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Ma cosa ci dice l’inconscio?

“Attraverso l’orgoglio inganniamo noi stessi. Dalla superficie della coscienza media emerge una piccola voce che ci dice che qualcosa non è in sintonia.” Carl Gustav Jung.

Secondo il padre della psicoanalisi, poco importa quello che sventoliamo. C’è una voce nel profondo della nostra anima, ferita e segnata, che non smette mai di ripeterci quello di cui in realtà ci vergogniamo da sempre. 

In un certo senso, quasi non possiamo fare a meno di alimentare quella vocina interiore perché è quella con cui siamo cresciuti. È la voce di casa. È quella di mamma e papà, della nonna, della famiglia che ha accolto e accudito il bambino che siamo stati. Ma è andata davvero così? Siamo veramente stati accolti e accuditi come meritavamo e avremmo dovuto? O forse qualcosa è andato storto?

Per noi non eterosessuali la crescita e lo sviluppo psicoemotivo non sono stati come per i nostri fratelli o amici eterosessuali. Non che a loro sia andata necessariamente meglio, ma noi abbiamo avuto una difficoltà in più, il nostro orientamento sessuale, con cui abbiamo fatto a cazzotti per un bel po’ e che ci ha profondamente segnati durante la preadolescenza e l’adolescenza. Va da sé che non manchino le conseguenti ripercussioni sulla nostra vita da adulti.

Quel che, sin da piccolissimi, le nostre orecchie hanno sentito sui non eterosessuali è rimasto memorizzato nel nostro software, la nostra mente. Per quanto oggi siamo consapevoli della nostra identità sessuale, dei nostri gusti e delle nostre preferenze, resta scolpita nel nostro inconscio l’equazione omosessuale = sbagliato. Magari abbiamo fatto coming out, abbiamo una relazione, all’apparenza è tutto ok. Eppure in noi c’è qualcosa che ci dice che siamo sbagliati. E non potrebbe essere diversamente. In molti siamo cresciuti con l’idea che un omosessuale non potrà mai essere felice o all’altezza o che non potrà mai arrivare dove arriva un etero, avere quello che ha un etero, vivere in pace come vive un etero.

Le equazioni inculcateci sin da bambini — omosessualità = malattia, vizio, perversione, errore della natura, peccato mortale, ecc. — hanno fatto sì che crescessimo credendo di essere in qualche modo inferiori, difettati, sfigati. Ce ne siamo così profondamente convinti che ancora oggi magari cerchiamo quell’appiglio, quella parola, quel gesto che possa in qualche misura alimentare la convinzione estremamente negativa sui non eterosessuali che gli altri ci hanno trasmesso e che noi abbiamo fatto nostra. Una convinzione ormai calcificata nel nostro inconscio, sebbene siamo (quasi) tutti convinti di essercene liberati.

Siccome pare che sia proprio l’inconscio a gestire addirittura il 90% delle nostre attività mentali (mentre a noi non resterebbe che un banale 10% da gestire in modo consapevole), sarebbe opportuno prendere in seria considerazione le parole di Jung: “Rendi conscio l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino.” Che tradotto in italiano, significa che c’è qualcosa nel profondo della nostra mente che rema contro di noi. Finché non capiamo di cosa si tratta, ci convinceremo di essere semplicemente sfortunati e irreparabilmente condannati all’infelicità.

Alla luce delle parole di Jung, la prossima volta che ti sentirai sbagliato, inadeguato, non all’altezza, tu non crederci. Quello non sei tu. È solo quello che ti hanno fatto credere di essere quando eri troppo piccolo e indifeso per dimostrare il contrario.

Alessandro Cozzolino, life coach