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Difendiamo le Carriere Alias

Difendiamo le Carriere Alias. Si legge dall’entrata dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, tra graffiti e dichiarazioni. La scorsa settimana l’istituzione ha chiamato tutti: docenti, attivisti, studenti. Ed hanno risposto in molti. Vediamo insieme cos’è stato detto.

“Dovrebbe diventare tutto più facile”

La docente referente dell’Accademia Nera Prota inizia l’evento chiamando a parlare il Direttore dell’ateneo. Tra una confidenza ed un’altra, è una chiacchierata tra amici che si conoscono da trent’anni. E il Direttore ha già storia alle spalle: far uscire l’Accademia da un passato travagliato. Già non si sono ascoltate le voci delle studentesse molestate, che hanno lasciato i segni delle loro mani sui muri come sangue. Si legge ancora all’ingresso “Accademia delle Belle Molestie”. Renato Lori lo sa bene: “Passando con i colleghi davanti all’entrata, molti mi hanno chiesto di dare una mano d’intonaco. Io ho detto loro di no. È storia, queste ragazze avevano qualcosa da dire”. E sulle Carriere Alias non ha opinioni diverse: “Sono componenti che creano l’equilibrio nelle persone. Impegnamoci per questo”.

Il Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli Renato Lori (sinistra) con la docente Nera Prota (destra) – Foto: Aeden Russo

“Il rispetto si deve istituzionalizzare”

La docente Prota si prende poi il suo meritato spazio. Non ha solo lottato per queste Carriere Alias, lei è una delle poche persone a capire sulla sua pelle la loro importanza. E il suo discorso acquista tutto un altro significato, è personale, è quello dei suoi studenti transgender, è di tutt*. “È quando nasce il concetto di comunità che s’inizia a lavorare” dichiara, come segno indelebile. Poi parla di leggi, di politica, di quello che ci circonda e ci limita. “La legge Mancino del ’93 è palesemente discriminatoria”, continua. E non ha tutti i torti, perché ancora oggi frasi, gesti, azioni e slogan per omofobia sono legali. Ecco perché la sua dichiarazione, “il rispetto si deve istituzionalizzare”, ha tutt’altro valore.

La docente Nera Prota (destra) con il Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Napoli Renato Lori (sinistra) – Foto: Aeden Russo

“Attualmente abbiamo bisogno di ricordare”

I primi invitati a parlare sono i membri del collettivo “I’m Queer Any Problem?“, organizzazione transfemminista intersezionale. Da anni si occupa della difesa dei diritti e l’emancipazione della comunità LGBTQIA+. Apartitica, fortemente politica, una forza della natura. Ed inizia il suo discorso Raffaele, founder e ragazzo trans: “Oltre 13 anni fa non c’era lo stesso avanzamento che c’è al giorno d’oggi”. Parla poi della Giornata contro l’Omofobia, instituita il 17 Maggio: “È una data che purtroppo ogni anno sta andando a scemare”. Ma non solo, “nel periodo storico e politico che sta vivendo l’Italia è importante”. Ma la frase che più mi ha messo i brividi addosso è stata Attualmente abbiamo bisogno di ricordare. Perché il governo dimentica, torna indietro sui suoi passi, e noi con loro a livello europeo per diritti LGBTQIA+ a legge.

Founder di “I’m Queer Any Problem?” Raffaele (centro) accanto a Luca, vicepresidente (sinistra) e la docente Prota (destra) – Foto: Aeden Russo

Carriere Alias: come possono aiutare?

Come ben ricordato dalla docente Prota, l’Accademia di Napoli non solo è stata la prima ad instituire le Carriere Alias in Campania. Difatti, per accedervi docenti e studenti non hanno bisogno di documenti medici, una medicalizzazione in atto, o interventi chirurgici alle spalle. Niente. Perché si crede nell’autodeterminazione. E Raffaele a questo ci tiene moltissimo, in quanto “la transessualità in Italia si riconosce ancora come un processo da depatologgizzare”. E il suo augurio è condivisibile ampiamente: “Non una legge che parli di disforia di genere, ma una che parli di euforia di genere”. Perché basterebbe davvero poco. “Un pronome, anche un nome, detto nel modo giusto può salvare una vita”, così conclude.

