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Sui diritti delle donne tanti bei discorsi e pochi fatti: Prima la mette incinta e poi la licenzia

Donna incinta del datore di lavoro viene prima cacciata di casa dall'imprenditorie e poi licenziata

Una donna è rimasta incinta del datore di lavoro che, a quanto pare, una volta appresa la notizia ha pensato bene di cacciarla di casa e di licenziarla. La ragazza, nello specifico, ha 25 anni e pare sia stata la fidanzata di questo imprenditore cinquantenne. Stando a quando apprendiamo da FanPage, infatti, la storia tra la giovane e l’uomo in questione è iniziata un po’ di tempo fa. Pare siano andati a convivere quasi subito e, sempre da quanto dichiara la vittima, sembra che lui l’abbia manipolata. La venticinquenne dice di aver subito violenze psicologiche e che questa persona l’abbia anche fatta allontanare da amici e famiglia. Inoltre, pare che l’abbia incitata ad abbandonare l’università.

Quando l’imprenditore cinquantenne di Frosinone ha saputo della gravidanza della venticinquenne ha dato di matto. Ha deciso, infatti, di cacciarla di casa e di licenziarla. Dopo questo ennesimo atto di violenza e discriminazione la ragazza ha deciso di andare alla Polizia e di raccontare tutto. Pare che sia stato chiesto anche l’intervento del “Telefono rosa”, che ha provveduto a far reintegrare la giovane a lavoro. Nel mentre, apprendiamo che la donna stia avviando le pratiche per il disconoscimento della paternità. Anche perché, stando al racconto della vittima, l’uomo non aveva alcuna intenzione di avere un figlio da lei.

Ma quali diritti e parità: donna rimane incinta del datore di lavoro e viene licenziata

Dopo questo racconto che non dovrebbe esistere nel 2023 in uno Stato che si dichiara civile e non misogino, la domanda sorge spontanea: ci siamo già dimenticati dell’8 marzo e della Giornata Internazionale della donna? Appena una settimana fa, infatti, è stata la Festa della donna e si è parlato molto di parità di diritti. Ecco, tutto questo ci dimostra quanto sia ancora difficile essere una donna in Italia nel 2023 e quanto la strada da fare sia ancora lunga. Licenziare una donna perché aspetta un bambino, non darle lo stesso stipendio a parità di mansione di un uomo e/o trattarla diversamente sono tutti segnali e campanelli d’allarme.

Le violenza di genere, le discriminazioni e la misoginia non si combattono solo con le belle parole, per altro pronunciate solo l’otto marzo e poi chi si è visto si è visto. Servono anche gesti concreti e reali che facciano capire da che parte intende schierarsi lo Stato.

 

 

Fonte immagine copertina e notizia: FanPage

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