Servizio sanitario da incubo: la realtà dei pazienti transgender

Servizio sanitario da incubo: la realtà dei pazienti transgender. Ecco a voi una testimonianza di ciò che succede a porte chiuse durante le visite mediche.

Servizio sanitario da incubo: prefazione

Il servizio sanitario che abbiamo non va bene. E vi spiego brevemente perché. In questa testimonianza non saranno fatti nomi e luoghi. C’è una storia da raccontare, ma anche una privacy da preservare. Ho voluto raccogliere la vicenda e portarla a nudo davanti a voi. Perché ultimamente la storia è a nostro sfavore. E se non iniziamo a parlare non ci sarà rimedio al futuro. Perciò vi vorrei riportare un evento successo ad un mio conoscente. Che possa essere da lezione per chi ci crede delle “vittime”.

La vittima di transfobia di questo caso

Chiameremo il nostro protagonista Andrea, per rispetto alla privacy. Andrea è un ragazzo transgender. Nella vita ha avuto sfortunatamente molto a che fare con il servizio sanitario. È una persona che gira diversi ospedali per tenere d’occhio la sua salute. In più sta giustamente affrontando il suo percorso di affermazione di genere. Ha delle visite mensili da fare, si prende estrema cura del suo corpo. Questo disservizio è successo proprio la scorsa settimana, durante un check-up di routine.

Cosa stava succedendo durante il controllo di routine?

Andrea si è trovato, accompagnato dalla madre, in struttura. Stava semplicemente facendo ciò che questo servizio sanitario gli permette di fare: prevenzione. Aveva prenotato diversi esami, e nella giornata di Sabato ne aveva ben quattro diversi. Ma non ha avuto, dall’altra parte, sempre dei medici attenti. Anzi, c’è stato uno tra loro che ha fatto scattare un campanello d’allarme. Che ha messo Andrea in estremo disagio, ma a cui non ha potuto controbattere. Vi racconterò ciò che mi è stato riferito da lui.

Servizio sanitario o di terrorismo psicologico?

Era appena uscito dalla seconda visita quando è stato chiamato da questo medico. In sala d’esame non ha potuto subito spogliarsi e prepararsi per l’ecografia al seno. È stato invece sottoposto a diverse domande. Ci sta, un medico vuole essere certo del perché si eseguono determinati controlli. E, quando non trova altri riferimenti nel sistema, ha il dovere di chiedere al proprio paziente. Ma quando Andrea ha rivelato lui del suo cambio all’anagrafe, tutto è cambiato. Ed è un atteggiamento che nel nostro sistema sanitario non dovrebbe essere accettabile.

Servizio sanitario con ostilità gratuita

Il medico ha mostrato subito ostilità, dai gesti e dai toni. Ha smesso di guardare Andrea negli occhi, e gli rispondeva seccamente, quasi alterato. Si rivolgeva poi lui al femminile. Cosa che non era accaduta con i suoi due colleghi precedentemente. In più non ha scambiato nessuna parola con Andrea per tutta la durata della visita. Solo comandi bruschi su come mettersi, spostarsi e così via. Ha persino chiuso la visita senza comunicargli l’esito. All’inizio il ragazzo non ha pensato a nulla di male. Ma, ad esame eseguito, ha capito che stava accadendo qualcosa.

Un ultimo chiaro gesto

C’è un gesto che ha spiazzato il malcapitato Andrea più di tutti. Era ancora svestito sul lettino, e necessitava della carta per rimuovere l’eccesso del gel. Il medico gli ha passato così il rotolo di carta. Senza guardarlo negli occhi, sbattendolo ai piedi del lettino. Il ragazzo non ha saputo reagire alla vicenda. Si è rivestito con velocità, uscendo dalla stanza. Ma possibile mai che un medico debba far sentire così a disagio una persona per richiedere un servizio sanitario normalissimo?

Un sunto del nostro servizio sanitario: ma cosa stiamo offrendo?

Nel racconto non c’è della vera violenza, per così dire. Ma ci sono tutti i pregiudizi e la cattiveria nei gesti di questo medico. Un professionista che si presta al servizio sanitario non dovrebbe comportarsi così. Addirittura arrivare a chiedere l’autorizzazione di poter eseguire l’esame. Perché sì, Andrea non ha potuto spogliarsi e ricevere la prestazione da lui pagata. Non da subito, almeno. E se quell’esame avesse mostrato qualcosa di anomalo? Come si sarebbe comportato a quel punto questo medico?

Non sono i ragazzi transgender il problema

Nessuno sta chiedendo alle persone di accettare le identità transgender. Soprattutto i ragazzi stessi. Ma quando si presenta da te, medico, un ragazzo ventenne, lì solo per dei controlli semestrali. Che non vuole importi nulla se non di fare il tuo dovere. Quello per cui il servizio sanitario ti stipendia, e lui paga. Allora i giudizi vanno lasciati fuori alla porta. Non vanno messi a ciondolare davanti agli occhi dei pazienti. Persone normali, che sono lì solo per farsi curare. Prevenire il peggio. E vorrebbero sentirsi perlomeno appoggiati e protetti.

Evidenziamo i problemi di questo servizio sanitario nazionale, e non solo

Questo racconto solleva tante problematiche del nostro Paese. Perché anche i professionisti nel settore sanitario possono peccare. Così come i datori di lavoro che discriminano. Oppure i proprietari di una casa in affitto che non accettano “persone come loro”. Insegnanti che non tutelano la sicurezza dei propri studenti. Genitori che aggrediscono, talvolta uccidono, i propri figli. Un clima d’odio e ignoranza che non hanno alcuna giustificazione. E non dovrebbero essere più tollerati, non quando siamo così evoluti.

