Non è solo festa e colore questo pride month: le dichiarazioni omofobe che confermano la necessità del pride sono infatti arrivate puntuali. Un esempio è quello del solito Simone Pillon che parla di “odio nei suoi confronti”. Il deputato punta il dito contro un cartello che lo ritrae con occhiali e papillon arcobaleno, tipici segni di odio (o no?). Pillon fa fondo al classico vittimismo che ne contraddistingue le uscite social, chiedendosi se “ce la faranno mai a fare le loro sfilate senza odiare nessuno?”. Ironico, visto che parliamo dello stesso deputato che al “family day” distribuiva cartelli che definivano “sbagliate” le famiglie arcobaleno. Non è violento, forse, fare propaganda ponendo un distinguo totalmente arbitrario tra un giusto e uno sbagliato da condannare a ogni costo?
Altro intervento omofobo è stato quello di Mario Adinolfi, cosa, anche questa, che non ci sorprende. In collegamento a “Zona Bianca”, Adinolfi ha sostenuto che Pillon dovrebbe essere ritenuto la massima espressione del popolo. Nello stesso collegamento il capo del Popolo della Famiglia ha dichiarato “sul cosiddetto matrimonio egualitario la lobby lgbt deve prendere atto che il paese non lo vuole”.
Parlando, lo ricordiamo, dello stesso popolo italiano che si è espresso favorevole al matrimonio egualitario per il 61,3%. Ma Adinolfi si è dato a dichiarazioni ancora più gravi, come se le precedenti non bastassero: “I Pride sono le marce fasciste del terzo millennio”. Certo, meglio infatti dare voce ai suoi proseliti che lo invitano a mangiarsi “quel ricc*ione di Cecchi Paone”: l’odio che sopprime le minoranze a Adinolfi sta bene, d’altronde.
Critiche al pride month: le dichiarazioni omofobe confermano la necessità del pride come lotta per l’uguaglianza
Non ultime, sono giunte poi anche le dichiarazioni di Silvana De Mari. Queste vertono intorno al vittimistico tentativo di difendere una libertà di espressione negata. Strumento di controllo per eccellenza è ancora una volta la religione, che questi soggetti sfruttano a proprio piacimento per alimentare della violenza contro un ipotetico nemico. Tuttavia, la religione che la De Mari cerca miseramente di sfruttare non parla degli atti di violenta repressione che quest’ultima vorrebbe mettere in atto.
Tra le proprie dichiarazioni, De Mari cita le varie malattie che i Pride diffonderebbero: “I Pride sono un problema sanitario. L’istituto superiore di Sanità ci informa che dopo i grandi Pride internazionali abbiamo dei picchi di epatite A. Quello che è a rischio per l’epatite A è a rischio anche per tutte le patologie a trasmissione oro-fecale, come la Sars-Covid-2 e il vaiolo delle scimmie”. Tali dati che De Mari millanta non sono tuttavia noti, facendo di certo sospettare della credibilità delle sue affermazioni. Non è certo un caso che si tratti di un medico che ha subito la sospensione dal proprio Ordine di appartenenza, oltre che una condanna per diffamazione dalla Corte d’Appello di Torino.
Ciò che rimane è sempre l’amarezza, in un mese che dovrebbe essere deputato alla celebrazione dell’amore, il sentimento per eccellenza. Non è sorprendente che i soliti esponenti dai modi squadristi rilascino dichiarazioni offensive e omofobe. Sorprendente è però il fatto che si voglia far passare un’inopinabile forma di violenza come difesa della libertà di espressione. Libertà di espressione che viene invece sistematicamente minata da dichiarazioni offensive e disoneste. Tutt’oggi è bene affermare la vera valenza del pride month: le dichiarazioni omofobe confermano la necessità del pride e ci ricordano che nessuno può appropriarsi dell’amore stabilendone una definizione univoca. L’amore è di tutti e per tutti si declina variamente: inaccettabile che ad oggi ancora nessuna legge tuteli questo concetto.