Sediamoci un attimo. E pensiamo a Fedez e al discorso al concertone dell’1 maggio. In un paese democratico, etichettato come ‘del primo mondo’, sulla carta quasi esplicitamente laico, che garantisce la libertà di espressione, nel 2021, era veramente necessario che un cantante si spendesse socialmente a sostegno dei diritti civili in un concerto passato in tv? Ribellandosi, in questo modo, alla ‘censura’ e scatenando l’ennesimo scandalo politico-mediatico del quale tra 3 giorni tutti ci dimenticheremo? Evidentemente sì.
Il discorso di Fedez al concerto del primo maggio è stato diretto, chiaro e rivolto ai debiti destinatari. Anche la conseguente pubblicazione di parte della telefonata con la vice direttrice di Rai 3 Ilaria Capitani, sono una dimostrazione lucida che conferma l’Italia come un paese drammatico, bigotto e schiavo del pregiudizio, se non dall’estremo contrasto nei confronti del ‘diverso dal normale’. In favore dell’adeguamento al sistema, cito lo staff della televisione pubblica. E non mi addentro nelle citazioni dei leghisti, come quelle del consigliere della Lega di Reggio Emilia, più che sufficienti al loro esonero dalle sedi politiche. In un paese libero. Non il nostro.
Sappiamo tutt* da dove veniamo, il lascito di ‘LVI’. Sappiamo già tutt* come la nostra cultura ad oggi sia ancora in ampia parte legata a una tradizione di conformazione, e come in generale la nostra società sia incline a un sentimento istintivo di paura nei confronti del nuovo, dell’ignoto, in qualsiasi forma questo si presenti, sia un migrante, un caffè pagato con la carta, una app di taxi o un bacio tra due uomini. Ma veniamo al punto.
Bolla che si sgonfierà e potrebbe rimandare gli LGBT+ nell’anonimato
Per quanto guardare la tv non appariva negli ultimi anni come un trend in calo in Italia, bisogna sicuramente constatare che questi 14 mesi di pandemia hanno fatto schizzare il nostro livello quotidiano di interconnessione digitale col mondo. Internet è la nostra casa. Improvvisamente siamo tutti dei piccoli avatar in una call su Zoom, e, se usciamo di casa, indossiamo una doppia maschera, quella sociale e quella sanitaria.
Siamo, oggi, più che mai, ognun* parte anonima della collettività. Perché, volente o nolente, l’emergenza Covid ha posto molte e molti in una condizione di simil-inutilità, in favore di un bene superiore, sostanzialmente imposto dalle istituzioni che ci rappresentano, e di conseguenza:
- siamo anonim* nella collettività quando il pensiero di ognun* non può essere espresso senza timore perché ‘c’è il Vaticano’, o perché ‘sai, alcuni non capirebbero’;
- siamo anonim* nella collettività quando lasciamo che l’idea di ognun* si dissolva insieme a tante altre, senza che questa arrivi a un compimento concreto o a un progresso collettivo:
- continuiamo ad essere anonimi nella collettività quando ognun* tira l’acqua al proprio mulino.
Smettiamo di essere anonim* e incominciamo a essere noi stesse e noi stessi, nel momento in cui usciamo dalla necessità di catalogare il mondo sotto categorie e classi binarie e iniziamo a cogliere il valore delle sfumature. Perché, alla fine, fa bene ricordarlo, siamo tutt* divers*.
Siamo noi, ognun* parte determinante di un tutto. Quando smettiamo di dover ricorrere a termini come gay, etero, nero, zingara, o normale. Quando un orientamento sessuale può essere percepito con fluidità e libertà. In quel momento in cui il concetto di ‘uomo’ e di ‘donna’ non sono basati su credenze già costruite e fornite dalla società.
Grazie al discorso di Fedez, anche se la rivoluzione non passerà dalla tv
Oggi, nel 2021, per celebrare la diversità, per rivendicarla, non servono strumenti fantastici o megafoni ultrapotenti, quando abbiamo tutta questa tecnologia; la stessa tecnologia che ci permette di effettuare 4000 acquisti al minuto su Amazon potrebbe farci firmare altrettante petizioni o permettere un processo partecipativo comune, e collettivo. La rete ci unisce. Nel bene e nel male, cioè nel tutto. Usiamo la rete consapevolmente, e saremo individualmente più determinanti. Scegliamo il presente come momento per la rivoluzione, non il domani, il ‘dopo pandemia’.
La rivoluzione non passerà in tv. Tantomeno in quello che rimane dei media mainstream italiani che si sono maldestramente digitalizzati. Ciò che sembra impotente come una storia su Instagram o messaggio virale passato su Whatsapp se usato coscientemente può rivelarsi un’arma per la consapevolezza collettiva, per la risoluzione dell’odio, per la libera esistenza.
Ad iniziare dal DDL Zan. Usciamo dalle logiche rappresentative e combattiamo attivamente, ognun* di noi, nella lotta verso la libertà, contro la paura. Perciò, grazie Fedez, ma sicuramente non sarai neanche tu col cappellino della Nike a fare la rivoluzione. Sarà la volontà di milioni di ‘attivist* consapevol*’, espressa online, e nondimeno offline, a fare la rivoluzione.
Saremo noi quell* che collettivamente porranno fine alla rete di ipocrisie e finzioni che viviamo attraverso le parti sociali, politiche, religiose e finanziarie. Siamo noi quell* che ritroveranno un concetto più inclusivo e paritario di Repubblica che questa penisola merita.
Anche tu puoi essere un* di noi, se vuoi 🙂
2 thoughts on “La rivoluzione non passerà in tv, neanche dopo il discorso di Fedez al concertone del primo maggio”
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