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Discriminazioni lavorative nei confronti delle persone trans e non binarie: i dati parlano chiaro. A comunicarcelo sono l’ISTAT e l’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali. Ma vediamo di più insieme.
Discriminazioni in Italia: gli ultimi dati
Questa non è la prima indagine congiunta dei due enti. Infatti, sul tema delle discriminazioni, si tratta della terza raccolta dati. Il progetto originario fu definito e avviato nel 2018, e viene tutt’ora ampliato. L’ultima ricerca risale al 20 Dicembre 2024, e comprende gli studi sull’anno precedente. L’approfondimento è stato studiato per evidenziare le discriminazioni legate all’identità di genere. Principalmente in ambito lavorativo, ma anche in altri contesti di vita. Il campione preso ad esame è composto solamente da volontari che hanno interagito con il questionario.
Chi ha risposto ai questionari
L’indagine sulle discriminazioni è passata da diversi canali di comunicazione, tra cui associazioni e singoli individui. Ha visto coinvolte ovviamente persone più pratiche con le tecnologie, quindi prettamente giovani con medio/alti livelli d’istruzione. Dato fondamentale: ognuno ha potuto autoidentificarsi. Una cosa che in Italia è quasi impossibile se non introvabile. Si è registrato sì il sesso alla nascita, ma anche l’identità di genere del singolo. Si sono così presentati 630 candidati, tra cui quasi la metà non binari, circa il 34% di uomini trans e il 19% di donne trans.
Come hanno evidenziato le discriminazioni
Le domande erano molto variegate. Dal contesto socio-demografico al background famigliare e il proprio coming out. A seguire i percorsi di affermazione di genere e la reazione della famiglia. Seguitano le condizioni lavorative, le discriminazioni subite, micro-aggressioni e così via. C’è stato modo anche di segnalare discriminazioni subite in altri contesti per via della propria identità di genere. A chiudere il questionario il rapporto con la comunità LGBTQIA+, le associazioni o le iniziative a favore.
Una panoramica generale
Ma quali sono, quindi, questi famosi dati? Troviamo il 66% delle persone trans e non binarie discriminate a scuola o università per la propria identità. Una persona su due ha trovato ostilità nella ricerca di lavoro. Quasi la metà, il 46%, non si è presentata al colloquio o non ha proprio fatto domanda per via della propria identità di genere. Il 40%, infine, ha subito fenomeni discriminatori sia negli ultimi che negli attuali posti di lavoro. Il 37% ha dichiarato anche di percepire un clima ostile. Otto persone su dieci hanno subito una micro-aggressione. Il 57% considera la propria identità uno svantaggio nella vita lavorativa.
Le vittime di queste discriminazioni
E chi sono invece i discriminati del caso? Il 75% sono giovani dai 18 ai 34 anni, tipicamente uomini trans o persone non binarie. Generalmente il titolo più quotato è la laurea, con un 45% dei partecipanti, anche se per gli uomini trans questo dato scende a 33%. Circa la metà partecipa attivamente e con continuità ad eventi e associazioni LGBTQIA+, anche se il 20% non l’ha mai fatto, un altro 20% lo faceva in passato, e il 7% ha preferito non rispondere. Quasi la totalità ha la cittadinanza italiana, con il 49% residenti del Nord o in grandi centri. Una persona su quattro vive con la propria famiglia, mentre le donne trans generalmente da sole. Meno del 20% convive con il proprio partner, e una quota similare con dei coinquilini. Il 30% non ha molte risorse economiche, il 6% insufficienti.
Cosa fanno e come vivono
Delle persone analizzate il 65% lavora, il 20% lo faceva in passato. Il 14%, invece, non l’ha mai fatto, generalmente per studiare o seguire corsi di formazione. Anche se, per il 30%, si tratta di cercarlo e non trovarlo affatto. Parliamo tipicamente di dipendenti, soprattutto tra gli uomini trans. Nell’80% in azienda, in circa la metà dei casi anche con una posizione stabile. Le persone non binarie, invece, si affacciano più ad occupazioni indipendenti, come prestazioni occasionali e libere professioni. In generale, inoltre, sono del settore terziario, come ristorazione, istruzione e formazione. Quasi il 30% si affaccia alla vendita al pubblico o al servizio alle persone.
Di più sulle discriminazioni in Italia
Quindi dove avvengono esattamente le discriminazioni, e come? Tipicamente in discorsi quali carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento, o reddito e retribuzione. Questo nel 57% dei casi. Maggiormente colpite le persone non binarie, i più giovani o comunque chi ha risorse economiche scarse o insufficienti. In più questo accade principalmente nei casi in cui la propria identità di genere era visibile o riconoscibile per altri. Molti hanno avuto problemi con colleghi, superiori o subordinati, come anche clienti o altre persone. Come? Rivelando ad altri la propria identità senza consenso, ad esempio. È uno dei casi più diffusi tra uomini trans. Solo il 64% ha avuto supporto da altri colleghi.
