
Ci sono domande a cui nessuna religione o scienza sa rispondere. Chi siamo e da dove veniamo e la più tipica. Oserei dire la più banale. E per quanto riguarda l’omosessualità e l’orientamento sessuale? nessuna delle due è immune a questa domanda.
De gustibus non est disputandum (i gusti non si discutono), dicevano gli antichi Romani: eppure, le discussioni in materia di orientamento sessuale non mancano e sono all’ordine del giorno. Per quanto l’Italia abbia il record per il negazionismo in questi tempi, l’omofobia è ancora molto viva nel paese e non siamo così liberi di “avere i nostri gusti” come molti credono.
L’Omosessualità nella storia
La storia dell’omosessualità (nonostante esista da sempre) è stata molto travagliata a partire dal Medioevo. All’epoca essere omosessuali era considerato un vizio morale. A fine Ottocento divenne anche patologia, quando il tedesco Richard von Krafft-Ebing, nella sua corposa Psychopathia sexualis, la inserì tra le devianze sessuali accanto alla pedofilia e al sadomasochismo. Considerava infatti l’omosessualità come una condizione ereditaria e una perversione incurabile. La distingueva dalla “perversità”, cioè dalla condizione di chi pratica atti omosessuali per lucro.
Nel 1900 rimase a lungo presente anche nel DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), punto di riferimento per le diagnosi di tipo psichiatrico. Solo nel 1973 l’omosessualità fu eliminata dal manuale, e solo nel 1990 l’Organizzazione mondiale della sanità si decise a eliminarla dall’ICD-10, la classificazione internazionale delle malattie. Ultimi ad arrivarci furono gli psicoanalisti, nel 1991. Ad oggi gli specialisti hanno definitivamente preso le distanze dall’idea che nell’omosessualità ci sia qualcosa di patologico.
Cosa dice la scienza?
La scienza non ha mancato di effettuare studi a riguardo negli anni anche se alcuni un po’ particolari o controversi.
Ad esempio, un importante neuroscienziato americano Simon LeVay nei primi anni ’90 dimostrò che l’ipotalamo (una regione del cervello) risultava più piccolo nei gay che negli etero, cioè più simile a quello delle donne. Si scoprì poi che i gay dello studio erano tutti deceduti di Aids, malattia che provoca alterazioni cerebrali. D’altra parte, se anche fosse vero, si sa che il cervello è plastico: nulla vieta di pensare che questa differenza si sviluppi molto dopo la nascita.
Sono anche inconcludenti gli studi riguardo ai “geni dell’omosessualità”. Al momento sono state identificate due varianti genetiche, una sul cromosoma X e una sul cromosoma 8, che sembrano più frequenti nei gay. Ma il loro significato è discutibile. Infine, ci sono gli studi sui gemelli: anche qui si vede una certa concordanza (i gemelli monozigoti tendono ad avere lo stesso orientamento sessuale), ma non in modo assoluto. Insomma anche per la scienza sembra una domanda impossibile a cui dare risposta.
«La scienza oggi ritiene che ci sia un’influenza reciproca e continua tra l’espressività genetica e il contesto ambientale», chiarisce Vittorio Lingiardi, professore alla facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza Università di Roma. «Ogni orientamento sessuale, omo o etero che sia, è così complesso che nessun singolo fattore ne può essere completamente responsabile». Inoltre, nel 2016 Fabrizio Quattrini, allora presidente dell’Istituto italiano di sessuologia scientifica di Roma affermò: «Quello che oggi la scienza tende a pensare è che in tutti noi ci sia una componente bisessuale fluida, che poi durante la crescita dell’individuo tende a incanalarsi in una direzione, ma che talvolta si modifica anche nel corso della vita».
One thought on “Gay si nasce o si diventa? La risposta potrebbe stupirvi”