fbpx

Può un camerino essere davvero un problema?

Collettivo I’mQueerAnyProblem?: realtà trans contro camerino. Sembra quasi una burla, invece è pura realtà. Può un camerino essere davvero un problema? Per una nota catena al Vomero, Napoli, a quanto pare sì. Una volontaria del collettivo “I’mQueerAnyProblem?” è stata discriminata proprio per questo. Ma vediamo insieme queste dinamiche scandalose.

Essere di genere non conforme è davvero un problema?

Lo scorso Mercoledì 2 Agosto questa persona trans non conforme voleva solo acquistare dei vestiti. Durante il giro, recandosi ai camerini femminili, una commessa ha voluto dire la sua. Attirando la sua attenzione, le ha chiaramente detto che “le regole sono le regole”. A quanto pare, il problema sarebbe stato causato dalla presenza di un genitore con la figlia. Le persone trans esistono, ed hanno bisogno di essere protette. Non c’è niente di sbagliato nell’insegnare al proprio figlio che persone come noi hanno accesso a luoghi per farle sentire realizzate. Per riconoscere la loro identità.

Può un camerino causare così tanti danni?

La storia non si conclude così. Difatti, la volontaria ha voluto chiedere ulteriori spiegazioni alla commessa una volta fermatasi alla cassa. “Sei l’unica persona che lavora qui che mi ha fatto problemi. Non capisco”. Queste le parole, semplici e chiare. La sua risposta? “Applico solo il regolamento, io lavoro qui non faccio le regole ma applico. Sono una dipendente, non posso permettermi di essere ripresa. Chi ti ha concesso questa cosa evidentemente non è mai stato ripreso e può permetterselo. (…) Ma quali dipendenti, ma quale staff… comunque io ti conosco da tempo, figurati, niente di personale. Non basta solo un collettivo a proteggere questa ragazza trans da una discriminazione in un camerino. C’è bisogno di rendere pubblico l’accaduto.

Ma andiamo e analizziamo più a fondo

Sulla base di questo caso il collettivo ha voluto aggiungere anche il codice etico dell’azienda, citandolo direttamente da loro fonti: “La Società si impegna pertanto a diffondere all’interno dell’organizzazione regole e principi di comportamento, che vietano qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, l’orientamento sessuale, l’identità di genere, la razza, il colore della pelle o l’origine etnica e sociale (…)”. Una chiara responsabilità che non è stata assunta dalla catena.

Realtà trans: qui le parole della vittima di discriminazione

Ecco la dichiarazione della persona interessata dall’evento: “Come soggettività trans non conforme che vive ogni giorno, tanto con dolore quanto con orgoglio, il fatto di non avere passing, ritengo l’accaduto un fatto rilevante per tutt* noi soggettività queer in quanto ennesima manifestazione di misgendering e di transfobia. Purtroppo noi soggettività trans, specie se non conformi, viviamo spesso episodi simili. Non è più accettabile. Mi sono sentita umiliata e trattata come una persona scorretta, irrispettosa e persino come un mostro che può turbare una ragazzina e suo padre. Sentirmi sostanzialmente dire che sono un uomo e che quello non era il camerino per me, quando al contrario sono una ragazza trans, è stato molto doloroso e umiliante. Spero che l’accaduto non sia l’ennesimo episodio da incassare ma un’occasione per alzare la testa tutt* insieme”.

Questa è la storia di tutti

Non è il primo caso. Sfortunatamente nella nostra comunità queste cose accadono all’ordine del giorno. Io stesso, come persona non-binary di genere non conforme, ho avuto la mia dose. Come diceva la volontaria, questo incessante “passing” che ci richiedono è estenuante. Così si arriva in negozio già stanchi, già feriti, già oppressi. E il misgendering, la transfobia che subiamo, di sicuro non giova la salute mentale. Quante volte sono stato guardato male perché “nel camerino sbagliato”, con “gli abiti del sesso opposto”, e così via. Ma quale camerino ha un genere. Quale abito ha una connotazione. Sono solo stanze, si tratta solo di vestiti. Basta imporre questa realtà di genere binaria su tutto. Dobbiamo essere noi riuniti sotto un unico collettivo, per proteggere le realtà trans contro le ingiustizie, soprattutto se così banali come l’utilizzo di un camerino.

Collettivo I’mQueerAnyProblem?: Abbiamo una voce, facciamola valere

Due giorni fa il collettivo è uscito allo scoperto, organizzando per la giornata di ieri 12 Agosto un presidio pubblico. Davanti al negozio in questione, scoperto poi essere Piazza Italia, i giovanissimi si sono fatti sentire. “Ce ne pass’ po’ camerino”, questo il nome della riunione, rispecchiando l’identità napoletana del gruppo. “Rivendichiamo camerini per tutt*, puntiamo il dito contro le multinazionali a cui piace descriversi come serenamente attraversabili; l’ipocrisia del loro rainbow washing. Abbattiamo il passing e smettiamola di normalizzare questa queerfobia quotidiana che rende le nostre vite impossibili”, queste le loro parole.

#QuiNonPassing

L’iniziativa non si ferma qui. Difatti, il collettivo di I’mQueerAnyProblem? e CHE F.A.T.T. hanno indetto un vero e proprio movimento. Chiamando tutte le persone affette da queerfobia in bagni, camerini, spogliatoi e così via, hanno spronato a condividerla con l’hashtag “QuiNonPassing” e taggando i due collettivi, così da spingere le multinazionali ad affrontare i loro problemi sistematici. Ma non solo, così danno finalmente voce a chi è stato silenziato troppo al lungo.

La nostra società sta venendo spezzata da questa teoria gender, non quella che viene tanto alzata in politica. Il vero problema è che ci viene imposto dalla vecchia guardia un binarismo non più accettabile. Perché alle persone transgender dev’essere imposto qualcosa “solo per come appaiono”? È arrivato il momento di dire no.

 

Aeden Russo

Leggi anche: Stavolta, vi prego, basta! L’ennesimo caso di misgendering sulla stampa italiana