
Trans? Come esserlo renda una notizia scandalosa. Una donna è stata quasi uccisa a coltellate in provincia di Avellino. Ma tutto ciò che fa scalpore non è l’aggressione, ma la sua identità e il suo lavoro. Vediamone di più insieme, a partire dalla 36enne accoltellata fino alla morte di Sara Millerey González.
Se sei trans sappi che la tua identità servirà a fare notizia
Se ne leggono di tutti i colori su Internet appena si effettua la ricerca. Ogni testata giornalistica non preferisce parlare della gravità del gesto in sé. No, meglio focalizzarsi sui dettagli che fanno scalpore. Su di una narrazione scandalistica, che ridicolizza il gesto come se fosse uscito da una soap opera. O una serie di gialli di basso conto. Di moda il misgendering (utilizzare i pronomi sbagliati riferendosi ad una persona), la sua identità e il suo lavoro. “Un trans”, “Va con una trans”, “l’incontro hot finisce”. Così si parla della giovane 36enne accoltellata lo scorso mese in provincia di Avellino, in Campania. Ancora oggi non si hanno ulteriori notizie sulle sue condizioni, finita in prognosi riservata.
Eppure di te non si saprà niente alla stessa maniera
Della donna si conosce poco e nulla. Se non che ha origini brasiliane, che aveva dato appuntamento a Torchiati ad un uomo di 46, e che è rimasta gravemente ferita. Ma la vera coltellata alle spalle non l’ha ricevuta da lui. Ma da tutta la narrazione che i media italiani hanno avanzato e promosso. Non solo la sua identità non viene riconosciuta, ma affibbiata come un mero aggettivo. Per di più nessuno si è assicurato di darle del femminile, riconoscendola come una persona che non è. Non solo finisci in codice rosso in ospedale, ma ti devi anche preoccupare che il Paese in cui vivi giudichi le tue scelte di vita professionali. Perché questo brutale attacco è solo uno spettacolo. L’ennesimo racconto di violenza trans che prosegue nelle parole di chi lo riporta.
Importava solo l’essere trans. Se sei viva o morta no
Ancora oggi io non so il nome di questa donna, come nemmeno le sue condizioni. Ma, perlomeno, il suo aggressore è in misura cautelare per ordine del gip del tribunale di Avellino. L’accusa è di tentato omicidio. Posso solo ipotizzare che l’unica versione dei fatti fornita sia la sua. L’indagato avrebbe risposto a tutte le domande e ricostruito la lite che l’ha coinvolto quel Sabato, fino a ferire la donna trans che l’aveva accompagnato quella sera. Sotto sequestro anche la possibile arma utilizzata dall’aggressore: un coltello da cucina. Da inizio mese tutto ciò che si sa sulle condizioni della donna è che è stata sottoposta a un intervento chirurgico d’urgenza e, fortunatamente, non sembra essere in pericolo di vita.
Per commentare ne abbiamo eccome di tempo
Cosa si legge online nel commentare questa notizia? Risposte del tipo: “Ha fatto bene ogni tanto lo meritano”. Che cosa, di finire in ospedale perché trans? Ma veramente vogliamo vivere in questo mondo? Chi vorrebbe che veramente una persona finisca operata d’urgenza, e ricoverata nel reparto Chirurgia Toracica? Si legge ancora: “Avranno litigato per chi doveva prendere il cetriolo”. Perché si deve ridicolizzare un’aggressione brutale? L’uomo è stato così vigliacco da colpire una donna alle spalle pur di non vederla. Ma vi rendete conto della gravità del gesto? Ma avreste avuto da ridire anche se si fosse trattato di una donna cis. Perché se la sarebbe cercata anche in quel caso.
Le persone trans vengono colpite, le associazioni stanno in silenzio
Dell’attacco non ritrovo nessun commento da parte delle associazioni LGBTQIA+ del territorio campano. Eppure si scriveva questo nella Giornata Mondiale della Visibilità Transgender, solo un giorno dopo l’aggressione. “Le persone trans e non binarie sono tra le più esposte al mondo. In un momento storico segnato da conflitti globali preoccupanti e dall’ascesa di politiche fasciste che negano e opprimono, diventa cruciale dedicare una giornata alla comunità trans e non binaria. Attraverso azioni di sensibilizzazione, momenti di aggregazione e politiche che celebrano le libertà, possiamo evidenziare l’urgenza di difendere e promuovere una controffensiva di liberazione”. Dove siete quando le persone trans hanno bisogno del vostro sostegno mediatico?
