Torna a fiorire l’antica femmenella napoletana/1

[1] L’antica femmenella napoletana (nell’uso era o’femmenella, il maschile, femminiello, è inesatto e moderno) è una rarissima se non l’unica figura dalla sessualità non normativa integrata in un contesto urbano di cui si ha documentazione.
Anche se femminelle riemergono in manifestazioni popolari tuttora celebrate come la tammurriata a Montevergine nel giorno della Candelora o la tombolata nel periodo natalizio, o in leggende come lo spusarizio mascurino (il matrimonio tra maschi), di cui narra l’antropologo Abele de Blasio, o la figghiata, di esse si parla spesso in modo impreciso e senza il rispetto che spetterebbe a queste storie, tracce di religiosità che affondano le loro origini nella civiltà greca su cui si fonda la napoletanità, cultura dell’unica colonia della Magna Grecia diventata metropoli, anche per questo il termine femmenella viene oggi usato in senso dispregiativo, come un insulto verso l’omosessuale passivo o che ha atteggiamenti effeminati. […]
Agli inizi del 1799 a Napoli c’era la guerra civile. Il lento procedere degli eventi scatenati dalla Rivoluzione Francese (nonostante la politica fortemente repressiva del Re di Napoli e qualche successo sul campo del regio esercito), inesorabilmente arrivava fino alla capitale del Regno.


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Ieri la comunità omosessuale italiana ha ricordato Karl Heinrich Ulrichs (1825-1895), considerato “il nonno” del movimento omosessuale. 



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