Le conseguenze di queste azioni
Cos’ha comportato tutto ciò? Che per paura di subire discriminazioni quasi il 70% ha evitato di parlare della propria vita, soprattutto le persone non binarie. Il 53% non mostrava nemmeno delle foto. Al 44% è capitato di dover apparire diversamente. Cambiare capelli, trucco, modo di vestire, o anche utilizzando un bagno non adeguato. Il 35% ha addirittura provato ad abituarsi a un diverso timbro di voce o modi di fare. Nonostante tutte le precauzioni, però, il 40% ha subito almeno un evento discriminatorio, soprattutto le donne trans. Molti non hanno ottenuto promozioni o avanzamenti di carriera. Si sono adeguati a retribuzioni inferiori. I loro congedi sono stati rifiutati, o per timore nemmeno presentati. Mancati contratti rinnovati, o passaggi ad indeterminati. Niente cassa integrazione, licenziamenti immotivati, o costrizione a dare le dimissioni. Ad alcuni sono stati affidati compiti meno importanti.
Discriminazioni: da chi, per chi, perché
E in molti di questi casi non si è fatto nulla. Anzi, quasi sette persone su dieci non hanno intrapreso alcuna azione. E hanno dovuto subire anche un clima ostile o un’aggressione nel proprio ambiente di lavoro. Generalmente persone non binarie, donne trans o i meno giovani. Discriminazioni più gettonate sono le umiliazioni, calunnie e derisioni. Seguono minacce in forma verbale o scritta, molestie sessuali, esclusioni o privazioni di compiti. A chiudere il cerchio controlli disciplinari immotivati. Nella metà dei casi tutto questo era ancora in atto durante i test. Molto spesso viene da colleghi di pari grado e superiori. Ma non conta solo la propria identità di genere; anzi, in alcuni casi si è trattato dell’aspetto esteriore. Solo il 22% ha cercato di risolvere il clima dialogando con i responsabili.
Altre forme di violenza subite
Non sono mancate le micro-aggressioni. Tipicamente l’utilizzo di pronomi errati per sette casi su dieci. Nel 56% dei casi invece battute offensive o allusive alla comunità trans. Il 50% ha dichiarato che il proprio nome anagrafico è stato usato senza consenso. La misura minore è del 45%, altissima, e riguarda domande invasive sulla propria storia. Le persone non binarie hanno anche segnalato l’essere chiamati con termini dispregiativi, o non avere la possibilità di usare il bagno o spogliatoio più adatto. Seguono scritte, manifesti, adesivi e volantini contro le persone trans e non binarie. Il 76% ha subito più di uno di questa tipologia di discriminazioni.
Le discriminazioni continuano anche al di fuori del lavoro
Anche a scuola e in università il clima ostile non si placa, e le discriminazioni continuano. Più colpite le donne trans, le persone con un livello d’istruzione minore e dal reddito basso. Segnalano di essere stati offesi, presi in giro, trattati male, ridicolizzati nel 56% dei casi. Molti sono stati emarginati, isolati, tenuti in disparte, sfavoriti agli esami o alle interrogazioni. In oltre la metà dei casi tutto questo è successo al liceo, nel 36% in università. Quasi tutti i responsabili erano compagni di scuola o studenti, ma il 45% ha subito discriminazione da insegnanti e docenti. Altri motivi per motivare gli attacchi sono stati l’aspetto esteriore, l’orientamento sessuale o il proprio carattere. Solo il 22% usava o usa la carriera alias. In molti casi non esisteva, non ne erano a conoscenza, non possedevano una diagnosi di disforia per accedere alla pratica.
E nella vita privata
E in altri contesti invece che succede? Che queste discriminazioni portano a conseguenze gravi. Molti si sono dovuti trasferire in un altro quartiere, comune o all’estero. E anche in queste situazioni il 19% ha subito una discriminazione alla ricerca di una casa. Il 42% ha dichiarato che la situazione è identica in uffici pubblici, mezzi di trasporto, negozi o locali. Il 43% ha subito discriminazioni da parte di medici, infermieri o personale socio sanitario. Una persona su tre ha subito minacce, soprattutto donne trans. Si aggiungono le offese via web come fenomeno maggioritario.
Come si combattono le discriminazioni?
Cosa si può fare, quindi, a questo punto per combattere le discriminazioni? Parlare, informarsi, e fare prevenzione. Un clima così tossico e violento si può contrastare solo con la giusta educazione sessuale ed affettiva. Una cosa che per questo Paese, attualmente, è inaccettabile. Nonostante sia più della metà dei cittadini a richiederlo è sempre un passo di troppo. Nel frattempo le persone vengono aggredite psicologicamente, verbalmente e fisicamente. Eppure nessuno vuole alzare un dito.
I dati parlano chiaro. Dovremmo agire, è già troppo tardi.
Aeden Russo
Fonte: ISTAT
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