Pubblichiamo il monologo inedito scritto da Mario Gelardi per il reading “Il mio paese” realizzato in collaborazione con la rassegna di teatro civile Presente Indicativo e proposto nella quinta giornata di In Ogni Senso.

foto di Philippe CastetbonIl mio lavoro è molto simile a quello di un medico. Un chirurgo che elimina le parti malate dall’organismo per risanarlo. Un oncologo che elimina le metastasi. Io elimino il cancro dalla società irachena, la ripulisco dagli infedeli. Mi chiamo Abu, ho ventidue anni e uccido gli omosessuali a Baghdad.

L’omosessualità è una grave malattia che si diffonde rapidamente tra i giovani della comunità, dopo che è stata portata da fuori dai soldati americani. Queste non sono abitudini irachene o della nostra comunità e dobbiamo eliminarle.

La polizia irachena dice che sono stati giustiziati meno di una decina di omosessuali negli ultimi mesi, non è così, lo dicono per tranquillizzare l’occidente, ne sono stati uccisi varie decine. Tutti quelli che è stato possibile eliminare.

A volte arrivano prima i membri della loro stessa famiglia o quelli della loro tribù che giustamente vedono l’omosessualità come una grave macchia sul loro onore collettivo. Io e il mio gruppo abbiamo avuto l’approvazione da parte dei principali tribù irachene per liquidare quegli uomini che imitano le donne. Noi li chiamiamo Jarwa, che significha cagne.

Il nostro obiettivo non è quello di destabilizzare la situazione della sicurezza, il nostro obiettivo è quello di contribuire a stabilizzare la società. Non possiamo rimanere a guardare mentre questi omosessuali violano le regole e l’etica che deve essere seguita sotto la religione islamica. Questi Jarwa pensano che l’Iraq stia cambiando e diventando un paese non-musulmano, ma la nostra società tribale e religiosa ci consente di punirli nel modo più severo. D’altronde in Iraq l’omosessualità è illegale per legge, è un reato da punire con la pena capitale e gli omosessuali devono essere uccisi nel “peggiore” modo possibile.

L’imam Hussein della moschea del quartiere Karada di Baghdad ha detto che “Il castigo islamico per i gay è l’essere bruciati o ogni altra forma di messa a morte”, ha detto pure che “Coloro che violano le regole di Dio devono essere purificati dalla comunità musulmana. Ci sono regole chiare per l’umanità, che gli uomini devono essere uomini e le donne devono essere donne”. Io penso che il governo dovrebbe intervenire con fermezza contro gli omosessuali, ma in mancanza di ciò è accettabile che ogni famiglia o tribù uccida i gay.

La verità è che l’omosessualità rappresenta una vergogna per loro, ma Dio può essere arrabbiato per l’uccisione del omosessuali? Io non credo perché, uccidendo gli omosessuali si fa la volontà di Dio. Gli iracheni non hanno capito cosa vuole dire la libertà, non ci sono abituati, non la sanno usare. I giovani devono capire che viviamo in una società che è ancora disciplinata dalle usanze religiose e dalla tradizione e che ci sono ancora le milizie per farle rispettare.

La mia Brigata ha affisso una lista sui muri di Sadr City, con dieci nomi di Jarwa, abbiamo scritto ‘Cagne sarete giustiziati’.
Io passo molte ore del giorno alla ricerca di chat-room su internet legate ai siti omosessuali. Non cerco nuovi amici ovviamente. E’ il modo più semplice per scovare la gente che sta distruggendo l’Islam e vuole rovinare la nostra reputazione, che abbiamo impiegato secoli a costruire.

Quando trovo i Jarwa prendo appuntamento, in un luogo isolato, abbiamo delle case fuori città che si prestano a questi incontri. Li aggredisco, talvolta li uccido, a volte li torturo e poi li uccido. C’è una grande discarica di rifiuti a Al Shaab, lì vengono abbandonati i cadaveri.

La tortura purifica, lo ha detto anche l’imam Hussein.
A due che abbiamo trovato insieme li abbiamo torturati fino a che no ci hanno chiesto loro di morire. Ad uno gli abbiamo strappato i pettorali all’altro bucato la pelle con un trapano.

Il mio modo preferito è tappargli il culo. Usiamo ‘l’adesivo dell’emiro’, una colla fortissima che voi in occidente non avete, è di produzione iraniana e sigilla ogni fessura in modo ermetico, così che non può essere aperta se non con un’operazione chirurgica. Dopo averla applicata, costringiamo la vittima a ingerire uno sciroppo purgativo, provocando atroci dolori causati da una diarrea che non ha sfogo, così arriva la morte.

Abbiamo girato pure un video una volta e lo abbiamo fatto circolare su i cellulari di alcuni di loro. I numeri ce li ha dati uno che non ce la faceva più ad essere violentato con un tergicristallo e per salvarsi ci ha indicato sul cellulare i nomi dei suoi amici. Peccato, è morto lo stesso. Ogni tanto ne lasciamo qualcuno vivo però in modo che racconti tutto agli altri. Che faccia sapere cosa può capitare a gente come loro.

Adesso però la voce si sta diffondendo e i Jarwa cercano di lasciare il paese, si coprono a vicenda e chiedono aiuto all’estero. Dobbiamo fermarli, altrimenti macchieranno per sempre il nome del popolo iracheno.

Il gruppo al quale appartiene Hamizi, e altri simili, è responsabile della morte di 130 omosessuali iracheni dall’inizio dell’anno.

Mario Gelardi | per gentile concessione dell’autore

foto: Philippe Castetbon tratta da Les condamnés: Dans mon pays, ma sexualité est un crime | > compralo nel Bookshop di NapoliGayPress [link sponsorizzato]


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