Offesa dagli infermieri al Don Bosco, trans rifiuta ricovero. Ora è grave
napoli. movimento. attualità. omofobia. transscritto da napoligaypress | 31 Luglio 2016 | condividi su facebook
Ennesimo caso di malasanità che vede coinvolta una persona trans: si è verificato negli scorsi giorni al San Giovanni Bosco dove Nunzia Lo Preato è stata ricoverata per un micro-infarto, decidendo poche ore dopo di rinunciare alle cure e di firmare per la dimissione pur di non essere offesa e derisa dagli operatori sanitari e dagli altri degenti. Nel pomeriggio la sua situazione si è aggravata e, prelevata dal 188, Nunzia è ora ricoverata all’Ospedale Loreto Mare.
Secondo la ricostruzione di ATN-Associazione Transessuale Napoli, di cui Nunzia è socia, nonostante i documenti d’identità confacenti la sua identità di genere, gli operatori sanitari incaricati del ricovero l’hanno continuamente derisa rivolgendosi a lei al maschile e discutendo su quale reparto fosse il più adatto.
Daniela Villani, assessore alle Pari Opportunità del Comune di Napoli si è scusata con Nunzia a nome di tutta la città mentre Il consigliere regionale Francesco Emilio Borrelli (Verdi) ha chiesto ai responsabili dell’Ospedale e al direttore dell’ Asl di avviare una inchiesta interna.
Arcigay Napoli sottolinea che non si tratta del primo caso di questo tipo che si verifica nello stesso ospedale: nel 2014 Pina, una donna transgender, fu ricoverata nel reparto maschile e denudata alla presenza degli altri degenti. L’intervento di alcuni attivisti ha portato il Sindaco Luigi de Magistris ad emanare una direttiva rivolta a tutti i presidi ospedalieri della città a cui fece seguito un’interpellanza parlamentare.
“Solo un confronto diretto tra le autorità e le associazioni locali che si occupano delle questioni sensibili inerenti alle persone transgender – dichiara Daniela Lourdes Falanga, responsabile per le politiche trans dell’associaizone – può determinare quelle buone prassi che garantiscono appieno l’uguaglianza e la dignità di tutti i cittadini, lasciando cadere quei muri di pregiudizio che possono determinare solo e nient’altro che morte sociale. Inoltre è opportuno anche rendere obbligatori corsi di formazione agli operatori del settore sanitario perché questi sappiano dedicarsi alle cure di chiunque indistantamente”
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