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Kenya: nessun diritto per le persone LGBT+

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Sembra assurdo dover trattare ancora il tema dei diritti LGBT+ nel 2020, ma effettivamente a pensarci bene sembra surreale anche che il nostro mondo scelga ancora la guerra come mediazione dei rapporti economici e che le donne continuino ad essere uccise da un maschilismo soffocante, quindi forse non è poi così sorprendente che il tema dei diritti sia ancora scabroso.                                                                                                                            Oggi nel mondo troppi paesi condannano l’omosessualità, ne è un esempio il Kenya.

Così come in Uganda, anche in Kenya il codice penale è stato introdotto nel 1930 quando la nazione era una colonia britannica. Le leggi contro i “reati innaturali” e le “pratiche indecenti tra maschi” erano state introdotte dagli inglesi inizialmente nel codice penale indiano del 1860, per poi essere esportate anche nelle colonie.                                L’ironia è che queste leggi sono spesso difese in quanto riflesso dei “valori africani“.

Nello specifico le sezioni 162 e 165 del Codice Penale criminalizzano il comportamento omosessuale ed il tentativo di comportamento omosessuale, riferito come “conoscenza carnale contro l’ordine della natura” con una pena che arriva fino a 14 anni di reclusione.

Non solo il colonialismo sembra ancora avere una grande importanza nel codice penale, ma il presidente Uhuru Kenyatta tutt’oggi è convinto che una legge che difenda i diritti LGBT+ non sia tra le cose più importanti da fare nel paese non lo ritiene un problema legato ai diritti umani, ma della società.

 

Attivismo:

Nel 2014 l’Alta Corte ha stabilito che l’organizzazione Transgender Education and Advocacy, doveva essere autorizzata a registrarsi come ONG e nel 2015 è stata emessa una decisione analoga per la Commissione nazionale per i diritti umani gay e lesbiche.

Nel 2018 una Corte d’appello di Mombasa ha stabilito che l’esame anale forzato imposto alle persone accusate di omosessualità era incostituzionale in quanto violava il diritto alla privacy.

Uno dei più noti autori e attivisti per i diritti gay in Africa, Binyavanga Wainaina, morto nel 2019, che ha contribuito a creare tolleranza per la comunità LGBT+ presentandosi pubblicamente nel 2014 come gay in Kenya. Nel 2002  ha vinto il Premio Caine per la scrittura africana, Wainaina è stata una figura chiave nella comunità artistica che ha promosso autori locali. L’anno successivo fondò Kwani? Una piattaforma per giovani autori dell’Africa orientale.

La scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie scrisse che Wainaina rappresentava una “omosessualità demistificata e umanizzata”