Lo scorso primo aprile è stato il ventennale del primo matrimonio omosessuale della storia, celebrato in Olanda nel 2001. Ventuno anni, a esser precisi. Questo è il tempo che è passato dalla prima unione matrimoniale tra persone dello stesso sesso. La funzione ebbe luogo ad Amsterdam e fu il sindaco a celebrarla, di sera, così da ufficializzarla allo scoccare esatto della mezzanotte di quel primo aprile 2001, quando la legge sarebbe entrata in vigore.
A unirsi in matrimonio erano quattro coppie same-sex, tre coppie di uomini e una di donne formata da Helene Faasen e Anne Marie Thus. Le spose hanno raccontato in un’intervista rilasciata a The Lily che “c’era un muro di fotografi che si gettavano l’uno sull’altro per avere una nostra foto”. L’evento ebbe un grande impatto mediatico, di cui le due spose hanno dichiarato di essersi a malapena rese conto: ”Al momento dei voti non ero consapevole delle telecamere, eravamo solo io e la mia futura moglie”. Dopo la cerimonia, le coppie hanno brindato e sfilato per le strade della capitale olandese nei loro vestiti nuziali.
In quella occasione – venti anni fa, appunto – il sindaco Job Cohen dichiarò: ”Ci sono due ragioni per gioire: state celebrando il vostro matrimonio e state anche celebrando il vostro diritto di essere sposati”.
Il ventennale fa riflettere sullo stato del matrimonio same-sex: la situazione nel mondo
Il ventennale del primo matrimonio omosessuale fa quindi riflettere sul fatto che ad oggi, il matrimonio omosessuale è legale in soli ventinove paesi in tutto il mondo, mentre circa il triplo criminalizza le pratiche omosessuali. Questa la situazione a ormai circa 31 anni dalla prima unione civile, che fu invece riconosciuta in Danimarca nel 1989. Alcuni dei paesi europei che non permettono il matrimonio regolamentano, infatti, esclusivamente l’unione civile. Al di fuori dell’Europa, per contro, sono ancor meno numerosi i paesi che hanno legalizzato il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Alcuni stati particolarmente conservatori rigettano infatti apertamente l’omosessualità e la condannano (talora anche con la pena di morte).
L’Italia fa sempre un po’ da fanalino di coda in quanto a diritti delle persone LGBT+. Basti pensare che la legge ad oggi in vigore non prevede l’obbligo di fedeltà, né quello di collaborazione nelle unioni civili, per non citare poi la situazione in merito alle adozioni. Pare quindi che ci sia sempre molto zelo nel separare, disunire, contrapporre quasi le due cose: noi siamo di qui, voi siete di lì (com’era? “Divide et impera?”).
Lo stesso zelo sarebbe ottimo se speso per formare e informare l’opinione pubblica, invece che per contrapporci gli uni agli altri. In quel caso, sì, la strada percorsa sarebbe già di più di quella ancora da percorrere.