la copertina di “Coming Out”Pupa Pippia, romana, in quarant’anni “ben portati” si è occupata di spillatura di birre artigianali, ha gestito un pub ‘gay friendly’ e ha animato il blog millevocidentro.
“Coming out” è il suo esordio narrativo. Al bancone del suo bar deve averne ascoltate di storie, altre le avrà inventate, e il risultato è un campionario di personaggi alle prese con uno dei momenti esistenziali clou per un omosessuale: dichiararsi. Le edizioni Nutrimenti proseguono il loro benemerito lavoro di ricerca di nuovi autori italiani e stavolta mirano al mercato glbt con un libro che affronta un tema serio con un piglio leggero e frizzante. E Pupa Pippia è da tenere d’occhio.

In esclusiva proproniamo il racconto “Questione di Dettagli”

Rincontro Ester alla metro, un giorno che dal cielo, senza alcun preavviso, hanno preso ad arrivare secchiate d’acqua gelida. D’istinto cerco riparo sotto il suo ombrello, senza neanche avere capito chi è: ha le scarpe fradice e i jeans bagnati fino al polpaccio; io, con i miei occhiali appannati, praticamente non vedo nulla.
“Luisa! Ma non ti ricordi?”, esordisce lei sotto quel diluvio irrispettoso e sfacciato.
“Aspetta, no… ripariamoci meglio…”, le dico districandomi tra gli occhiali miopi, la borsa a tracolla che cerca di strangolarmi, e una cartellina di disegni preziosi che proteggo da quell’inaspettato nubifragio.
Ci rifugiamo dentro l’androne di un palazzo e lì, finalmente, scrollandomi tutta l’acqua di dosso, mi si accende la lampadina: “Ester!”, grido provocando un’eco fino al dodicesimo piano.

Ester è stata la mia migliore amica durante tutta la scuola. Appena conosciute, alle elementari, ci eravamo da subito cordialmente odiate: entrambe volevamo essere la prima della classe ma, dopo un periodo burrascoso di gelosie e dispetti antipatici, la maestra ci ha messo nello stesso gruppo per una ricerca. Nei primi pomeriggi a casa dell’una o dell’altra sembravamo due cani che si annusano e si studiano; ma piano piano, grazie anche ad alcuni scatoloni di girelle e buondì, siamo diventate sempre più complici e, a ricerca finita, ormai inseparabili. Alle medie ci hanno iscritto insieme, e poi abbiamo scelto entrambe il liceo scientifico. Ma all’università siamo andate ognuna per la propria strada: lei, più inquadrata e meticolosa, ha scelto Economia e io, che adoravo l’arte, Architettura a Perugia.

È chiaro, ci siamo dette che non ci saremmo mai mollate, ma si sa come va a finire e ogni cosa bella, col tempo, scolorisce. Io ho proseguito la mia vita, ho conosciuto Arianna e ci siamo innamorate. Di Ester non ho saputo più nulla fino all’incontro sotto il temporale.

Aspettiamo che il diluvio si plachi e poi, quando si trasforma in una pioggerella leggera, Ester tutta infreddolita mi propone di prendere un tè insieme. “C’è un bar che conosco, qui vicino. Dai, andiamo”. Accetto subito, con un sorrisone che mi si possono contare tutti i denti.

Ci sediamo. La borsa mi ha lasciato segni e graffi sul collo che neanche nelle passioni più travolgenti. Ed eccoci qui, un tè ai frutti rossi, l’altro al bergamotto, a ricordare gli anni insieme, il giorno della maturità, lo scemo della commissione esterna che aveva il parrucchino giallo paglierino e il tic nervoso che sembrava facesse le pernacchie; le formule di matematica nascoste nella scarpa, la fine di quell’estate completamente folle.

“Adesso sono diventata una brava ragazza”, le dico.
“Tu? Non ci credo neanche se tiri fuori dalla borsa il vestito da suora! Piuttosto, adesso che combini, stai ancora a Perugia?”.
“E certo, che ti credi che passo il tempo a pettinare le bambole? In realtà ho fatto un sacco di cose in questi anni”.
“Tipo? Racconta un po’”.
“Allora: ho comprato una macchina usata di zecca, una Honda Civic rossa 16 valvole, datata ma a buon prezzo!”.
“Mh, niente male. E poi?”.

“Poi, vediamo. Ho preso in affitto una casetta fuori Perugia che è un amore, dovresti vederla. È un casaletto piccolo e appena ristrutturato, con il soffitto in legno come piace a me e il pavimento in cotto: d’estate è un piacere camminarci su a piedi nudi. Ma il pezzo forte è fuori: c’è un pozzo! È un vero pozzo, di quelli di cui non vedi la fine, e ogni volta che ci passo davanti ci urlo dentro qualcosa. Magari mi sentono, dall’altra parte”.
“Sì, sì: mi sembra una buona idea”.
“E mi sono anche iscritta a un corso per sommelier, e poi ho preso un brevetto per pilotare alianti. Ti ricordi che da piccola dicevo che volevo fare la hostess per avere sempre la testa fra le nuvole, no?”.
“È vero, è vero: ti sei data una calmata, lo vedo”.
“Sì, e ho imparato a suonare il basso. Vado in giro per locali con un gruppo di amiche a fare un po’ di casino e di brutte figure. E basta: direi che più o meno è tutto, all’incirca quattro anni di vita, a parte qualche piccolo dettaglio…”.

E sul “qualche piccolo dettaglio” lascio cascare tre puntini di sospensione, qualche secondo di silenzio, e uno sguardo furbo che aspetta soltanto di essere colto al volo.
“Sei diventata lesbica, eh?”. Eccola! Eccola la mia Ester. Arrossisco e un po’ e le dico: “Ma si vede?”.

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