
Aggressione transfobica a Roma: tre donne trans picchiate tra le risate dei passanti. Ecco come iniziamo questo Pride Month nell’indifferenza di tutti. Ma vediamo di più insieme.
Aggressione transfobica: la notte buia di Roma
Nel cuore della capitale, mentre altrove s’iniziavano le celebrazioni del Pride, tre donne trans erano vittime di un’aggressione transfobica brutale e vigliacca. È successo nella notte tra il 31 Maggio e il 1 Giugno, in Viale delle Provincie, zona frequentata, viva, universitaria. Un branco di dieci uomini le ha accerchiate, insultate, picchiate a calci e pugni, per poi rapinarle. A due passi il locale Imperatrice, dove le tre avevano appena finito di trascorrere la loro serata. Tutto questo solo perché trans. A rendere ancora più inquietante l’accaduto è la reazione – o meglio, la non-reazione – di chi era presente: si rideva, si filmava, nessuno è intervenuto. Un’aggressione transfobica che dimostra quanto ancora ci sia da fare, soprattutto sul fronte culturale.
Un episodio che non è un caso isolato
Quella vissuta a Roma non è stata una “brutta serata”, né un caso eccezionale. È solo l’ultima tappa di una lunga scia di violenze che colpiscono le persone trans, troppo spesso ignorate dai media mainstream. Tra le vittime di questa aggressione, c’è una donna trans già presa di mira in passato: lo scorso anno era stata aggredita alla Festa del Vino di Castiglione in Teverina assieme ad un’amica. Coincidenze? No. È la dimostrazione che l’aggressione transfobica è un fenomeno sistemico, radicato nella nostra società. Serve uno sguardo nuovo, più attento e soprattutto più umano, su ciò che accade intorno alla comunità LGBTQIA+ ogni giorno.
Aggressione transfobica: la denuncia che rompe il silenzio
Dopo le botte, le ferite e la paura, le tre donne trans hanno fatto ciò che molti non avrebbero avuto il coraggio di fare: hanno denunciato. Hanno raccontato, hanno riconosciuto alcuni dei loro aggressori, giovani italiani, tre già noti alla polizia. E no, non erano “gli stranieri” o “i soliti sospetti”: anzi, i buttafuori del locale – le due persone nere identificate inizialmente – hanno cercato di fermare tutto e poi hanno soccorso le vittime. Un’aggressione transfobica, dunque, che rivela anche quanto le narrazioni tossiche sui social vadano smontate subito, con i fatti. La denuncia è solo l’inizio: serve giustizia, e serve presto.
La cultura dell’odio cresce nel silenzio
Ciò che fa più male, forse, non sono nemmeno i calci o le botte. È il silenzio. È l’indifferenza. È il fatto che in quella strada, nessuno abbia mosso un dito. Che si sia scelto di ridere, filmare, postare. Ecco cosa rende un’aggressione transfobica ancora più devastante: l’idea che sia normale, che “succede”, che non riguardi tutti. Ma riguarda tutti, eccome. Perché se accettiamo l’indifferenza, allora diventiamo complici. La cultura dell’odio si nutre anche di chi guarda e tace. Spezzare questo meccanismo tossico è un dovere collettivo, non solo una questione di principio. Roberta Parigiani, avvocata, attivista trans e portavoce del MIT – Movimento identità trans, ha pubblicamente denunciato l’accaduto.
Aggressione transfobica: Pride e contraddizioni italiane
È assurdo che nello stesso momento in cui si aprono le parate arcobaleno in tutta Italia, ci sia chi viene massacrato di botte solo per esistere. L’aggressione transfobica avvenuta a Roma è una macchia sulla coscienza di tutti, e dovrebbe essere discussa tanto quanto le celebrazioni del Pride. Perché il Pride nasce da episodi simili, da violenze che non devono più accadere. Eppure accadono ancora. Non si può parlare di diritti LGBTQIA+ se non si affronta con serietà la questione della violenza sistemica. E finché certe identità resteranno un bersaglio facile, non ci sarà vera parità.
Serve una risposta concreta e collettiva
Quanto successo in Viale delle Provincie deve spingerci a riflettere, ma anche ad agire. Non basta indignarsi un giorno sui social per poi dimenticare tutto. Serve pressione pubblica, serve educazione, serve una riforma vera contro i crimini d’odio. L’aggressione transfobica di Roma è solo la punta di un iceberg fatto di micro-aggressioni quotidiane, di discriminazioni, di invisibilità. Ogni volta che una persona trans viene picchiata o umiliata, viene lanciato un messaggio preciso: che la sua esistenza dà fastidio. Ma noi dobbiamo rispondere insieme, con fermezza, per dire che la violenza non sarà mai la risposta.
Insulti omotransfobici, violenza fisica. Tutto contro un’identità di genere e un orientamento sessuale. Cosa passa nella mente di questi individui? E perché dobbiamo sempre pagarne noi le conseguenze?
Aeden Russo
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