
Fake news: come la disinformazione danneggia la comunità transgender. E ancora una volta. Non basta la continua propaganda violenta contro questa minoranza. Anche le tragedie sono manipolate per colpire i più deboli. Vediamo come insieme.
Fake news e violenza armata: la verità dietro la manipolazione
Facciamo luce sull’omicidio di Charlie Kirk, il politico recentemente assassinato durante una conferenza per mano di Tyler Robinson. La notizia è stata subito piegata dalla propaganda politica. L’autore della sparatoria era un ragazzo bianco, cisgender, 22 anni, proveniente da una famiglia repubblicana, figlio di un poliziotto e con una passione ossessiva per le armi. Eppure, nonostante queste informazioni fossero chiare fin dall’inizio, la destra ha provato a dipingere il caso come se avesse legami con ambienti progressisti o addirittura con la comunità trans. In questo gioco perverso, un ruolo centrale lo hanno avuto le fake news alimentate da testate che avrebbero dovuto informare, non gettare benzina sul fuoco.
Il caso dei bossoli e la disinformazione mediatica
Secondo un primo articolo del Wall Street Journal, i bossoli rinvenuti sul luogo della sparatoria avrebbero riportato scritte che promuovevano una presunta “ideologia transgender” e simboli antifascisti. Una narrativa pronta a essere cavalcata da chiunque avesse interesse a demonizzare le persone trans. Ma la realtà è un’altra: non esiste nessuna “ideologia trans”, le persone trans semplicemente esistono. Etichettarle come portatrici di un’ideologia è un modo disumanizzante di parlare delle loro vite. Quando la verità è emersa, si è scoperto che quei bossoli riportavano solo meme (ossia battute moderne, tipicamente diffuse tra i giovani) deliranti da internet, tra cui uno con la scritta “Hey fascists, catch”, ossia “Prendete questo fascisti“. Nulla a che fare con trans o antifascismo, ma la fake news era già stata lanciata e amplificata.
Fake news e responsabilità del Wall Street Journal
Il Wall Street Journal ha successivamente modificato il proprio pezzo, ma senza assumersi alcuna responsabilità concreta. Nessuna smentita ufficiale, nessuna scusa, nessuna ammissione di colpa per aver messo in pericolo la comunità trans con un’informazione non verificata. Chi appartiene a una comunità già vulnerabile sa bene quanto sia grave venire associato a episodi di violenza di cui non si ha alcuna responsabilità. E quando lo fa un giornale con una grande autorevolezza internazionale, il danno non è soltanto mediatico: è un danno reale, che mette le persone a rischio. Per questo si è chiesto un atto chiaro: scuse pubbliche in prima pagina e conseguenze per chi ha diffuso quella fake news.
La politica che cavalca l’odio
Non bastava il giornalismo disattento: subito dopo la diffusione della storia è arrivata anche la politica. Nancy Mace, deputata repubblicana, ha deciso di rilanciare questa falsa connessione con la comunità trans e, per non farsi mancare nulla, ha utilizzato in diretta televisiva più volte l’insulto “tranny”, l’equivalente del nostro “travestito“, o comunque la retorica dispregiativa associata. In questo modo ha alimentato ulteriormente un clima di odio, mettendo a rischio la vita di donne trans e di tutta la comunità. È l’ennesimo caso di chi finge di difendere le donne e i loro diritti, ma contemporaneamente protegge uomini potenti accusati di violenze, come Donald Trump. Le fake news diventano così uno strumento utile per distogliere l’attenzione dalle vere responsabilità.
Fake news contro la realtà: l’accesso alle armi
Il cuore del problema rimane sempre lo stesso: l’accesso incontrollato alle armi da parte di giovani uomini bianchi cis. Eppure, invece di affrontare questa realtà scomoda, si preferisce deviare il discorso con false piste e campagne d’odio. Parlare di “ideologia trans” o di “colpevolezza queer” è solo un modo per evitare di guardare in faccia la cultura delle armi e della violenza che attraversa gli Stati Uniti, e non solo loro. La verità è che nessuna persona trans ha avuto un ruolo in questa tragedia. È stato un altro uomo bianco, cresciuto in una cultura tossica, ad avere accesso a un’arma. Ma per i media di destra è più facile fabbricare una fake news piuttosto che discutere seriamente di controllo delle armi.
Il silenzio sulle responsabilità e l’ipocrisia politica
Quello che colpisce in tutta questa vicenda è il silenzio calato sulle responsabilità dirette. La politica repubblicana continua a proteggere figure compromesse e a piangere lacrime di coccodrillo quando conviene. Nancy Mace e altri esponenti hanno usato la vicenda per attaccare le persone trans, fingendo di preoccuparsi delle donne, mentre in realtà difendono un sistema che mette le donne stesse in pericolo. L’ipocrisia è evidente, eppure continua a passare inosservata grazie a un bombardamento costante di fake news che spostano l’attenzione dal problema centrale: uomini violenti con accesso illimitato alle armi.
Fake news e cultura pop: il caso Kristin Chenoweth
Tra i tanti interventi discutibili, è emerso anche quello dell’attrice Kristin Chenoweth, famosa per il musical Wicked. Su di lei abbiamo anche affrontato all’uscita dell’omonimo film lo scorso Novembre, in particolare sul caso delle cristiane ultraconservatrici. Incredibilmente, Chenoweth ha espresso simpatia per il giovane attentatore, descrivendolo quasi come una vittima e parlando di “cielo” e “perdono”. Una presa di posizione che ha indignato moltissimi fan, in gran parte appartenenti alla comunità queer. È assurdo che un’artista con un seguito così radicato tra persone LGBTQIA+ scelga di difendere chi ha espresso odio e violenza contro di loro. Ancora una volta, la narrazione falsa si è infiltrata nella cultura pop, rafforzando l’effetto tossico delle fake news.
Quando la propaganda diventa normalità
Il vero problema di storie come questa è che non restano confinate a un errore giornalistico o a una dichiarazione isolata. Diventano normalità, entrano nel discorso pubblico, influenzano la percezione collettiva. Parlare di una presunta “ideologia trans” legata a una sparatoria è un modo di criminalizzare un’intera comunità già marginalizzata. È un meccanismo vecchio ma sempre efficace: creare un capro espiatorio per non dover affrontare i veri nodi sociali e politici. Le fake news non sono semplici bugie: sono strumenti di potere, capaci di indirizzare paure, voti e politiche. E in questo momento storico assumono un ruolo cruciale e polarizzante: quello di confondere le masse meno informate e facilmente perseguibili con la manipolazione e l’odio.
Conclusione: spostare lo sguardo sul vero problema
Questa vicenda dovrebbe insegnare qualcosa di fondamentale: ogni volta che accade una tragedia legata alla violenza armata, l’attenzione va spostata sulle armi stesse e sulla cultura che le circonda, non su minoranze innocenti. Il ragazzo che ha sparato era bianco, cis, proveniente da una famiglia repubblicana e con una passione per le armi. Non era trans, non era queer, non era progressista. Eppure, grazie a un insieme di media distratti e politici opportunisti, è stata costruita una narrazione completamente diversa. Le fake news hanno ancora una volta vinto sul giornalismo e sulla politica, ma la realtà resta lì, ineludibile: le armi uccidono, e il resto è solo fumo negli occhi.
Il clima d’odio è sempre più palpabile, e la comunità transgender a rischio. Quanto ancora dovremmo essere la risposta per tutto, e guarda caso solo per i cattivi esempi? Smettetela di avere la nostra realtà e identità in bocca nei momenti meno opportuni.
Aeden Russo
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