1799: le radici partenopee della lotta per i diritti e l’uguaglianza
napoli. laicità. storiascritto da uiallalla | 19 Luglio 2009 | condividi su facebook
Pubblicato originariamente su NotizieGay.com
Agli inizi del 1799 a Napoli c’era la guerra civile. Il lento procedere degli eventi scatenati dalla Rivoluzione Francese (nonostante la politica fortemente repressiva del Re di Napoli e qualche successo sul campo del regio esercito), inesorabilmente arrivava fino alla capitale del Regno.
Sono giorni di anarchia pura. Il Re fugge con il tesoro della corona e il Conte Pignatelli (suo Vicario) conclude, con buona pace degli Eletti del Popolo, la resa col generale francese Championnet. Il popolo napoletano insorge a Castel Sant’Elmo, ultima roccaforte contro i francesi, ed i sostenitori della repubblica aprono il fuoco sui lazzari lasciando libero accesso alle truppe francesi.
Il sogno della rivoluzione sta per diventare realtà anche a Napoli. Sarà proprio Championnet il 23 gennaio a riconoscere la Repubblica di Napoli. Un’esperienza breve, anzi brevissima: qualche granello nella clessidra del tempo ma che resta negli annali come un macigno. in merito a concetti quali eguaglianza e libertà.
La Repubblica Partenopea (come da molti è ricordata) si è dovuta accontentare di un Governo provvisorio (ma di ben due Presidenti) caratterizzato da un’attività febbrile che (senza dimenticare quella di eversione della feudalità, mai applicata a causa della vita brevis della Repubblica) ha varato una sola legge degna di nota: quella che aboliva fedecommessi e primogeniture, ovvero i principi su cui la monarchia basava molti dei suoi privilegi.
Granelli di sabbia in cui vigeva una sana libertà di stampa la cui potenza era smorzata però da un diffuso analfabetismo. Il Monitore Napolitano (di cui solo poche copie, conservate alla Biblioteca di Napoli, sono scampate alla furia restauratrice) era uno dei tanti fogli stampati nella Repubblica. Alla sua guida Eleonora Pimentel Fonseca: incarcerata dal Re con l’accusa di giacobinismo (nei suoi appartameti fu ritrovata una copia dell’Enciclopedia di Diderot) fu poi liberata dai lazzari in rivolta, si può ben considerare la prima direttora al mondo (Matilde Serao arriverà, sempre a Napoli, solo un secolo dopo) e figura femminile di spicco nella storia della Repubblica.
Una vera intellettuale che conosceva le lingue moderne come quelle antiche (tradusse e commentò dal latino la dissertazione dell’avvocato Caravita sui pretesi diritti dello Stato Pontificio sul Regno di Napoli) dalla vita personale travagliata (perse un figlio in giovane età e ne abortì un altro a seguito dalle percosse subite dal marito da cui poi si separò).
Fondato da Carl Lauberg (primo presidente del Governo provvisorio), tra i collaboratori nel Monitore c’era anche Vincenzo Russo che poi scrisse i suoi “Pensieri Politici” in cui teorizzava una repubblica basata sull’eguaglianza di tutti gli uomini.
Ma anche a Napoli stava per calare la ghigliottina, a danno però dei repubblicani. A giugno, infatti, mentre il golfo di Napoli era teatro di una battaglia navale tra la flotta dell’Ammiraglio Nelson e quella capitanata da Francesco Caracciolo, fu infine Fabrizio Ruffo, un cardinale con il suo esercito di Sanfedisti, ad entrare da Sud in città e porre fine all’esperienza repubblicana.
La Pimentel insieme ad altri esponenti del Governo provvisorio, fu rinchiusa nelle fosse del Castel Nuovo e giustiziata dalla restaurazione borbonica (Giustino Fortunato parlò di “ecatombe”). Molti progetti furono lasciati in cantiere: come quello della Costituzione della Repubblica Napoletana (che introduceva la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo) la cui stesura era stata opera di Francesco Mario Pagano (anche lui decollato).
Nell’illustrazione: Domenico Battaglia “Perquisizione in casa di Eleonora Pimentel Fonseca”
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19 Luglio 2009 | 23:181799: le radici partenopee della lotta per i diritti e l’uguaglianza
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20 Luglio 2009 | 08:081799: le radici partenopee della lotta per i diritti e l’uguaglianza
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20 Luglio 2009 | 08:26