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Altro che punizione divina! I sieropositivi in terapia sembrano immuni al Covid-19

hiv covid

Forse è una notizia da prendere con le pinze, ma i dati sia a livello nazionale che globale fanno ben sperare. Alla faccia dei malati mentali che incolpano noi gay pure per quest’altro virus!

Come forse avrete già letto ieri, i dottori Elio Manzillo (immunodeficienze) e Roberto Parrella (malattie infettive respiratorie) dell’ospedale Cotugno di Napoli sono stati estremamente chiari e diretti nell’esporre quanto da loro constatato.  Tra i pazienti sieropositivi che seguono regolarmente la terapia antiretrovirale, al momento nessuno ha contratto il Covid-19.

Dai primi studi anche su scala mondiale emerge che, nei pochissimi casi in cui un sieropositivo contrae l’infezione da Covid-19, la situazione resta assolutamente gestibile senza mai degenerare. Secondo la scienza, è probabile che il virus dell’HIV protegga l’organismo entrando in una sorta di competizione con il coronavirus. Non si può escludere che le terapie antiretrovirali cui si sottopone chi ha contratto l’HIV riescano a tenere alla larga il nuovo virus pandemico. Tuttavia, è giusto sottolineare che ulteriori indagini di approfondimento sono in corso a livello globale. Bisognerà quindi attendere i risultati di ricerche più accurate anche se i dati e le statistiche attuali fanno ben sperare.

Ma come? AIDS e Coronavirus non erano le giuste punizioni divine per noi omosessuali?

Deve essere veramente un periodaccio per i fanatici religiosi, non solo cattolici. Pure per la pandemia attualmente in corso, questi malati (ebbene sì, l’omofobia è una malattia mentale) continuano a incolpare noi omosessuali  — ma anche gli etero sostenitori dei diritti LGBT+ –  i divorziati, gli abortisti o chiunque abbia uno stile di vita “lontano dalla retta via”.

Ricordando che di AIDS, oggi, non si muore più grazie alle terapie antiretrovirali disponibili già dal 1996, la scienza continua inesorabile a dimostrare — con i fatti, non con i rosari — di essere incommensurabilmente più utile ed efficace di qualsiasi credo religioso, dogma o fede. 

Non sono bastate, infatti, le preghiere dell’omofoba più famosa d’Italia, Silvana De Mari, a salvare un esponente della sua setta dalla morte per Coronavirus. A fine marzo, si è finalmente spento Gilberto Gobbi. Il noto fondamentalista — il primo a parlare di “teoria gender” e uno dei tanti ad aver sprecato un’intera esistenza provando a negare l’omofobia — è morto  proprio grazie al Covid-19. La notizia è stata accolta dalla comunità LGBT+ (ma non solo) con giubilo e letizia, proprio come se si trattasse della morte di Hitler per gli ebrei.

Alla luce (anche solo) di questi ultimi accadimenti, immaginiamo per un attimo se al posto della religione ci fosse la scienza. Niente più ore di religione a scuola, niente più chiese, templi, moschee o sinagoghe. Al loro posto, atenei, biblioteche, laboratori per ragazzi in ogni quartiere, in particolare nelle periferie. Ma soprattutto tanti, tantissimi soldi da destinare non all’8 x mille et similia bensì alla ricerca e alla sanità pubblica. Quanto migliore sarebbe un mondo così?

Fermo restando il diritto di ciascuno a coltivare e vivere una propria spiritualità (termine da non confondersi con la parola religione), sarebbe ora di smetterla con superstizioni medievali, convinzioni assurde e amici immaginari. E invece c’è chi, in quest’emergenza sanitaria così terribile, chiede che per Pasqua vengano riaperte le chiese. Considerando l’irrazionalità di certe pretese, oggi come secoli fa la religione resta il virus più pericoloso. Per questo, faremmo meglio a evolverci, a ragionare, a pensare piuttosto che a credere.

Alessandro Cozzolino, life coach

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