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Algeria: nessun valore per la vita delle persone LGBT+

Una mascolinità tossica promuove un atteggiamento violento nei confronti delle persone LGBT+

L’Algeria si trova nell’Africa del nord e la maggior parte del suo territorio è occupata dal deserto del Sahara. La sua capitale è Algeri, una città multietnica, ma decisamente poco inclusiva. Nella Repubblica Democratica algerina, infatti, l’omosessualità è dichiarata illegale dal Codice Penale.

Ogni volta che riporto scritto un articolo di un codice penale di qualche paese che definisce l’omosessualità illegale provo dolore. Con questi articoli si impedisce l’amore nei confronti di se stessi e degli altri, non puoi amare nessuno e non puoi amarti, perché la legge lo ritiene sbagliato.

L’Art. 338 dice “chiunque sia riconosciuto colpevole di aver commesso un atto omosessuale è punito con la reclusione da due mesi a due anni, e al pagamento di una multa da 500 a 2 000 dinari algerini; se uno dei partecipanti ha meno di 18 anni, la pena per la persona adulta più essere elevata fino a tre anni di reclusione e 10 000 dinari di multa”.

L’Art 333 aggiunge “quando l’oltraggio alla pubblica decenza è rappresentato da un atto contro natura con un individuo dello stesso sesso, la pena è costituita dalla reclusione da sei mesi a tre anni, oltre al pagamento di una multa da 1 000 a 10 000 dinari algerini”.

Nonostante la società algerina,liberatasi dal colonialismo, abbia fatto dei grandi passi avanti, è rimasta molto conservatrice. Molti algerini sono tormentati da un complesso di mascolinità o di inferiorità. In questo paese si cerca ancora di seguire il falso mito del “vero uomo” e questo segna progressivamente il logoramento dell’anima della società che potrà solo regredire proseguendo in questa direzione.

 

Attivismo:

In questo stato fare attivismo è praticamente impossibile poiché a nessuno è permesso fare campagne a favore dei diritti LGBT+. Al contrario però sono socialmente accettate le violenze e gli omicidi contro gay e transessuali compiuti da fondamentalisti religiosi.

Due uomini nel 2011 sono stati lapidati in strada per la loro omosessualità. L’unico momento in cui la comunità LGBT+ si è riunita è stato l’anno scorso per commemorare Assil Belalta. Quest’ultima vittima dell’omofobia era uno studente di medicina di 21 anni, che a febbraio 2019 è stato trovato sgozzato e col suo sangue è stato scritto “He is gay” sul muro.

Le persone LGBT+ sono costrette a scappare dal proprio paese per chiedere asilo politico in un altro Stato, nel quale spesso subiscono ulteriore discriminazioni razziste. Dobbiamo imparare noi stessi ad accettare l’altro per diffondere messaggi di tolleranza e inclusione.