In occasione della mostra “Il Duemillesimo Anno”, abbiamo incontrato l’artista Marco Zezza e lo abbiamo intervistato su arte, omosessualità, omofobia e buddismo. La mostra resterà aperta fino a sabato 9 ottobre al Penguin Café (via Santa Lucia 88, Napoli).

giardino chiuso, ai colli amineiCome nasce il ciclo di opere de “Il Duemillesimo Anno”?

Nel 2002 realizzai per la metropolitana Collinare di Napoli l’opera “Giardino chiuso” [nella foto]. Avevo il desiderio di continuare a realizzare dei lavori che toccassero i temi glbt nel modo che a me appare più luminoso e costruttivo perchè vorrei riempire con il mio lavoro quel vuoto di consapevolezza e conoscenza che determina tante sofferenze inutili e tante storture.

Come mai in quell’occasione pensasti di affrontare il tema dell’omosessualità?

Avevo voglia di esprimere nel lavoro l’accettazione di me, l’orgoglio di essere gay e la mia gratitudine e gioia di vivere! Ebbi l’occasione di realizzare un lavoro per uno spazio pubblico e mi sforzai di realizzare un collage sul tema della mia identità senza essere scandaloso, trovavo troppo scontato farlo. Il lavoro parla anche di pace, di non violenza e dell’importanza di proteggersi per poter crescere e creare!

In che modo le tue opere possono avere un valore sociale, ad esempio nel combattere l’omofobia?

L’omofobia, come tante altre forme di discriminazione, nasce dall’ignoranza che abbiamo verso la natura e verso l’esistenza. Dal momento che noi stessi siamo espressione della natura dovremmo lasciare soltanto che si esprima attraverso noi e comprenderne le sue leggi osservandoci. Se esistiamo non solo le nostre vite e le nostre esistenze vanno rispettate ma sono indispensabili all’armonia globale ed alla società… questo avviene da migliaia di anni, siamo tutti necessari, tutti indispensabili cosi’ come siamo!

Sono questioni articolate per essere espresse con il mezzo pittorico, ma voglio che i miei pensieri siano il nettare ed i miei quadri il fiore! Con il mio lavoro vorrei rappresentare un’alternativa: la rabbia che mi provocano il Vaticano e tutti gli attacchi omofobi mi immobilizza e devo sempre ritornare alla creatività, alla bellezza ed alla fiducia, perchè nei miei lavori possa mettere qualcosa che penetri più in profondità delle urla di chi vive manipolando la gente comune!

l’artista marco zezzaNelle tue opere usi la tecnica del collage: una scelta esclusivamente stilistica?

La fotografia e la pittura insieme sono espressione per me della relazione dualistica ma interdipendente fra mondo reale e mondo metafisico, il mio bisnonno era litografo e fotografo ed ho sempre avuto anche io questi due amori per la fotografia e la pittura che anno dopo anno si sono fusi quasi senza che lo volessi!

Mi interessa portare il dato fotografico che nasce dalla realtà circostante in una dimensione pittorica ed onirica dove la stessa immagine possa farsi rivelatrice di significati altri da quelli del quotidiano! E’ stato così anche per la fotografia del ragazzo in “Giardino chiuso”: l’avevo riprodotta da una rivista porno, la figura mantiene una tensione vagamente erotica ma il contesto spirituale in cui l’ho inserita determina uno straneamento che trovo più profondo e più sincero.

Quanto pensi che influisca sulla tua opera il fatto di essere gay e buddista

L’arte mi ha permesso di sopravvivere da bambino e da ragazzo, mi sono creato una dimensione immaginaria in cui rendere piu’ sopportabile la realtà. Poi in quella dimensione ho cominciato ad esprimermi, a dire la mia… Prima di conoscere il buddismo, nel 2000, il mio lavoro era ammantato da una nebbia, come se mi fossi anestetizzato nella cultura ma anche chiuso alla realtà. Dal momento che la societa’ ed il mondo non mi prevedevano come gay o almeno non a pieno diritto, io decidevo di ignorare la società ed il mondo autoesiliandomi nei territori della cultura e del sogno!

Col buddismo ho cominciato a sentire questa inutilità, la follia nel separarsi dagli altri ed ho cominciato ad avere più fiducia di poter intervenire con il mio pensiero e con le mie azioni sulla realtà! Il mio lavoro è diventato più nitido, più comprensibile, molto più colorato. Ma anche nei temi sono cambiati: lo studio del buddismo mi ha chiarito la centralità dei diritti umani e della difesa dell’ambiente.

L’immaginazione puo’ essere una fuga ma se vogliamo anche il primo passo verso il cambiamento. Il mio ragazzo prima l’ho immaginato, l’ho visualizzato nella mia mente e poi l’ho incontrato esattamente come l’avevo sognato. Lo stesso credo sia utile per il futuro dell’umanità, disegnare nella nostra mente quel mondo in cui sarà più felice vivere e poi agire per realizzarlo!

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