caiazza su vanity fairCi arriva, l’altro giorno, una mail in redazione da Fabrizio Caiazza: “Volete sapere com’è andata a finire? un bacio, Fabrizio”.

Fabrizio, sottoposto a provvedimento disciplinare per delle foto scattate in divisa (senza l’autorizzazione dei superiori) e pubblicate su Clubbing si è beccato una multa pari a… 4 ore del suo stipendio.

Dopo essersi iscritto al Sex Factor di Gaydar (come abbiamo raccontato in un vecchio post) ed aver partecipato ad un convegno a Washington rivolto a poliziotti gay, quando il mensile gay pubblica le foto il Corriere fa un po’ di confusione ed ecco che Fabrizio, in un articolo del quotidiano, diventa il vincitore di un concorso negli Stati Uniti per il quale avrebbe sfilato in divisa beccandosi il premio di vigile gay più sexy del pianeta.

Curiosi, cerchiamo di approfondire: “Mi sta chiamando il mondo” ci scrive in una mail successiva. Infatti è richiesto da radio, tv e giornali (italiani e stranieri), teme che questo treno passi ma spera anche di poter sfruttare questa notorietà per realizzare un suo vecchio sogno rafforzato dalla sua esperienza americana: la costituzione del primo nucleo di poliziotti gay.

Poi ci capita tra le mani l’ultimo numero di Vanity Fair che pubblica una simpatica intervista con tanto di foto (in borghese, ovviamente) in cui racconta la sua esperienza presente e passata ed in cui si rivolge direttamente a chi non ha il coraggio di guardarsi allo specchio.

A cominciare dalla sua vita quotidiana di omosessuale sul posto di lavoro (vigile al comune di Milano)

“Sto li da sette anni, ci conosciamo bene: l’avevano capito tutti. Io non l’ho mai sbandierato, ma neanche ho finto il contrario”

e con i genitori che vivono a Siano (piccolo paese vicino Salerno)

“Ho parlato con mia madre di tutta la storia solo quando Barbara D’Urso mi ha invitato in Tv. Voglio molto bene ai miei genitori, ma non abbiamo mai avuto rapporti sereni”

A proposito della madre, racconta del suo curioso outing

“Ha scoperto che ero omosessuale perchè ha trovato in un suo libro la brutta copia di una lettera che volevo mandare ad un giornale gay di Napoli. Avevo 17 anni e per le è stato tale lo schock che mi ha detto: ‘è la sceneggiatura di un film che vuoi scrivere, vero?’”

E della sua esperienza sul lavoro dice

“Lei non immagina quanti omosessuali nascosti ci sono nelle caserme, nei posti di lavoro, nelle famiglie”

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