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Diritti LGBT+ un giro nei paesi dove essere gay fa paura

Nell’articolo di Sabato scorso si era trattato il tema della migrazione LGBT+(clicca qui per leggere l’articolo) accennando il fatto che in molti paesi del mondo l’omosessualità sia illegale tutt’oggi. Credo però sia importante trattare le varie nazioni singolarmente e capire per ogni paese quale forma di attivismo sia stata scelta, per questo ho deciso di iniziare una rubrica in cui ogni giorno si parla di una diversa nazione.                             

L’argomento di oggi è l’Afghanistan:

I diritti LGBT+ nella storia della Nazione

Nel 1990 i talebani presero il controllo del paese e criminalizzarono qualsiasi tipo di rapporto sessuale al di fuori del matrimonio eterosessuale (storia della guerra in Afghanistan). Chi non rispettava questa legge subiva una condanna pubblica per aver commesso un reato. Sono passati anni e l’Afghanistan, ora con a capo Ashraf Ghani, non ha ancora trovato la pace, un paese perennemente in balia dell’instabilità politica e degli attentati terroristici di Talebani e insorti nel quale la libertà sembra essere solo un lontano astratto traguardo.

Eppure la personalità di questo paese sembra avere due facce opposte, se da una parte legalmente condanna l’omosessualità e qualsiasi atto al di fuori del matrimonio eterosessuale, dall’altra il rapporto con la sessualità è davvero complesso. Basti pensare che la schiavitù sessuale, per quanto il solo pensiero di ciò sia lacerante e doloroso, è una pratica estremamente diffusa. Gli adolescenti privi di famiglia e abbandonati a se stessi vengono rapiti con l’intento di far da schiavi sessuali ad uomini adulti, oppure vengono comprati i favori sessuali di un ragazzo attraverso soldi o regali. Queste attività sono tollerate all’interno della cultura afghana, in quanto secondo l’opinione popolare non rappresentano l’espressione d’una autentica identità omosessuale, ma piuttosto espressione del potere di dominio maschile.

Quindi non è facile parlare di orientamento sessuale in un paese che pubblicamente condanna la libera espressione della sessualità e poi nasconde sotto il tappeto un rapporto con essa malsano. A seguito di tutto ciò l’omosessualità è associata con l’abuso sessuale e la prostituzione, equivoco popolare che si riflette nel sistema giuridico della nazione. In una realtà che ci sembra così lontana da noi, i diritti fondamentali non sono dati per scontati e l’arretratezza del paese rende ancora più ardua la conquista della libertà personale.

Attivismo

Nel 2009 Hamid Zaher uno scrittore omosessuale afgano ha scelto di non arrendersi alle difficoltà, fuggendo in Canada e annunciando adesso il suo libro di memorie (“It Is Your Enemy Who Is Dock-Tailed: A Memoir”). Racconta la sua vicenda personale, simbolo della lotta di tanti gay, condotta non soltanto nel paese afghano, ma nelle diverse aree del mondo dove è possibile essere perseguiti soltanto per il proprio orientamento sessuale. Hamid spiega “La mia speranza è che le future generazioni possano vivere senza paura la propria sessualità, senza rischiare di essere perseguite o uccise”. La versione in lingua persiana del libro è stata censurata nel suo paese. Così, non potendo distribuire copie cartacee, ha reso disponibile il libro on line in modo gratuito. Ma tale è stata la paura di ritorsioni che quasi nessuno ha voluto commentare o addirittura riconoscere di averlo letto.

Gli attivisti che invece hanno scelto di rimanere in Afghanistan e che operano sul campo con difficoltà, restano anonimi in modo da essere difficilmente identificabili dallo stato.“L’Afghanistan resta un’area troppo rischiosa per i gay”, ha spiegato un attivista afghano in un’intervista per la BBC.

In Afghanistan la parola diritto sembra essere stata dimenticata e la scelta della maggior parte delle persone è di rimanere anonime, qui meglio essere invisibili, che essere se stessi.

 

Il prossimo episodio della rubrica uscirà domani e parlerà dell’Uganda, un paese in cui essere gay significa dover essere coraggiosi.

 

 

 

 

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