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Bullismo, ne parliamo abbastanza spesso?

Bullismo, ne parliamo abbastanza spesso? Quanto il bullismo in Italia sta diventando una situazione surreale, ingestibile? Vediamone di più insieme.

Bullismo: molteplicità e letalità

Ad oggi il bullismo ha assunto nuove, pericolose forme. Con Internet di libero accesso per gli adolescenti, le possibilità di essere target dell’odio non si limita alla mera presenza. Adesso non c’è fine alle vessazioni, in quanto non si è più protetti dalla violenza verbale, ma continua anche tra le mura di casa. Ed è una sfida alla quale non è più possibile voltarsi dall’altra parte, ma c’è bisogno di prenderla in pieno petto.

Cosa causa questa forma di violenza?

Ma quali sono le vere conseguenze del bullismo? Non solo dà potere a comportamenti dannosi per gli altri, ma li valida anche all’esterno. Una persona vittima di bullismo non solo avrà problemi a relazionarsi, ma subirà conseguenze gravi sull’educazione e il benessere psicologico. Non a caso, le persone che subiscono violenza verbale a casa sono le prime a comportarsi alla stessa maniera tra i banchi di scuola. Per non parlare dei disturbi dell’ansia, di quelli post-traumatici e tanti altri correlati.

Quanti di noi subiscono le conseguenze del bullismo?

Sfortunatamente i dati sono estremamente negativi: un ragazzo su tre subisce bullismo. Ma non solo: quest’ultimo inizia in una fascia d’età tra i 13 ed i 15 anni. Ovviamente nella media, ma esistono casistiche anche nella fascia elementare. Siamo a circa 246 milioni di bambini e adolescenti che ne soffrono nel mondo, circa 4 volte la popolazione italiana. E, nel nostro paese, più del 50% degli adolescenti ne sono colpiti. E ne subiscono di tutti i tipi: qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze. “Sono sempre di più gli episodi di intolleranza, bullismo e aggressione nei confronti di ragazzi e ragazze (…) In particolare, è nel contesto scolastico che maggiormente il ragazzo viene vessato e bullizzato fino ad arrivare a compiere gesti molto pericolosi, così ne parla bullismoomofobico online.

Non si ha alcun tipo di sostegno

63,3% dei ragazzi e adolescenti ha dichiarato di essere stato testimone di questi comportamenti. Ma non si ha una vera e propria reazione collettiva con questi. Quante volte i ragazzi vengono brevemente consolati, per poi essere lasciati soli con i loro carnefici? O, anzi, quante volte si sono coalizzati con essi? L’educazione emotiva non è fallace solamente per i ragazzi. Molto spesso sono stati i docenti ad essere abilisti, omofobi, violenti. Capita spesso e soprattutto a loro di essere complici della letalità del bullismo. E sfortunatamente questo discorso continua ad avere prove su prove nella cosiddetta normalità.

Bullismo ed evoluzioni: il cyberbullismo

Il cyberbullismo ha, in più, peggiorato la situazione di ? delle persone vittime di bullismo. Colpisce principalmente le persone di genere femminile, tra gli 11 ed i 17 anni. L’Italia è stato il primo paese europeo ad introdurne il concetto nelle proprie leggi a tutela del cittadino nel 2017. Nonostante ciò, le disposizioni previste non hanno alleggerito il peso di questi episodi di violenza. In assenza di sensibilizzazione, principalmente, non è stata data una vera gravità alla situazione. Per non parlare dell’inesistenza di questa tematica nel contesto legale e politico. Tutti sanno cos’è, nessuno ha mai badato realmente a preoccuparsene.

In Italia gli stereotipi uccidono

In Italia, essendo estremamente legati agli stereotipi e ad una visione retrograda della sessualità, identità di genere e orientamento sessuale, il bullismo assume una nuova accezione. Le vittime diventano tutti coloro che non rispettano gli stereotipi e le aspettative di genere imposte socialmente: ragazzi sensibili o timidi, ragazze sportive o espansive, che non si adeguano ai rigidi canoni di “maschio” e di “femmina”. Per non parlare di persone con aspetto androgino. Anche coloro che hanno familiari LGBTQIA+ diventano talvolta oggetto di scherno o emarginazione.

Il DDL Zan poteva contrastare il bullismo?

La legge Zan ha portato l’odio omotransfobico al centro della politica, ma lo ha identificato solo con l’aggressione violenta e mortale. Silenziosamente l’omotransfobia quotidiana uccide i giovanissimi, o nel caso migliore li segna a vita per via del bullismo intenso. “Ho passato gli ultimi anni del liceo in totale silenzio, racconta Riccardo, 21 anni. “Vedevo i miei compagni vantarsi delle ragazze. Io che non ero attratto e venivo visto come quello strano. C’era questa bolla tra me e gli altri. Entravano nel mio mondo solo per insultarmi o picchiarmi. Facevo brutti pensieri. Passavo i giorni a studiare il metodo più veloce per farla finita. Ne sono uscito da solo. I professori, invece di ricercare la fonte del mio disagio, mi tartassavano. E si giravano dall’altra parte quando vedevano episodi di bullismo. Pure la scuola mi aveva abbandonato.