“Vogliamo riappropriarci del nostro spazio vitale”

Prende poi parola Luca, il vicepresidente del collettivo. Il suo discorso è più tecnico, politico, porta a galla tutti i problemi del nostro Paese. “Una radicalizzazione ed un avanzamento progressista”, questo l’obiettivo a cui puntare. Ma soprattutto “uscire dagli schemi che ci sono stati sovrimposti”. E per lui “le Carriere Alias sono una chiave di volta per questo avanzamento”. Ma ricorda anche la dura realtà delle grandi corporazioni, per le quali “le lotte progressiste diventano una forma di pubblicità. Non c’è una retorica alle spalle, una volontà di sistemare le cose”. Il messaggio si fa sentire chiaro e tondo: lottiamo.

Luca, vicepresidente di “I’m Queer Any Problem?” (sinistra) con Raffaele, il founder (centro) e la docente Prota (destra) – Foto: Aeden Russo

“Dobbiamo lavorare con le scuole, le istituzioni, i governi, i politici”

Viene poi chiamato all’appello Luca Trapanese, Assessore al Welfare napoletano, papà omosessuale. “Mi sento chiamato in causa per quello che sono, e quello che porto avanti. Noi portavamo il DDL Zan, mancava poco per ampliarlo, ma abbiamo un problema politico. La stessa sinistra non è compatta rispetto a queste idee, ed è questo che l’ha fregato: era una questione politica. Una dichiarazione d’apertura fortissima. “È un grande errore nostro, di non essere compatti e di non avere le idee chiare”. Poi parla di Alba, la sua bellissima bambina, e di come sia potuto diventare padre. E lì, un’altra frase bellissima: La famiglia tradizionale non è mai esistita. Esistono le famiglie, da sempre. Poi si rivolge alla politica attuale, al governo, in quanto “dobbiamo trovare il colpevole senza capire perché stiamo degenerando”.

Luca Trapanese, Assessore al Welfare di Napoli (sinistra) con la docente Nera Prota (destra) – Foto: Aeden Russo

“È un cambiamento culturale”

L’Assessore Trapanese continua così il suo discorso, parlando di come per lui il coming out è stato difficile, prima per sé e poi nel mondo in cui si trovava. Si è aggrappato ad una religiosità, come a voler esorcizzare un problema in lui, ma “per fortuna ho trovato quello che è stato il mio compagno per 15 anni in treno andando a Lourdes”, dichiara, strappando una risata alla platea. La sua famiglia l’ha accolto, per loro bastava che fosse felice. Per molti non è così. “Io rappresento tutto quello che questo governo vorrebbe deportare: single, gay, padre”, così getta a tutti noi questa realtà. E ricorda tutti noi un altro pensiero duro da digerire, “puoi morire in tanti modi, non solo fisicamente ma anche psicologicamente”. Per questo combatte duramente per portare la rivoluzione, dobbiamo lavorare con le scuole, le istituzioni, i governi, i politici. E chiude così: “Dobbiamo creare più opportunità di condivisione, dalla periferia al centro”.