Ma iniziamo a vedere dove inizia la transfobia
In un mondo politico e sociale dove la cronaca LGBTQIA+ non ha rilevanza, ma serve solo per fare rumore nel modo sbagliato, avremmo bisogno sempre più di alleati. Invece ci ritroviamo nella condizione in cui è meglio essere squalificati che scendere in campo in uno sport agonistico contro una donna trans. È successo lo stesso giorno dell’aggressione. Stephanie Turner stava partecipando a un torneo regionale. In video si vede lei inginocchiarsi in segno di protesta prima del suo incontro con l’avversaria. Le è stato mostrato un cartellino nero da un ufficiale ed è stata squalificata per il resto del torneo. Ricorda molto la vicenda Imane Khelif, che dopo l’oro a Parigi 2024 non potrà partecipare ai Campionati del mondo in Serbia perché non soddisfa i criteri di idoneità a causa di livelli di testosterone troppo alto.
E quanto problema fa l’essere trans o LGBTQIA+ in Italia
Ma non si tratta semplicemente di protesta, o in questo caso di discriminazione bella e buona. Si leggevano per strada solo poco tempo fa questi messaggi: “Oggi a scuola un attivista LGBT ha spiegato come cambiare sesso – Giulio, 13 anni”. “Oggi a scuola ci hanno letto una favola in cui la principessa era un uomo – Anna, 8 anni”. “La mia scuola ha permesso anche ai maschi di usare i bagni delle femmine – Matilde, 16 anni”. Messaggi disinformati, accompagnati dai volti di bambini e adolescenti inconsapevoli, che promuovevano quelli di Pro Vita & Famiglia. Tutto il teatrino per chiedere una legge che impedisca lo svolgimento di qualsiasi progetto sulla fluidità di genere in aula, il consenso informato preventivo dei genitori su ogni attività sensibile, la possibilità per le famiglie di poter esonerare i propri figli dai corsi d’informazione sulle realtà gender e infine lo stop agli attivisti LGBTQIA+ nelle scuole.
Prendiamo a modello i Paesi giusti, mi raccomando
Viktor Orban ed il suo partito di destra, Fidesz, hanno approvato, con 140 voti a favore e 21 contrari, l’emendamento che impone l’immediato divieto a tutti gli eventi Pride. Ma non solo: le autorità possono usare software di riconoscimento facciale per identificare i partecipanti e potenzialmente multarli. Tutto a nome dello sviluppo fisico, mentale e morale dei bambini. E non finisce qui: sancisce anche il riconoscimento di soli due sessi, fornendo una base costituzionale per negare l’identità di genere. E ricordiamo che Giorgia Meloni esalta il modello politico e sociale rappresentato dall’Ungheria di Orban. Come anche Matteo Salvini. E che probabilmente la comunità LGBTQIA+ italiana, e in particolare quella trans, dovrà affrontare le medesime sfide.
E seguiamo le politiche estere britanniche sulla comunità trans
Andiamo anche in Gran Bretagna per una notizia di poco tempo fa. La decisione della Corte, che ha scosso profondamente il panorama dei diritti delle persone trans nel Regno Unito e in Europa, implica che, ai fini della legge sulla parità, il termine “donna” si riferisce esclusivamente alle persone nate biologicamente di sesso femminile. Di conseguenza, le persone transgender, pur avendo ottenuto il riconoscimento legale del loro genere attraverso il GRC, non avranno il diritto di essere trattate come donne in ambiti coperti dalla legislazione sulla parità e di godere delle tutele specificamente previste per chi è nato biologicamente donna. Un notevole passo in dietro nella lotta per i pari diritti. E una lieta notizia per J. K. Rowling, che festeggia beatamente con un sigaro e un drink al tramonto.
Ne abbiamo parlato qui: Regno Unito: secondo la Corte Suprema le donne trans non si possono più considerare donne
E se mai veniste uccis* brutalmente facciamolo diventare virale sui social
Ci escludono dalle competizioni, rifiutandosi persino di affrontare sfide agonistiche. Parlano di noi con retoriche pericolose e ricche di odio, usando l’immagine di bambini innocenti. Ci tappano la bocca e non ci permettono di scendere nelle piazze. Non ci riconoscono legalmente per chi siamo. E infine ci aggrediscono e uccidono. Lo scorso lunedì 7 Aprile una donna trans di 32 anni, Sara Millerey González, è stata gettata nel fiume Playa Rica ad Antioquia, in Colombia, dopo essere stata vittima di una brutale aggressione. Abbandonata crudelmente e lasciata annegare dopo che i malviventi l’hanno picchiata senza pietà, fratturandole braccia e gambe. Mentre Sara lottava i passanti, invece di aiutarla, hanno ripreso la tragica scena e l’hanno poi postata.
Dove stiamo andando a finire. E cosa ne sarà del nostro futuro? Su questo non c’è dato a sapere. Rimane solo una fortissima rabbia, delusione e senso d’impotenza.
Aeden Russo
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