È una piaga dilagata troppo in là 

Questi comportamenti non si limitano al mero contesto scolastico, come dicevo prima. Se non arginati, sradicati e decostruiti, arrivano anche alle porte del mondo adulto. Come il caso dei ragazzi sospesi all’università Bocconi per i propri commenti omotransfobici. O come il mobbing, che non è altro che bullismo sul posto di lavoro. Non avendo mai avuto modo di parlare seriamente di bullismo e cyberbullismo, adesso ci ritroviamo in un contesto sociale dove nessuno si meraviglia più. Dove s’insegna ai propri figli come difendersi, non come risolvere costruttivamente le situazioni senza la violenza. Questo perché il suo uso e consumo è quotidiano. Ne siamo perpetuamente immersi.

Un barlume di speranza contro il bullismo omotransfobico?

Così si leggeva nella circolare Valditara il mese successivo alla Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia dell’anno scorso: “Alla luce degli effetti negativi del bullismo omofobico sulla carriera scolastica e sulla stessa salute psico-fisica delle giovani vittime, effetti ampiamente documentati dalla letteratura scientifica, la scuola deve essere sempre più protagonista nel promuovere la cultura del rispetto, affinché ogni studentessa e ogni studente non vengano lasciati indietro e possano, in piena libertà, esprimere al meglio la propria personalità e i propri talenti”.

La realtà dei fatti

L’assessore delle Marche, all’epoca, aveva già risposto a nome di tutta la società italiana retrograda e omotransfobica: “No al gender nelle scuole! Il Ministero ritiri la circolare del 17 maggio (…) il timore fondato di tante famiglie, condiviso dalla Lega e dal sottosegretario Rossano Sasso, è che dietro la lotta contro le discriminazioni si nasconda in realtà la volontà di propagandare la teoria gender tra bambini e ragazzi. Un timore condiviso da tutti coloro che non vogliono vedere introdotti tra i banchi, surrettiziamente, i principi contenuti nel DDL Zan, peraltro già bocciato in Parlamento (…) la vera discriminata, da parte di chi vuole imporre la propria ideologia agli studenti, è la famiglia.

E non finisce qui

Prendiamo un trafiletto di due anni fa, giusto per avvalorare l’affermazione antecedente: “Va da sé, poi, che la cultura del rispetto è a senso unico e riguarda solo gli omo-bi-transessuali, (…) Utile poi ricordare che questa Giornata gay friendly è un cavallo di Troia perfetto perché, con la scusa di parlare di bullismo omofobico, ecco che si usano ore di lezione per formare i ragazzi delle medie e superiori e i bambini delle elementari alla teoria gender, incensando il cambiamento di sesso, la bontà di qualsiasi orientamento sessuale, i “matrimoni” gay, le relative “famiglie” rainbow e finanche l’utero in affitto. Trovate parole e tesi in comune?

La discriminazione è fortissima in Italia

Perché in Italia la retorica collettiva è ancora questa, incessante e insostenibile. Invece a cosa assistiamo con questo aumento dell’odio? Che nove persone LGBTQIA+ italiane su dieci (92%) percepiscono una discriminazione diffusa. Si tratta, anche in questo caso, di una percentuale nettamente al di sopra della media europea (75%), e tra le più alte in assoluto tra quelle dei paesi coinvolti nella casistica. Nelle scuole il 61,6% dei giovani ritiene che la società italiana discrimini la comunità, e quasi un intervistato su due pensa che tali discriminazioni si possano tradurre in forme di violenza, oltre che bullismo.

Il nostro passato ci affossa

Secondo molti studiosi tutto nasce dalla stigmatizzazione della comunità LGBTQIA+ promossa negli ultimi 30 anni. Quasi la metà degli italiani considera ancora l’omosessualità causa della diffusione di malattie, della perdita del senso della famiglia, l’allentamento dei freni morali o in quanto minaccia per gli adolescenti. In anni più recenti si è rilevato che il 68% degli italiani ritiene l’omosessualità un tabù. Si tratta di una tra le percentuali più alte in Europa.

Altri dati sconcertanti

Secondo l’Istat un italiano su quattro pensa ancora che l’omosessualità sia una malattia, o anche una minaccia per la famiglia. Di poco superiore è la percentuale di coloro che la considerano immorale. Si arriva quindi alla persistenza di questo duro pregiudizio, presente in almeno un quarto della popolazione, per la quale la rappresentazione della comunità LGBTQIA+ rimane riconducibile alle dimensioni della devianza, della patologia o dell’immoralità.

E adesso?

Cosa si potrebbe fare a questo punto? L’ideale sarebbe educare la popolazione a venire, visto che le generazioni precedenti sono belle che andate. Con la giusta sensibilizzazione al bullismo, all’omotransfobia e ad argomenti quali orientamento sessuale e identità di genere si potrebbe tentare d’invertire la rotta. Se fin da piccoli ai ragazzi venisse insegnato com’è complesso l’essere umano e la sua espressione nel mondo magari si abbatterebbero le barriere innalzate dall’odio. Invece non s’investe sull’educazione, sulla salute mentale e la destigmatizzazione.

Aeden Russo