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Per fortuna dei minori ci sono sindaci con un po’ di sale in zucca: ecco chi potrebbe continuare a registrare i figli di coppie LGBT+

Sindaci si ribellano e attuano disobbedienza civile per continuare con le registrazioni dei figli delle coppie gay

Fortunatamente esistono persone che hanno capito che i diritti non sono né di sinistra e né di destra. Essi sono, o dovrebbero essere, di tutti. Le registrazioni dei figli delle coppie gay e LGBT+ potrebbero continuare in alcuni comuni d’Italia. Attualmente, sembrano essere 4 i sindaci che faranno della disobbedienza civile cosa buona e giusta. Nel dettaglio, si tratterebbe del sindaco di Treviso Mario Conte (Lega – Nord) e di tre del centro sinistra: Marco Dori di Mira (Venezia), Sergio Giordani (Padova) e Damiano Tommasi (Verona). Tutti e quattro i primi cittadini in questione pare abbiano detto che non c’entra nulla l’appartenenza politica e l’ideologia. Si tratterebbe di una questione di civiltà, di necessità, di amore e giustizia.

Amore e giustizia che, invece, non sembrano appartenere al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e alla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il primo, che non ne ha azzecca una nemmeno per sbaglio, è stato l’artefice della circolare che ha imposto lo stop alle registrazioni dei figli di coppie omogenitoriali. La leader di Fratelli d’Italia, assecondando questa linea, tutto sembra tranne che “donna, madre e cristiana”. Una maggioranza che si scaglia contro i minori e le famiglie arcobaleno, dimenticandosi (volutamente?) che il 90% delle coppie che ricorre alla Gestazione per Altri (GpA) sono eterosessuali. Quest’ultime, infatti, pare che possano continuare a registrare i propri figli perché sono formate da un uomo e una donna.

Disobbedienza civile di alcuni sindaci: Registrazioni dei figli delle coppie gay e LGBT+ potrebbero continuare

La maggioranza di Governo si schiera contro figli coppie gay Fabrizio Marrazzo del Partito Gay LGBT+ cerca di fare chiarezza

I quattro sindaci che pare attueranno la disobbedienza civile per continuare a procedere con le registrazioni dei figli delle coppie gay e LGBT+, potrebbero fare da apripista per i primi cittadini di altri comuni. Ci auguriamo, infatti, che possano fare da traino per spronare gli altri Amministratori di città a fare altrettanto, indipendentemente dalla colorazione e appartenenza politica. A tal proposito, non è un caso che nell’immagine copertina ci sia il sindaco leghista di Treviso. Questo per dimostrare che se un governatore fa qualcosa di buono per dare a tutti gli stessi diritti, siamo ben lieti di scriverne in modo positivo a prescindere dalla sua fazione politica. La tirata d’orecchie, in questo caso, andrebbe fatta a sindaci che militano in altri movimenti.

Uno dei primi a chiedere ai sindaci la disobbedienza civile è stato Fabrizio Marrazzo, Portavoce di Partito Gay LGBT+ Solidale Ambientalista e Liberale. Ha chiesto, fin da subito, al sindaco di Milano Beppe Sala di continuare a trascrivere i figli delle coppie LGBT+ nonostante lo stop. Il primo cittadino della città meneghina, pare che prima abbia detto sì e poi che si sia tirato indietro. Male anche Stefano Lo Russo (PD), Amministratore della città di Torino, che pare abbia escluso la possibilità della disobbedienza civile.

Bisogna tornare indietro alla metà del secolo scorso per sentir parlare di disobbedienza civile. Negli anni Cinquanta del 900, negli Stati Uniti, alcuni sindaci si opposero ai divieti dei matrimoni interrazziali. Fu fatto per dimostrare che quando una norma è ingiusta e discriminatoria, chi fa politica deve avere il coraggio di disobbedire. Pensavamo che nel 2023 il termine “disobbedienza civile” per far avere a tutti gli stessi diritti fosse andato in pensione. Invece no, purtroppo. Se questa destra vuole portare l’Italia indietro di 70 anni farebbe meglio a dirlo una volta per tutte. Dovrebbe avere anche lei il coraggio, appunto, di togliersi la maschera e di venire fuori per quello che è realmente. Anche perché carnevale è finito da un pezzo.

 

 

Fonte immagine copertina: TribunaTreviso
Fonte: La Repubblica

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