Luca Trapanese, Assessore al Welfare di Napoli, mentre discute – Foto: Aeden Russo

“Il coming out è ancora importante: fatelo”

Passa il testimone a Carmen Ferrara, persona non-binary, attivista LGBTQIA+, e dottoranda in Mind, Gender and Language. Ci racconta di come, da persona non-binary, spesso non è stato riconosciuto nella sua identità, anzi. “In università c’è una vera e propria violenza epistemica”. La sua scoperta di sé l’ha portat* sulla strada della medicalizzazione, che non ha perseguito. Difatti, per lei il problema di disforia di genere non sussiste. È sereno con il suo corpo. Ma il suo discorso vira, invece, a chi ne ha bisogno per forza per proseguire nella propria transizione. “Ottavia, la mia compagna, è stata la prima di tre persone ad ottenere la correzione anagrafica senza medicalizzazione; è stato un caso modello”. Ci racconta così la sua scoperta dell’identità “genderqueer“, la non accettazione anche all’interno della comunità stessa, della resistenza generazionale, del binarismo di pensiero nel Policlinico. “È assurdo che qualcuno mi debba dire se sono abbastanza non-binary, abbastanza donna, o abbastanza uomo”.

Carmen Ferrara, persona non-binary, attivista LGBTQIA+, e dottoranda in Mind, Gender and Language – Foto: Aeden Russo

“Noi non sappiamo dove iniziamo, ma poi finiamo assieme”

Prosegue la giornata con il collettivo queer intersezionale La Tenda Rossa, una realtà di teatro e danza gratuita, la cui forma di lotta politica è l’arte. Un luogo sicuro dove esprimersi liberamente.

“Loro sono qui adesso per fare forza” – il collettivo queer intersezionale La Tenda Rossa (sinistra) con la docente Prota (destra) – Foto: Aeden Russo

Portano agli occhi di tutti la potenza della danza, del teatro e dell’espressività artistica. Ci raccontano di com’è stato fare una performance proprio tra le mura dell’Accademia, e di come abbiano coinvolto la docente Prota. Mi ricordo ancora di una frase toccante da loro detta, per quanto possa tornarmi alla mente: “Nera era sola in questa battaglia, vogliamo ricordarle che ci siamo tutte noi adesso”.

Il collettivo queer intersezionale La Tenda Rossa (sinistra) con la docente Nera Prota (centro) – Foto: Aeden Russo

“Le trasformazioni avvengono, si possono fare e si devono fare”

Nell’incontro sono intervenute anche la docente Ludovica Caniparoli, la docente Giulia Grechi, e la Consulta degli Studenti dell’Accademia. La professoressa Caniparoli è stata fianco a fianco con la docente Prota per stipulare e rendere realtà le Carriere Alias. E, davanti alla platea, ha voluto portare i ragazzi e le loro tesi, invitando tutti ad assistere i lavori di chi la comunità la vive. La docente Grechi, invece, ha portato la storia alle nostre spalle, dall’Atlante di medicina criminale di Weimann e Prokop del 1966 all’arte dei giorni nostri. E dice: “Perché le Accademie non sono spazio del politico, di ciò che ci appartiene”. La Consulta, infine, chiude questo lungo giro, parlando della realtà studentesca e promettendo di rimanere sempre pronta a lottare per i suoi diritti.

Ludovica Caniparoli, docente di Marketing dell’Accademia di Belle Arti di Napoli (sinistra) e Giulia Grechi, docente di Antropologia Culturale dell’Accademia di Belle Arti di Napoli (destra) – Foto: Aeden Russo

Conclusioni

Così si chiude questa giornata pionieristica, tutti seduti ai piedi del Teatro Niccolini, bandiere sventolanti e sorrisi sgargianti. Tutti stretti attorno alla docente Prota, Raffaele, Luca, e il resto degli ospiti. In una forma di abbraccio collettivo, stretta simbolica e fortissima. Anni addietro quanti sarebbero stati lì, quanti chiusi in manicomio, o tre metri sotto terra. Ma oggi, che si ha la forza di parlare, quella di gridare, oggi siamo tutti lì. E saremo sempre in prima fila a lottare per i diritti umani. Diritti che ci spettano, che ci proteggano, che ci aiutino a definirci nella completa autodeterminazione. Perciò grazie a tutti, perché sono adulti come voi che fate credere alla nuova generazione come la mia che possiamo esistere ed essere alla pari.

 

Aeden Russo

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