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Festival di Sanremo visto da una lente queer

Ogni anno arriva puntuale il Festival di Sanremo, per molte persone considerata quasi una settimana “santa”. Se ne parla sempre molto, da diversi punti di vista: le canzoni, gli outfit, i duetti, i presentatori… su Gaypress.it vogliamo parlarne invece in versione queer! Ci sono brani che trattano temi legati alla comunità LGBT+ e alla sessualità? La risposta è: per fortuna sì, con buona pace di Fratelli D’Italia e le sue scellerate uscite in Parlamento.

Perché ovviamente quando proponi un disegno di legge contro l’omotransfobia ci sono altre priorità e poi scopri che una delle loro più grandi preoccupazioni è Rosa Chemical a Sanremo. Andiamo bene, quindi iniziamo proprio parlando di questo artista.

Rosa Chemical a Sanremo

L’aspetto più interessante dell’artista è che il mondo del rap e della trap è spesso intriso di grosso machismo, mentre Rosa Chemical va a scardinare questi canoni: trucco, smalto, orecchini. Ha dichiarato “A Sanremo porto il sesso, l’amore poligamo e il porno su Onlyfans” e ha fatto cadere dalla sedia moltissime persone parlando così del suo brano Made in Italy.

Parlare di sessualità è ancora un tabù, ma lo è anche parlare della possibilità di avere relazioni (sessuali e non) con più persone o di sex work. Non si può definire necessariamente Rosa Chemical un artista queer perché non ha mai dato un nome o un etichetta al suo orientamento sessuale, ma i temi che porta sono decisamente molto cari alla comunità LGBT+ (e non solo), tra cui appunto la libertà sessuale, sotto diversi punti di vista, ma anche il rifiutare determinati stereotipi machisti.

Ariete: l’amore per un altra donna

Da Rosa Chemical arriviamo a parlare di un’altra artista che porterà sul palco dell’Ariston una canzone dalle note queer. Ariete infatti ha dichiarato che il suo brano Mare di guai parla chiaramente di una relazione finita con la sua ex ragazza.

Ormai è una vera e propria icona per le persone lesbiche, tanto che chiedere ad una ragazza se ascolta Ariete ormai è come chiederle se è lesbica. L’artista fortunatamente ha scelto di non voler nascondere niente sin dall’inizio. I malpensanti credono che abbia deciso di farlo lucrare sopra al proprio orientamento sessuale. Secondo questa logica anche tutti gli artisti eterosessuali che nelle canzoni parlano del loro amore stanno lucrando sulla loro eterosessualità? No, in questo caso si direbbe solo che stanno cantando delle canzoni d’amore. E con questi commenti direi che anche oggi l’eteronormatività la distruggiamo domani, purtroppo.

Shari: forse vorrei una ragazza da amare (o forse no?)

Anche il brano di Shari, artista meno conosciuta e che viene da Sanremo giovani, parla sempre di amore. La canzone esordisce con “Forse vorrei una ragazza da amare” ma poco dopo continua con “Forse vorrei un uomo che mi ascolti” per poi terminare con “Forse vorrei solo qualcuno d’amare”. Il brano parla già da sé senza dover spiegare il collegamento fra le parole di questa canzone e le tematiche relative alla comunità LGBT+.

Paola Egonu presenta il Festival di Sanremo

In questo caso non si parla di un’artista, ma di una delle co-conduttrici del festival, ovvero Paola Egonu. Il suo nome non è associato al mondo della musica o a quello dello spettacolo, ma è invece una delle pallavoliste più forti al mondo. Viene menzionata in questo articolo perché oltre ad essere una delle pallavoliste più forti al mondo, è nera e non è eterosessuale. Aggiunge qualcosa in più o in meno al suo immenso talento per la pallavolo? Assolutamente no.

Il fatto è che ogni volta che viene chiamata ad occasioni di rappresentanza, come ad esempio il fatto di aver portato la bandiera olimpica ai Giochi Olimpici di Tokyo 2020 oppure la sua presenza al festival di Sanremo, la questione viene sempre appiattita dicendo che lo si fa solo “per dare il contentino e dire che si è inclusivi”. In poche parole: hai la pelle nera e non sei eterosessuale? Non importa che tu sia una delle pallavoliste più forti in circolazione avendo vinto praticamente di tutto. Moltissime persone vedranno solo quello e penseranno che ti chiamino solo per essere “il gettone” queer o afrodiscendente della manifestazione.

Le persone che appartengono alle minoranze non sono SOLO questo, hanno anche una vita, dei talenti e delle capacità. Paola Egonu non viene chiamata perché è nera o perché non è etero. Viene chiamata perché è un’atleta rappresentativa della nostra nazionale e del mondo dello sport stesso per la sua bravura. È come chiamare Messi o Ronaldo per il calcio per far capire il livello a chi di pallavolo ne capisce poco. Il fatto che sia ANCHE nera e non eterosessuale vuol dire semplicemente che siamo esseri umani e non abbiamo solo una caratteristica che fa parte di noi. Siamo persone e abbiamo più identità che si intersecano al nostro interno, creando ciò che siamo e la nostra unicità. Quando impareremo a capirlo?

 

 

Fonti: VanityFiar: VanityFair; SkyTg24

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