red-reebon.bmpSono ormai passati 25 anni dalla identificazione dei primi casi di AIDS, avvenuta nella primavera del 1981. Da allora, HIV – il virus causa dell’AIDS - ha continuato a diffondersi.

In Italia, a partire dalla seconda metà del 1996, si è osservata una diminuzione, seguita da una successiva stabilizzazione, del numero di nuovi casi di AIDS e di decessi. L’incidenza di nuovi casi di malattia conclamata è inferiore rispetto a quella registrata a metà degli anni ‘90, soprattutto a causa dell’allungamento del tempo di incubazione dell’AIDS dovuto all’effetto della terapia antiretrovirale combinata. E’ andata invece costantemente aumentando la prevalenza di persone viventi affette da AIDS, in conseguenza dell’aumento della sopravvivenza.

Il 60% dei pazienti non ha effettuato alcuna terapia con farmaci antiretrovirali prima della diagnosi di AIDS; ciò avviene in proporzione maggiore fra i non tossicodipendenti (contatti eterosessuali e omosessuali), che spesso non eseguono il test (in un caso su due) e pertanto ignorano il loro stato di sieropositività.

Al contrario dei casi di AIDS, che sono diminuiti nell’ultimo decennio, le nuove diagnosi di infezione da HIV mostrano un andamento stabile. Si stima infatti che, ogni anno, in Italia si infettino circa 3500-4000 persone. In alcuni gruppi di popolazione, quali ad esempio gli omosessuali, si è verificato addirittura un aumento dell’incidenza di nuove infezioni a partire dall’inizio del millennio.

L’aumento della sopravvivenza dei sieropositivi conseguente all’effetto della terapia combinata,congiuntamente al permanere di un’incidenza relativamente elevata di nuove infezioni, determina un incremento delle persone sieropositive che, nel nostro Paese, si stima siano circa 120.000.

La diminuzione della percezione del rischio, presente in ampi strati della popolazione, determina un accertamento tardivo della sieropositività e un ritardo nell’ingresso in terapia. Per contrastare questa tendenza, è necessario ribadire l’importanza del test, soprattutto nelle persone che hanno avuto rapporti a rischio.

fonte: Dipartimento Malattie Infettive Parassitarie e Immunomediate dell’ISS

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