Oggi, 17 maggio, è la giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia, riconosciuta ormai a livello internazionale sia dall’Unione Europea che dalle Nazioni Unite. Si potrebbero dire tante cose in un giorno come questo, noi ne abbiamo scelte 7.
1. Non è solo la “giornata contro l’omofobia”
Spesso si cade in errore e si pensa che il 17 maggio si parli solo di omofobia, quindi della discriminazione verso le persone attratte dal proprio stesso sesso/genere. In realtà la comunità LGBTQIA+ è molto più delle sole persone gay e lesbiche, esistono infatti anche le persone bisessuali e transgender.
Avevamo parlato già della bifobia in passato, ovvero la discriminazione delle persone bisessuali in quanto tali. In poche parole, le persone bi subiscono una discriminazione doppia: sia da chi è al di fuori della comunità LGBT+, in quanto sono attratte dal loro stesso sesso/genere, e anche all’interno della stessa. Esistono, infatti, persone della comunità LGBT+ che ritengono le persone bi “non abbastanza gay o lesbiche” per farne parte.
Per non parlare poi della transfobia, spesso etichettata erroneamente come “omofobia”. No, sono due cose diverse. Una persona gay non è detto che sia transgender e viceversa. La comunità LGBT+ ha al suo interno diverse identità, ricordiamo la loro esistenza e non cancelliamola.
2. Omofobia, bifobia e transfobia non sono solo violenza fisica
Spesso si pensa in questa giornata di lavarsi la coscienza dicendo che l’omofobia è di chi picchia e fa “cose gravi”. In realtà atteggiamenti omofobi, bifobici e transfobici sono la quotidianità e spesso si manifestano come microaggressioni. Esse sono subdole: non sono così eclatanti, ma non fanno altro che alimentare gli stereotipi verso le persone marginalizzate e oppresse della comunità LGBT+. Un esempio? “Complimenti, non si vede proprio che sei trans”. Questo non è un complimento, si sta semplicemente evidenziando che una persona dovrebbe essere fiera di non sembrare trans. Ergo, che essere trans è un problema. No, non è una bella frase da dire. Le violenze sono solo la punta dell’iceberg, appena sotto il pelo dell’acqua è un continuo susseguirsi di microaggressioni quotidiane come queste.
3. Le identità LGBTQIA+ non sono degli insulti
“Ma allora sei proprio un gay”. Questa frase l’ho sentita più volte utilizzata come sinonimo di “Ma allora sei proprio uno str*nzo/una m*rda” ecc. Essere gay, lesbica, trans o qualsiasi altra parola riferita alle identità LGBTQIA+ non è un insulto. Sono le nostre identità e usarle come insulto è un atteggiamento omofobo, transfobico e via discorrendo, a seconda dell’identità che si sta usando come insulto. Non sono delle brutte parole.
4. L’omobitransfobia si esprime anche in cabina elettorale
Viviamo in un mondo in cui è la politica che governa e lo fa con i voti del popolo. Dire di non essere omofobi (o bifobici, transfobici ecc.) e poi in cabina elettorale votare partiti politici che non fanno nulla per la comunità LGBT+ è estremamente ipocrita. Se volete affermare di non essere omofobi manifestatelo anche nel silenzio dell’urna mentre mettete una X sulla scheda elettorale, non solo pubblicamente per lavarvi la coscienza.
5. La rappresentazione delle persone LGBT+ è importante, ma non siamo delle quote
Invitare una persona gay, lesbica, trans ecc. ad un programma televisivo non fa di te necessariamente una trasmissione inclusiva. Non è solo importante quanto rappresenti le persone LGBT+ ma anche come lo fai. Chi hai invitato, è lì solo per far presenza oppure questa persona darà effettivamente un contributo? Se è lì solo per fare la macchietta, non sei un genio dell’inclusione. Semplicemente continui ad escludere le persone LGBT+ ma cerchi di nasconderlo facendo finta di rappresentarle solo di facciata. Si tratta sempre e comunque di una forma di oppressione, solo che è più subdola e meno lampante.
6. Essere etero e cisgender non è la norma:
Dare sempre per scontato che una persona sia etero e/o cisgender se non ti dice nulla dovrebbe essere superato. Significa dare per assodato che l’eterosessualità o l’essere cisgender sia la “norma”, a meno che qualcuno non ti dica il contrario. Come se fossero delle isolate variazioni rispetto a quello che dovrebbe essere “la cosa giusta”. Essere etero e cis è solo più comune, non “la norma”.
Con buona pace di tutti quei parenti che ad un ragazzo chiedono automaticamente della fidanzatina, dando per scontato che se non mi dici nulla vuol dire che ti piacciono le donne. Non è una regola. Se cominciassimo a cambiare questa idea, forse si comincerebbe a superare anche il concetto di “coming out”.
Cioè, il fatto che l’identità di una persona queer debba stare nascosta nell’armadio fino a che ad un certo punto non decida di rivelare la sua identità e spesso con molta fatica. Non c’è nulla da svelare di così eclatante, o meglio, non dovrebbe esserlo. Siamo persone ed esseri umani, non alieni che vengono da Marte. E sì, l’omofobia e/o transfobia è anche questo: quando una persona pensa che l’eterosessualità e l’essere cis sia “la cosa normale”.
7. Sarebbe anche ora di parlare di afobia e di aggiungerla a questa giornata
C’è un’identità all’interno della comunità LGBTQIA+ che è spesso dimenticata ed è rappresentata dalla lettera A. No, non sono gli Alleati, ma le persone Asessuali e/o Aromantiche. Talmente dimenticata che in questa giornata non si parla mai di loro, come se non le riguardasse e non subissero discriminazioni in quanto persone asessuali e/o aromantiche.
Partiamo dal dire che una persona asessuale non prova attrazione sessuale, una aromantica non prova attrazione romantica. Ecco, uno dei primi commenti sarebbe dire che le persone asessuali/aromantiche non sono discriminate, ma è falso. Come abbiamo visto, le discriminazioni non sono solo nelle violenze fisiche, ma anche in microaggressioni e atteggiamenti escludenti.
“Sei così perché non hai trovato la persona giusta”, “quando crescerai non sarai più così”, “vai a farti controllare dal medico che magari hai qualcosa”.
Queste sono solo alcune delle tante frasi che le persone asessuali si sentono dire, che hanno il solo scopo di invalidare la loro identità. Sarebbe il caso di cominciare a riconoscere anche le loro di discriminazioni. Non farlo, è sua volta un atteggiamento discriminatorio.
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