“Maternità” in Italia? Non si hanno alternative. Perché le parole quali genitorialità e paternità non vanno di moda. Ecco come il caso del ragazzo trans gestante di un bambino ha scosso l’Italia.
Maternità per la società, paternità nella realtà
I media italiani non sono abituati all’idea che un uomo possa essere in paternità. Questa è la storia di Marco (nome fittizio), un ragazzo trans che porta in grembo un bambino. Data la sua terapia ormonale, Marco non si è accorto di star iniziando la gestazione di suo figlio. Ma l’Italia, al posto di aiutarlo nella sua genitorialità, ha deciso di essergli contro. E, nella confusione delle leggi presenti, a lasciarlo solo in questo. E a vessarlo con termini quali “donna”, “in maternità” e simili.
Possibile mai che siamo così retrogradi?
Marco al momento è in attesa da 5 mesi. Questo ha generato nella politica e nella sanità italiana un caso senza precedenti. Ma perché? Eppure le persone trans non sono escluse dal rimanere in attesa di un bambino. Questa cosa, però, non è divulgata correttamente, né dai reparti sanitari né dai media italiani. Adesso ci ritroviamo a gettare le basi su nuovi precedenti: un uomo ha bisogno di accedere a cure che non gli sono previste. Perché? Perché non si parla di maternità, è chiaro.
Maternità coperta, paternità nel buio
Per chi conosce la legge sanitaria, gli uomini non sono -giustamente?, coperti per diverse cure. Parliamo di ginecologia e campi annessi ad esso. Perché un uomo dovrebbe farsi controllare l’utero, no? Ebbene, a quanto pare la sanità ha dimenticato un piccolo particolare: esistono persone, come Marco, che ne necessitano. Dovrebbero essere coperte dalla sanità per ricevere la giusta assistenza. Invece ci troviamo a brancolare nel buio. Perché se fosse stata una donna in maternità sarebbe stato tutto più semplice.
La confusione per questo futuro genitore
Marco, ragazzo romano, ha scoperto di aspettare un bambino poco prima di ricevere la sua isterectomia. Ad un passo dalla realizzazione di parte del suo iter di transizione personale, ecco il grave problema. Avendo rettificato i documenti, le complicazioni legali sono diverse. Non può accedere all’ivg (interruzione volontaria della gravidanza), e non è chiaro come sarà segnalato sull’atto di nascita di questo bambino. Non parliamo di una donna in maternità, ma di un padre gestante di suo figlio. Cosa accadrà?
Fosse stato un caso di maternità si sarebbe agito diversamente
Ma le complicazioni non finiscono qui: gli attende un percorso poco chiaro anche a livello di salute. Assumendo una terapia ormonale sostitutiva, i medici si ritrovano impreparati sul suo stato di salute e quello del feto. È il primo caso italiano a raggiungere i media, e si vede. Il misgendering e la disinformazione che stanno toccando quest’argomento non solo sono pericolosi, ma causano inutile allarmismo e curiosità malevola. Tutto questo perché la gravidanza è solamente associata alla maternità in Italia.
Queste sono affermazioni che uccidono
Lucio Malan, senatore di Fratelli d’Italia, ha usato questo caso per aizzare le sue posizioni altamente dannose. Riferendosi al povero Marco, ha dichiarato che stiamo “celebrando la mutilazione del corpo femminile”. Ma quale corpo? Parliamo di un ragazzo, per il quale probabilmente nessun esperto sanitario ha saputo agire sulla situazione. E perché definirlo una donna? Perché in paternità? Un gravissimo sbaglio da parte del senatore, che aggrava ancor di più la situazione. Vorrei vedere il buon vecchio Lucio in maternità.
