La notizia delle parole di Papa Francesco è rimbalzata in moltissimi giornali nell’ultima settimana. Si tratta di un’intervista rilasciata ad Associated Press dove gli è stato chiesto di rispondere in merito ai Paesi dove l’omosessualità è ancora criminalizzata. A conti fatti sono 67 gli Stati che attualmente criminalizzano l’omosessualità e in 11 ancora è prevista la pena di morte. La risposta di Papa Francesco è stata chiara: essere gay non è un crimine… MA è peccato. Passo avanti? Passo indietro? Proviamo a ragionarci.
L’universalità delle parole di Papa Francesco
Dal nostro punto di vista, ovvero quello di europei che vivono in Paesi dove l’omosessualità non è un crimine da diversi anni, che hanno ottenuto già una serie di diritti per le persone LGBT+, dire che essere omosessuali non è un crimine è proprio un’enorme banalità. L’abbiamo capito già da moltissimo tempo, fortunatamente, e quindi un messaggio di questo tipo potrebbe sembrare banale e scontato.
Dobbiamo però ricordarci che le parole del Papa non sono rivolte solo e unicamente al nostro contesto europeo, ma sono rivolte universalmente in tutto il mondo. Esistono ancora diversi Paesi in cui essere omosessuali è reato. Sono 67 secondo l’organizzazione Human Dignity Trust. Il messaggio di Papa Francesco è decisamente utile visto dagli occhi di chi vive in quel tipo di contesto, che è certamente diverso dal nostro. È chiaro che la nostra principale reazione è “grazie al c*zz*”, ma lo stesso non si può dire per la persona gay che vive in un Paese dove viene punita con la pena di morte.
Non è l’emblema del progressismo
Riconoscere l’importanza di un messaggio di questo tipo, soprattutto in contesti molto diversi dai nostri NON significa eleggere Papa Francesco a icona del progressismo. La sua visione comunque è chiara: essere omosessuali è peccato. Per quanto comunque la Bibbia sia un testo sacro che viene interpretato e soprattutto che sia stato interpretato in maniera anche diversa nel tempo, l’interpretazione su questo tema è sempre la stessa. Quindi? Quindi non è di certo necessario il benestare del Papa per evitare le discriminazioni e la mancanza di diritti.
Da persona della comunità LGBT+ mi interessa fino ad un certo punto che tutte le persone al mondo considerino per forza il mio orientamento sessuale come qualcosa di giusto, se per la loro religione è sbagliato. Mi interessa però che non mi impongano chi devo essere solo perché LORO credono in qualcosa di diverso. Vorrei che non ostacolassero i miei diritti perché così dice la LORO religione (o autorità religiose), che mi lascino vivere una vita serena senza ostacolarmi semplicemente per chi sono. Basterebbe anche solo questo.
Se ritieni che essere omosessuale sia peccato, semplicemente non avere rapporti o relazioni con persone del tuo stesso sesso e non pretendere di dover decidere anche per gli altri. Discorso diverso invece può essere per le persone della comunità LGBT+ che sono allo stesso tempo anche cattoliche (ed europee), per le quali il fatto di ribadire che sia un peccato può avere decisamente un peso diverso, che di certo non è l’emblema del progressismo.
Fonti: Human dignity trust; Il Post
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