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Gay effeminati e lesbiche mascoline: orgoglio o vergogna Lgbt+?

I gay meno virili e le lesbiche poco femminili sono da sempre le vittime preferite degli omofobi proprio perché visibilmente non eterosessuali, ma sono anche un fastidio per gli omosessuali che soffrono di omofobia interiorizzata. Perché quando “si vede che è gay!” riconoscono nell’altro ciò che a loro è stato proibito: essere visibili. 

Tranne (forse) i millennials, chiunque sia nato non eterosessuale ha sicuramente sentito più e più volte durante l’infanzia e l’adolescenza frasi come:

  • “Non piangere, solo le femminucce piangono!”
  • “Non puoi essere un po’ più femminile? Sembri un maschiaccio. E non è un complimento.”
  • “Pallavolo non è uno sport da maschi. I maschi giocano a calcio. Le femmine giocano a pallavolo.”
  • “Togliti subito quelle scarpe. Non sono tue, sono di mamma. Tu sei maschio.”
  • “Ma invece di portare i capelli così corti, non puoi farteli crescere come fanno le ragazze normali?”
  • “Vergognati!”

Da adulti, ogni volta che incappiamo in una lesbica diversamente femminile o in un gay che sculetta o parla al femminile o si trucca (o fa tutte e tre le cose), qualcosa in noi si smuove.

Una vocina nella testa proveniente dal nostro passato ci ricorda che quello cui stiamo assistendo è sbagliato, è riprovevole, è deprecabile, non si fa.  Perché mamma e papà (le due fonti indiscusse della verità suprema quando siamo troppo piccoli e non abbiamo né gli strumenti né le capacità per dire la nostra e difendere il nostro comportamento) questo ci hanno insegnato. Se loro hanno detto così, se la nonna, lo zio, se tutti dicono così, allora significa che deve essere vero per forza.

Secondo questi insegnamenti, chi è visibilmente non eterosessuale è sbagliato. L’omosessuale che soffre di omofobia interiorizzata si sente in diritto di farglielo notare, anche con una certa veemenza. Si sente in dovere di far vergognare il “visibilmente gay” di se stesso, vomitandogli addosso lo stesso disprezzo che i suoi genitori gli mostrarono mentre lo rimproveravano quando faceva cose non in linea con il suo sesso biologico. Proprio come sta facendo adesso il gay effeminato o la lesbica mascolina qui, davanti ai suoi occhi. 

Ecco spiegata la ragione per cui ancora oggi non pochi omosessuali, pur avendo fatto coming out, magari pur indossando all’anulare sinistro un anello con il nome di una persona del proprio stesso sesso, offendono e insultano altri non eterosessuali, quelli più visibilmente non eterosessuali.

È triste constatare quante persone Lgbt+ soffrano di omofobia interiorizzata senza esserne minimamente consapevoli. 

I gay effeminati e le lesbiche mascoline soffrono due volte. A offenderli sono sia gli etero omofobi e repressi sia gli omosessuali con omofobia interiorizzata. La capacità di questi ultimi di vedere l’altro prima di tutto come un essere umano è offuscata dal ricordo di un trauma sepolto, ma non morto, in qualche parte nell’inconscio. I non eterosessuali con omofobia interiorizzata vedono nell’altro il riflesso di tutto ciò che a loro è stato vietato di fare, dire, essere. E fanno all’altro quello che un tempo fu fatto e detto a loro.

Come per tutti gli omofobi, sta a noi educarli e spiegare loro che le persone, prima di tutto e sopra ogni altra cosa, sono sempre e comunque esseri umani. Il resto è fuffa. Se però, come spesso accade con gli omofobi più ignoranti, questi si mostrano chiusi e rigidi, non conviene sprecare ulteriori energie. Tutto quello che in certi casi si può fare è provare compassione. Come chiunque non abbia sciolto particolari nodi del passato, gli omofobi fanno molta fatica a vivere una vita felice. 

Alessandro Cozzolino, life coach