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Nel caso del femmenèllo, con l’ accettazione che è tipica di questo popolo, questi cresceva e si formava già all’interno di quella comunità, che lo riconosceva e lo dichiarava tale già durante l’adolescenza, ma non lo emarginava, bensì lo inglobava, gli dava un ruolo e non avrebbe mai smesso di frequentarlo o di sostenerlo.

Il femminiello (femmenella in una accezione lievemente negativa) nella cultura napoletana è sicuramente una figura atipica e unica. In una società e in una cultura in cui il diverso non è mai accettato completamente, il femminiello trova un’isola privilegiata (come la chiama Achille Della Ragione) nei “Quartieri” napoletani dove rientra di buon diritto nell’economia del vicolo e in alcuni casi (come quello della “figliata”) assumeva quasi un ruolo mistico ed esoterico (paragonabile solo a quello presente in alcune culture orientali) alla pari dell’antico ermafrodito. La figura del femminiello si sovrappone spesso (o viene confusa) con quella del travestito che si prostituisce.

Come riporta Giovanni Dall’Orto è l’espressione partenopea di quello che viene definito “omosessuale mediterraneo” fenomeno tipico dell’Italia del sud. Il femminiello è anche il soggetto del prossimo film di Massimo Andrei (già regista di “Mater Natura”), in corso di lavorazione, che a questo personaggio dedica un breve saggio sul suo sito e in cui si sottolineano i mille ruoli di questa figura, sotto molti aspetti “multicolore”

Nella Napoli popolare, tanto devota e anche tanto pagana, fino a qualche decennio fa, prima della rivoluzione femminista e dell’attuale emancipazione della donna, ‘o femmenèll, imitatore proteso verso la fisicità della donna e spesso più femminile della stessa, talvolta era colui che si accoppiava saltuariamente con il giovane maschio fino a quando questi non arrivava al sacramento del matrimonio

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