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È ancora difficile essere LGBT+

Gay Pride

Ma per quanto ancora?

Ci troviamo in un mondo che ogni volta che prova a fare un passo verso il progresso sembra non portare con sé i bagagli pieni di battaglie per i diritti e i diritti conquistati. Il mondo va avanti con le sue valige, che con disattenzione non sono state chiuse e lasciano cadere i progressi fatti verso la parità dei diritti e verso l’inclusività di ogni individuo. Non solo perde i ricordi delle lotte, che cadono dai suoi bagagli distrattamente chiusi, ma quando le riapre sembra non ricordare tutto ciò che c’era dentro. Non possiamo fare un passo avanti e dimenticare gli altri cento che ci hanno portato fino a quel punto.

In un mondo che oggi lotta per combattere l’oppressione da parte di una supremazia dominate, volevo ripercorre le fasi principali della battaglia per i diritti LGBT+.

Il movimento per i diritti delle persone omosessuali vide alcuni primi progressi in America principalmente. Nel 1961, l’Illinois divenne il primo stato a eliminare le sue leggi anti-sodomia, depenalizzando efficacemente l’omosessualità, e una stazione televisiva locale in California trasmise il primo documentario sull’omosessualità, chiamato The Rejected.

In realtà più di 10 anni prima, le persone transgender entrarono nella coscienza americana quando George William Jorgensen, subì un intervento di riassegnazione del sesso in Danimarca per diventare Christine Jorgensen.

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Eppure gli le persone LGBT+ vivevano in una sorta di sottocultura urbana e venivano abitualmente sottoposti a molestie e persecuzioni, come in bar e ristoranti. Ad esempio a uomini e donne gay a New York non potevano essere serviti alcolici in pubblico.

Qualche anno dopo, nel 1969, un evento ormai famoso ha catalizzato il movimento per i diritti LGBT+: The Stonewall Riots.

Il gay club clandestino Stonewall Inn era un’istituzione nel Greenwich Village perché era grande, economico, permetteva di ballare e di dare il benvenuto a drag queen e giovani senzatetto.

Nel 1992, Bill Clinton, durante la sua campagna per diventare presidente, promise che avrebbe revocato il divieto alla persone omosessuali di entrare nell’esercito. Ma dopo aver fallito nel raccogliere abbastanza sostegno per una politica così aperta, il presidente Clinton nel 1993 approvò la politica “Non chiedere, non dire” (Don’t ask don’t say), che consentiva a uomini e donne gay di prestare servizio militare finché avessero mantenuto segreta la loro sessualità, una politica controproducente e per nulla inclusiva.

Ora però mi sorge un dubbio, siamo nel 2020 alcuni paesi hanno continuato la lotta per i diritti LGBT+ ed alcuni hanno raggiunto grandi traguardi, come ad esempio il matrimonio. Ma quanti pezzi abbiamo perso per strada?  Sento che il bagaglio di conquiste e di lotte è lacerato, corriamo verso il progresso e la nostra valigia è sempre più aperta, lascia cadere prima l’inclusività, poi la parità di diritti e credo si sia persa anche la voglia di comprendere l’altro. Non possiamo dimenticare le battaglie, dobbiamo tornare indietro, recuperare i pezzi perduti e ricominciare da lì per continuare a migliorare. Questa volta assicurandoci che la valigia sia davvero chiusa.