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La comunità transgender continua a lottare

La comunità transgender continua a lottare: siamo in Romania, dove un uomo trans combatte per riconoscere la sua identità. Le autorità rumene sono l’ostacolo da battere, e a suo sostegno c’è ACCEPT, l’organizzazione rumena per i diritti LGBTQIA+. Vediamolo insieme.

Com’è nato il caso?

Già nel 2021 il caso dell’uomo britannico-rumeno era stato portato in patria. Adesso è di competenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea. Il motivo? S’indaga sulla libera circolazione e sui diritti di cittadinanza ai sensi del diritto dell’UE. Arian Mirzarafie-Ahi, all’epoca, si era trasferito nel Regno Unito da circa 13 anni, ed aveva la cittadinanza dal 2016. Nello stesso anno aveva anche iniziato la sua transizione, come rivela l’organizzazione ACCEPT, in aiuto per il suo caso.

UK vs RO: lo scontro di autorità sull’identità delle persone transgender

Per le autorizzazioni britanniche la sua identità era già riconosciuta, ma parliamo di un Regno Unito all’interno dell’UE. Nel 2021, la Romania ha rifiutato il riconoscimento di nome e cambio identità di genere, obbligandolo a seguire procedure nazionali. “La capacità di Arian di viaggiare liberamente nell’UE, come qualsiasi cittadino dell’UE, è stata ingiustificatamente limitata, compresa la sua capacità di visitare i familiari in Romania, perché il suo passaporto rumeno mostra l’identità sbagliata”, ha dichiarato ACCEPT.

Questo è un precedente pericoloso per le persone transgender

Se il caso andasse a sfavore di Arian, per l’organizzazione creerebbe un ostacolo ripetuto per altre persone transgender. Si rischierebbe di non riconoscere le identità di genere altrove nell’UE, impedendo loro di viaggiare, risiedere, lavorare, studiare e persino votare. Per loro è essenziale che la Corte stabilisca la portabilità di questi diritti legalmente acquisiti. Nonostante il Regno Unito non sia più uno stato membro, oramai i diritti del cittadino sono stati lecitamente acquisiti. C’è bisogno di riconoscerli.

 

Invece la Romania sì che ha precedenti

Nel medesimo periodo del mancato riconoscimento, la Corte europea ha stabilito che i diritti di altre due persone transgender erano stati violati. Non riconoscendo la loro identità, non potevano ottenere gl’interventi chirurgici necessari per la riassegnazione di genere. Un precedente criminale, che metterebbe a rischio la vita di moltissimi. Nonostante ciò, già dal 2001 in Romania l’omosessualità non è un crimine. Eppure parliamo di decenni dopo altre parti dell’UE, vista la sua natura socialmente conservatrice. Al momento, matrimoni ed unioni civili non sono nemmeno ammesse. Parliamo di un paese dove non si poteva studiare sulle identità di genere prima del 2020! Un divieto che è stato annullato dalla Corte costituzionale rumena.

La situazione attuale rumena è critica. Le vite dei nostri coetanei transgender sono a rischio. C’è bisogno d’intervenire, c’è bisogno di lottare. Siamo noi a dover stabilire chi siamo e come c’identifichiamo. È tempo che in tutta l’UE si parli di autodeterminazione dell’identità di genere di ciascuno di noi!

 

Aeden Russo

Fonte: reuters

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