Le testimonianze degli esperti

Questo problema sociale porta tante difficoltà nel sistema sanitario. Le statistiche parlano chiaro: diversi specialisti della Società Italiana dei Medici di Medicina Generale e delle Cure Primarie l’hanno evidenziato lo scorso anno. Le persone transgender, sulla proposta di servizi per la prevenzione, li considera con una valutazione scarsa. E sull’essere al proprio agio e la riservatezza la valutazione scarsa pareggia quasi quella eccellente. Molti hanno registrato vissuti di discriminazione da parte dei propri medici, soprattutto ad età avanzate.

Alcuni dati su questo sistema sanitario

Vi riporto i dati raccolti sul nostro sistema sanitario. Una cifra tra il 20/30% ha riportato l’utilizzo di terminologia inappropriata. Il 26% ha trovato resistenza alla prescrizione di farmaci o impegnative. I pazienti più critici sono proprio gli under 25, con una media molto più bassa di valutazioni positive dell’esperienza con i medici. La maggior parte di loro ha riferito di non aver chiesto aiuto su problemi emotivi legati alle condizioni di salute. È stata anche rilevata una significativa discriminazione sulle persone AFAB (let. assegnate femmine alla nascita) rispetto alla controparte AMAB (let. assegnate maschi alla nascita).

Altre informazioni su questa situazione

Diversi sono i commenti che le persone transgender italiane hanno riportato sul nostro sistema sanitario. Tra queste, alcuni hanno riferito dei propri medici: “Non pensavo fosse esperto” oppure “No, perché non ci ho neanche pensato, poi sinceramente detto, paesino piccolo, conosceva i genitori“, oppure ancora “No mai, non mi sentivo a mio agio, poi ho sempre pensato che questo era il posto in cui parlarne“. Molti parlano d’imbarazzo, del coinvolgimento delle famiglie, del pregiudizio. Seguono necessità e difficoltà, assieme a discriminazione e sovraccarico.

Ma cosa dicono i professionisti del servizio sanitario?

Quando dal servizio sanitario arrivano certe testimonianze inizi a domandarti che succede. Alcuni hanno sfortunatamente riferito questi racconti. Medici a cui “bastava mandarlo a letto con una ragazza“, a cui giustamente uno risponderebbe che “è una situazione medica, mi aspetto che mi accetti, che usi il giusto pronome, senza giudizio“. Oppure medici che “voleva[no] inserire la mia disforia come patologia psichiatrica rilevante nel certificato per la patente“, o che “non mi dava il maschile e si è rifiutato di prescrivermi gli esami dicendomi che ero solo una ragazzina confusa, lo avrei revocato ma mia madre non me lo ha permesso“. Questo è solo mancanza di formazione?

Questo il commento degli esperti a carico

Così ha commentato a chiusura il comitato dedicatosi a questa ricerca: “Alla luce anche dei risultati della ricerca dell’AIOM non sorprende questo risultato poiché l’anagrafica binaria basata sul sesso assegnato alla nascita, ma in generale lo sviluppo della medicina di genere, sta portando a considerare sempre più frequentemente maschi e femmine come gruppi biologicamente distinti anche in termini di salute e malattia, lasciando però aperta la domanda su come valutare e trattare al meglio gli individui transgender o gender-diverse che da questo retaggio risultano svantaggiati in prevenzione primaria, secondaria e terziaria. Il dato forte che coglie quel 90% di stupore alla domanda “Ti sei rivolto al MMG per avere informazioni?” denota che l’opzione non era stata, nei fatti, che minimamente presa in considerazione“.

Il continuo delle osservazioni sul sistema sanitario

Continuano poi: “Dobbiamo però convenire che ad oggi non è stata per lo più fornita ai MMG una formazione specifica e curriculare sull’argomento, salvo le debite e probabili eccezioni, e quindi, ipotizziamo che le competenze e la sensibilità nell’affrontare e indirizzare adeguatamente potrebbero essere carenti. Ormai tutte le Linee Guida Italiane ed Internazionali concordano che l’accompagnamento verso un’affermazione del sé sia un processo complesso che necessita di un’equipe multi professionale ad alta specializzazione. Con la Determina AIFA del 23/09/2020 i medicinali per il percorso di affermazione di genere sono inseriti nell’elenco di quelli erogabili a totale carico del servizio sanitario nazionale, ai sensi della Legge 648, a condizione però che siano prescritti, con Piano terapeutico, da tali equipe mediche. Attualmente sembrano essere meno di cinque in tutta Italia e non ne esiste un elenco ufficiale: sappiamo anche solo dove sono e come inviare i pazienti?

C’è qualcosa che non va, ed è serio

Insomma, si riscontra anche stesso nel servizio sanitario che c’è qualcosa che non va. I medici sono impreparati, spesso pieni di pregiudizi da rizzare i capelli. I ragazzi, soprattutto i giovani, non si fidano di loro. Questo significa non farsi curare, evitare la prevenzione, giocare con le proprie vite. E veramente non volete vedere l’emergenza sanitaria in questo? Dei giovanissimi non si fanno curare per ciò che vivono nelle strutture sanitarie. E per cosa? Per il giudizio, la discriminazione, la paura. Siamo nel 2025. Dovremmo dire basta a tutto ciò.

Grande solidarietà ad Andrea per ciò che gli è accaduto. Nella speranza che non accada nuovamente, teniamo gli occhi aperti.

 

Aeden Russo

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