gianni vattimoIl giornalista salernitano Pasquale Quaranta ha pubblicato sul suo sito un’intervista inedita a Gianni Vattimo realizzata nel 2005 in occasione del Salerno Pride.

Dichiaratamente omosessuale, teorizzatore del “pensiero debole”, a dieci anni da “Credere di credere” (Garzanti, 1996) il filosofo torinese parla del suo rapporto con la fede e la Chiesa. Ed ovviamente di omosessualità.

“Una volta non si usava parlarne, oggi non passa giorno che un vescovo o un cardinale parli contro di noi. La Chiesa è stata sempre sessuofoba perché colpire la gente sul sesso era un modo per tenerla legata. […] Allora la sessuofobia è un po’ finita, in generale, ma è rimasta l’omofobia, che poi è particolarmente importante per la Chiesa perché predica attraverso comunità maschili… quindi è anche omofobia interiorizzata”

Il filoso racconta del suo essere cristiano e omosessuale…

“Per me è una vocazione speciale. Una volta che ho scoperto che questa è una vocazione cerco di farlo seriamente, cerco di prendere sul serio questa roba. Lotto per i diritti delle minoranze ma non come Pasolini, lui era esagerato; si sentiva come un Gesù crocifisso… dai suoi nemici. Io non la vivo così”

…ed esprime il suo pensiero sul matrimonio gay…

“Sono convinto che la famiglia non è l’unico progetto di vita possibile… però diciamo che sono abbastanza conformista per desiderare che sia possibile, vale a dire che a me piacerebbe davvero non fare un matrimonio gay ma potermi legare a una persona con gli stessi caratteri della famiglia, la famiglia sua, la famiglia mia… Quando mai questo è possibile? Tutto questo è chiuso nella porcheria generale del fatto che siamo considerati dei puttanieri!”

…facendo anche una breve analisi del movimento gay italiano…

“A Torino c‘è il circolo Maurice dell’Arcigay che è un punto di riferimento per la gente di questi orientamenti che a un certo punto ci va, si riunisce. Per il resto c‘è da stare attenti a una cultura di ghetto che in ogni piccola questione rivede la propria situazione di discriminati […] Ma allora bisogna che il movimento diventi da un lato un movimento associazionistico di gente che ha voglia di trovarsi con i propri simili, perché non deve nascondersi, poi magari si draga anche bene, temo solo che nelle associazioni gay si trovino solo vecchi come me, i gay veri sono altrove…”

…e della funzione dei gruppi di credenti gay

“Hanno una grande importanza nella Chiesa ma devono farsi sentire di più altrimenti questa pretaglia ci rovina la vita! Perché mai uno davvero deve essere messo fuori dalla comunità cristiana se ha voglia di starci dentro? Anch’io ho sempre sentito importante il professarsi credente e gay per sfidare la situazione”

Il tutto senza rinunciare all’ironia…

“Ho scritto un testo per la Stampa intitolato: SCV, perché da piccolo, quando ero nell’Azione Cattolica, vedevamo le auto del Vaticano targate SCV (Stato Città del Vaticano n.d.r.) e noi traducevamo con ‘Se Cristo vedesse…’ […] Il guaio è che quando io ero piccolo, per esempio negli anni ’50 – ’60, c’era chi protestava! C’era un [don Primo] Mazzolari, c’era il dissenso. Adesso la Chiesa è stata silenziata con e dopo Giovanni Paolo II. Non c‘è più nessuno che alzi la voce. Possibile che Pera e Ruini siano culo e camicia? Qualcuno dei due sarà la camicia! [risate] E questo è un problema!”

> leggi l’intervista completa su p40.it

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