Non siamo un caso d’epidemia
Ed ecco che per i media italiani di colpo siamo di fronte ad un’epidemia trans. Ma siamo seri? La popolazione che non s’identifica con il sesso assegnato dalla nascita è meno dell’1%. Parliamo del 0,7% della popolazione, a stento 400.000 individui. Non siamo per niente a livelli di un’isteria collettiva, cosa che invece succede nei casi di posizioni anti-gender. Non si dovrebbe parlare di contrarietà alle terapie ormonali, piuttosto di gettare basi legali e sanitarie solide per proteggere questi futuri genitori. Maternità, paternità o genitorialità che sia.
Non parlate di Marco in maternità
Ma complice di questa vera disinformazione è il linguaggio che troviamo nei media. Possibile mai che un uomo debba essere definito “futura mamma” solo perché porta in grembo un bambino? È inaccettabile che, per la società media italiana, un ragazzo non possa essere gestante di una vita. La genitorialità trans esiste, fatevene una ragione e una cultura al riguardo. Non è esclusiva della maternità, è comune a molte più persone.
La legge parla chiaro
È dal 1982 che la transizione è legale in Italia, ma è da molto tempo che questa legge è inadatta. Lo difendono diversi attivisti LGBTQIA+, compreso me. Sono più di 40 anni che la nostra identità è riconosciuta legalmente, ma ha diverse falle nel sistema. E, al posto di migliorare le nostre condizioni, siamo ancora qui a discutere sulla sua legittimità, politica e morale, come se avessi bisogno di un passe-partout per esistere. Ma per lo Stato, i media e la società odierna, se aspettassi un figlio sarei anch’io in maternità.
Ma la legge parla ancora poco chiaro
La legge 164 del 14 Aprile 1982 ci permette di rettificare a livello giuridico la nostra anagrafe, seguendo il giusto percorso. Già abbiamo ottenuto diversi segnali di cambiamento, in primis rendendo questa rettifica possibile anche senza procedure mediche invasive obbligatorie. Per lo Stato si tratta di una necessità irrevocabile per il bisogno psico-fisico della persona trans. Cosa c’è di così difficile da comprendere? Ma combattiamo invece ancora sul significato di “maternità”, molto più importante la semantica.
Lottiamo per i nostri diritti umani
Da anni, diversi attivisti LGBTQIA+ combattono per l’autodeterminazione di questo percorso. Basta diagnosi di disforia come se fosse una patologia, basta percorsi medicalizzati per agevolare la procedura. Una semplice rettifica all’anagrafe, diretta e facilmente accessibile, così come accade in Svizzera. Un iter senza precedenti, dalla durata di 20 minuti circa. In Italia? Dai 2 ai 5 anni, solitamente. Più o meno il tempo che serve al bigotto di turno per capire che la maternità non è una condizione di un uomo trans.
Nessuno ha ancora a cuore il nostro bene
In nove paesi europei si parla ancora di sterilizzazione per ottenere la rettifica. Nel 2017 la Corte europea l’ha dichiarato violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani. Peccato che questa mossa non li abbia fermati. Questo, però, significa anche che una gravidanza non solo è una possibilità, ma dovrebbe essere tutelata. E in molti ragazzi trans non sanno che la terapia ormonale sostitutiva non è un metodo anticoncezionale, ma abbassa solamente il tasso di fertilità della persona.
Cosa dicono del caso
È vero che come dice Jennifer Guerra, giornalista professionista: “L’esistenza delle persone trans non dovrebbe essere una notizia né tantomeno un argomento di dibattito. Quello di cui andrebbe discusso, se mai, è la palese impreparazione di fronte a un caso come il suo, la tutela della salute delle persone trans e l’educazione sessuale“. Aggiunge Josephine Yole Signorelli, in arte Fumettibrutti: “Il caso di Marco fa scoprire quanto le strutture, come la società stessa, siano impreparate alle vite transgender, non previste”.
È tempo che lo Stato assuma le sue responsabilità, varando leggi e piani nel prossimo futuro per l’informazione, la tutela e la salvaguardia delle persone transgender, la loro genitorialità e la loro esistenza.
Aeden Russo
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