emancipazione delle donne ?

Spesso ci abbarbichiamo sulla questione dei diritti dimenticando la storia di battaglie che ci hanno portato ad ottenere questi diritti. Questa storia deve continuare per continuare ad ottenere questi diritti, nella loro forma e nella sostanza, e per aggiornare questi diritti. Credo che il movimento femminista deve rinvigorire la sua forza dopo il periodo di arretramento e di abbattimento che ha vissuto. L’arretramento delle lotte c’è stato su tutti i fronti, vedi il precariato, il diritto al lavoro e al contratto.
Con questo clima c’è stato un indebolimento di vari soggetti.
Le donne devono trovare la forza di riemergere dalla carsicità del movimento che è scomparso in mille rivoli ed ogni tanto appare, indebolito.
Ora stiamo facendo la battaglia per la Campagna 50E50, in base all’articolo 51 della Costituzione. Si parla di parità e non si riesce neanche a garantire la parità numerica dei rappresentanti politici. Noi vogliamo la differenza di genere, che non è la differenziazione, come scrive Concita Sannino, tra bambini e bambine, che è invece il ruolo. La differenza di genere tocca tutti, soprattutto le persone glbt. Bisogna riconoscere ogni differenza di genere: se io sono diversa, un diritto, un servizio, che chiedo, deve essere adattato alla mia differenza altrimenti c’è una massificazione e non una pianificazione dei servizi che si sposa alla domanda.

Sulle pagine dei giornali campeggia la questione degli immigrati, dopo il caso del rumeno che ha ucciso una donna a Roma. Quale è il suo commento ?

Sono risposte emotive ad un fatto grave. Non dimentichiamo che il rumeno poteva essere ubriaco come tanti uomini italiani: la violenza fa parte del maschilismo. E non dimentichiamo che la denuncia è partita da una donna immigrata. E invece si parla dei rumeni come violenti in generale. E’ la storia del cavallino bianco e il cavallino nero che racconta Platone, del buono e del cattivo. Non ci sono rumeni diversi dagli italiani in questo senso. Ci sono i violenti e i paciosi, i frustrati e chi rispetta le leggi. Qualcuno reagisce per follia, per stress, per aver bevuto. Ma questa violenza non ha connotazione nazionalistica o di razza ma è maschilista.

Come l’omofobia

E come la camorra, che se ci fa caso ha una organizzazione piramidale maschile. Le donne comandano solo quando servono. L’atteggiamento di sfida e pensare di fare tutto quello che ti piace fare, presuntuoso, superbo.

Che risposte deve dare Napoli ?

Io, forse perchè sono stata insegnante per anni, insisto sull’educazione dei piccoli. Da un anno ai sei anni i bambini formano il loro carattere, per questo la scuola materna ha una posizione basilare. Il bambino se cresce in un ambiente scolastico, in una biblioteca, in un quartiere che lo accetta può essere sottratto al giro. E bisogna dare disciplina, che non deve cadere dall’alto ma avviluppare il ragazzo, dare la forma al carattere. Così da una famiglia e da un ambiente violento puoi sottrarlo a poco a poco.

Un’altra idea potrebbe essere attivare le biblioteche di quartiere.

Sono in pena su questo. Per far funzionare le biblioteche di quartiere a Napoli c’è bisogno di soldi, lo scriva, e c’è bisogno di soldi per realizzare progetti. Con l’Associazione Civica di Roma abbiamo fatto il bel progetto “Applausi”, che si è allargato a numerose città d’Italia. Gli utenti hanno fatto nascere i copioni nelle biblioteche. Un ragazzo di Stella ha vinto il secondo premio nazionale parlando del suo quartiere. Ci sarà un incontro nella sala Campanella a piazza del Gesù il prossimo 23 novembre e la premiazione il 14 dicembre in Sala Giunta, con il sindaco.

Vorrei costruire “una casa della memoria dell’infanzia”, per mostrare ai bimbi di oggi cosa significava essere bimbi ieri. Per mostrare loro che una cosa è avere bello e fatto un giocattolo di plastica, ed una cosa è imparare a farsi da sé il pupazzetto, la marionetta. Imparare la manualità un rapporto con l’oggetto è importantissimo.

Ci sono pedagoghi che ritengono che la coscienza della propria affettività, anche omosessuale, sia molto precoce. La nostra scuola è impreparata ad affrontare questo argomento. Quale è la sua opinione anche come insegnante ?

Con qualche amica esperta stiamo cercando di fare qualche cosa in questo senso. Se si scopre presto un bambino lo si indirizza e non lo si frustra. Diventa padrone del suo corpo e questo darà sicurezza e farà la nostra società migliore.

Quali sono le persone che ha più care ?

Sono una donna di grandi amori. Ma a chi altri posso dare il mio affetto se non a mio marito e ai miei figli, ai miei tre figli. A cui ho procurato molti guai nel fare questo mio percorso politico. Mi è costata cara.

Ma la generosità, come mi fu insegnato da bambina, cerco di dividerla in parti uguali. Mi amareggio per le persone transessuali, per i gay e le lesbiche, soffro per le soggettività che hanno bisogno. Non è retorica. La politica mi sta consumando. Sta consumando i miei sentimenti, la mia anima. [silenzio] Mi hai fatto commuovere con questa ultima cosa.
Ma questo mi dà anche la forza.

Napoli è una città difficile. A volte bisogna avere il cuore duro.

La tenerezza del rivoluzionario scatta sempre dopo la durezza dello scontro, della battaglia, del posizionamento delle idee. Ce l’aveva anche Ernesto Che Guevara. E’ in questi momenti che ricordo la grande fotografia che c’era nella mia sezione del PCI di via Luca Giordano. Entravi e vedevi l’immagine di questo ragazzo bellissimo con il sigaro e la barba ben fatta, con l’aria spavalda di combattente ma con lo sguardo dolce. Quasi alla commozione. Bisogna riportare alla ribalta questo eroe. La sua figura è stata svuotata dalla tempesta di normalizzazione e omologazione.

E nessuno che si accorge di questo. A proposito, ricorda Pasolini ?

Come no. Me lo ricordo bene a Pier Paolo. Io lo conobbi mentre girava “Uccellacci e uccellini”, negli anni ‘60. Stetti a parlare con lui ed aveva un acume straordinario, era poliedrico. Era capace di parlare di tutto. Ricordo con tenerezza che anche adulto, combattente, intellettuale famoso e a volte duro, chiamava sempre la mamma. La dolcezza per la mamma che lo adorava mi faceva struggere. E quel suo bisogno continuo di libertà…
Pier Paolo è stato uno degli ultimi intellettuali italiani liberi. Ora non ne esistono più.

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