Nella giornata della memoria si ricorda anche l’omocausto.
Oggi, lunedì 27 gennaio, è il Giorno della Memoria per ricordare le vittime dell’atroce follia nazista che, tra il 1938 e il 1945, vide lo sterminio di più di 5 milioni di persone.
Oltre agli ebrei, tra i civili deportati nei campi di concentramento di Germania e Polonia, si contavano anche migliaia di omosessuali.
Senza distinzione alcuna: ragazzi poco più che maggiorenni, uomini e signori di una certa età, vennero strappati dalle loro famiglie per essere portati nei campi di sterminio nazista.
La loro unica colpa era quella di essere gay e di provare attrazione per persone del loro stesso sesso.
In Italia, Mussolini, decise di non deportare tutti gli omosessuali nei campi di concentramento di dominio nazista, ma solo alcuni.
I più “fortunati”, invece, vennero esiliati alle isole Tremiti.
Sull’isola, infatti, c’era la prigione specifica destinata ai “pederesta” (così venivano chiamati i gay in epoca fascista), dove erano costretti a lavori forzati e da dove, inoltre, era impossibile scappare.
In Germania, invece, la situazione fu ben diversa e più tragica.
Tutti gli omosessuali vennero prelevati dalle loro abitazioni e portati in uno dei campi di concentramento.
A meno che non si trattasse di figli dei soldati dell’SS o di persone di spicco della Germania “Bene”.
Secondo quanto viene riportato nel libro “Gli uomini con il triangolo rosa“, i deportati omosessuali, ebbero torture atroci e furono sterminati in poco tempo uno dopo l’altro.
La Giornata della Memoria e il “vizietto” dei soldati.
La biografia di Josef Kohout, uno dei pochissimi omosessuali sopravvissuti allo sterminio nazista, non racconta solo le violenze dei soldati dell’SS.
Ma ha voluto anche confessarne i “vizietti”.
Nel libro, infatti, l’uomo racconta di come molti soldati, soprattutto di grado alto, fossero degli omosessuali repressi.
I soldati sapevano chi tra di loro era omosessuale e chi no, ma tutti tacevano.
Perché? Semplice: non doveva arrivare alle orecchie di Hitler, o a persone molte vicine al “Fuhrer“, che alcuni dei suoi stessi soldati erano gay.
Come racconta Josef, se agli ufficiali dell’SS, un prigioniero omosessuale stava simpatico ed era anche un bel ragazzo, veniva scelto come loro amante.
Essere l’ “amico” di un ufficiale nazista e mantenerne il segreto, comportava dei trattamenti di favore, ad esempio: cibo in più, un letto più comodo, lavori meno faticosi all’interno del campo e, soprattutto, il rimanere in vita.
Pazzesco! Migliaia di persone torturate e poi ammazzate, perché “colpevoli” di essere omosessuali e alla fine, chi le ha uccise, era “colpevole” dello stesso “reato”.
Con la speranza che la Giornata della Memoria possa far riflettere tutti e, in particolar modo, chi ancora discrimina e picchia le persone omosessuali.
Simone D’avolio