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Costretti al silenzio

Questo è un periodo terribile per la comunità LGBT+. Purtroppo, ancora nel 2024, viene negata l’esistenza dell’omotransfobia e non esiste nella legislazione una legge contro di essa. Eppure gli avvenimenti continuano ad accadere.

Pochi giorni fa un ragazzo di 18 anni della provincia di Pisa ha deciso di fare coming out con la sua famiglia. Di questi tempi, fare coming out, diventa un atto di coraggio e lui lo aveva trovato. Eppure, la famiglia non l’ha presa bene: lo ha cacciato di casa. Grazie al cielo, dopo essere stato ascoltato da uno sportello dedicato, un  suo professore ha deciso di ospitarlo a casa propria almeno fino al conseguimento della maturità.

Non sempre però va tutto così “bene”. Purtroppo, ancora troppe persone vengono cacciate di casa perché gay o trans e trovare rifugio non è mai semplice perché, in Italia, le case arcobaleno scarseggiano.

L’ Italia e i “diritti” per la comunità LGBT+

Secondo la Rainbow Europe Map and Index 2023 l’Italia è 34ma su 49 Paesi per la presenza di pratiche legali e politiche che tutelino le persone LGBT+.

I dati, basati sul periodo gennaio-dicembre 2022, hanno considerato 74 criteri suddivisi in 7 categorie tematiche: uguaglianza e non discriminazione, famiglia, crimine d’odio e incitamento all’odio, riconoscimento legale del genere, integrità corporea intersessuale, spazio della società civile e accoglienza.

Inoltre, secondo un indagine del 2022 dell’Istat (su un campione di 1200 persone) è emerso che circa otto persone omosessuali o bisessuali intervistate su dieci hanno sperimentato almeno una forma di micro-aggressione in ambito lavorativo legata all’orientamento sessuale. Per micro-aggressione si intendono brevi interscambi ripetuti che inviano messaggi denigratori ad alcuni individui in quanto facenti parte di un gruppo, insulti sottili diretti alle persone spesso in modo automatico o inconscio.

Nella stessa indagine si dichiara altrettanto che il coming out in ambito lavorativo è diffuso: l’orientamento sessuale dei rispondenti occupati è noto (o era noto per gli ex-occupati) ai colleghi di pari grado nel 78,3% dei casi, seguiti dal datore di lavoro o superiori (64,8%) e dai dipendenti o persone di grado inferiore (55,3%). Tuttavia, sempre nel contesto lavorativo, il 31,2% riporta episodi di svelamento della propria omosessualità da parte di altre persone (outing).

Siamo quindi costretti al silenzio o la gente imparerà a “tollerare” la nostre esistenza come noi tolleriamo certe scempiaggini?

Raph