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“Deadendia l’aureola spezzata”: la recensione quasi senza spoiler

Non è facile essere persone trans, soprattutto se ci si trova letteralmente a combatte con i propri demoni. Non è facile essere persone autistiche, soprattutto se ai problemi di cuore si aggiungono sfide peculiarmente soprannaturali. Da ultimo, non è facile trovare rappresentazione che sia allo stesso tempo accurata ed affascinante! Tutte queste affermazioni si ritrovano in un unico prodotto narrativo, ovvero la saga di Deadendia. Creata dalla penna del fumettista e animatore inglese Hamish Steele è stata resa famosa dall’adattamento animato Netflix che ad oggi conta due stagioni. Ultimo arrivato di questo universo narrativo è il secondo volume a fumetti “Deadendia l’aureola spezzata“, che ci appresteremo a recensire oggi.

ATTENZIONE: alcuni degli eventi del fumetto hanno luogo a termine di quelli finora adattati da Netflix. Cercheremo di tenere gli spoiler per il volume e per la seconda stagione al minimo. Procedete con cautela!

Deadendia, recensione secondo volume: Demoni non binari, parchi divertimento e famiglie ritrovate

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La storia riparte dove si era interrotta nello scorso volume e segue l’evoluzione dei suoi protagonisti. Se però lo sfondo dell’inquietante parco divertimenti di Pollywood è rimasta lo stesso, sia l’attrazione di Deadendia che i personaggi che le ruotano attorno sono stati profondamente cambiati dagli eventi. A rimanere nella casa stregata è l’instancabile coprotagonista Norma Khan, ora alle prese con un trafficato hotel sovrannaturale.

La sua strada si è quindi divisa da quella di Barney, che a Deadendia era finalmente riuscito a trovare il proprio posto. Il ragazzo, infatti, sotto il peso dei ricordi ha preso le distanze sia dall’amica che da Pollywood, cercando di costruirsi un futuro con il fidanzato Logs. Sempre tra le sale di Deadendia è rimast* invece il demone Courtney, che continua a fare da tramite tra il mondo degli umani e le bizzarre creature angeliche ed infernali.

Proprio su Courtney andrebbe fatta una prima piccola nota. Infatti, si tratta di una creatura che non vuole e non può essere identificata all’interno di una struttura di genere binaria. Questo si riflette linguisticamente, in inglese con l’utilizzo del they singolare, come pronome di terza persona ed in italiano con la schwa al posto delle desinenze di genere. Se le vite dei protagonisti sono profondamente cambiate dall’inizio del primo volume, simili sono rimasti i temi che la storia affronta sullo sfondo dell’universo sovrannaturale creato da Steele. Tra questi troviamo: l’affermazione delle proprie identità di genere e sessualità, le sfide dell’essere giovani appartenenti ad una o più minoranze, la necessità di trovare un proprio posto nel mondo, le famiglie ritrovate e ri-ritrovate.

Barney: diventare adulti tra angeli e demoni

DeadEndia: From Graphic Novel To Animated Series On Netflix

Se questi temi si ritrovano in tutte le linee di trama, forse quella che li rende più palesi è quella di Barney. Dopo essersi allontanato dai comportamenti velatamente transfobici della sua famiglia ed aver affrontato sfide sovrannaturali, il giovane si trova quindi in un nuovo capitolo della sua vita. Ha lasciato Pollywood e vive insieme al fidanzato Logan “Logs”, addirittura mostra orgogliosamente le cicatrici di una top surgery. Sembra tutto perfetto, no?

Sembra, perché i demoni reali e metaforici di Barney sono tutt’altro che sconfitti. Da un lato ci sono i ricordi degli eventi del primo volume, dall’altro la necessità di dover ridefinire il proprio posto nel mondo. Una prima sfida tra tutte è quella della ricerca del lavoro, che sicuramente risuonerà estremamente vicina a tutti que* lettor* che come Barney sono persone giovani e trans*.

Quando le difficoltà economiche sembrano risolte, il costo personale comincia a farsi sentire nella relazione tra Barney e Logs quando si ritrovano a dover gestire traumi, incomprensioni e mancanza di comunicazione. Tra scontri di wrestling demoniaco e piani bizzarri per salvare il mondo, Barney si ritrova a fare a conti anche e soprattutto con la sfida di diventare adulto in un mondo che prevede pochi spazi per le persone queer.

Norma: una prospettiva autistica su spettri e sentimenti

Norma from Dead End: Paranormal Park is a Great Autistic Character

A scorrere parallela a quella di Barney, è la trama di Norma, sua collega e amica dal primo volume, che ci riporta alla sua ottica orgogliosamente neurodivergente. Nonostante continui a lavorare a Pollywood anche per Norma la vita e tutt’altro che rosea. Tra clienti demoniaci e possessioni, a metterla in crisi sono anche i sentimenti che prova per la sua compagna di avventure soprannaturali Badyah. Anche messa però alla prova, Norma riesce sempre a non tradire se stessa mostrando con orgoglio il suo essere queer, autistica ed anche un po’ spettrale.

I colori di una rappresentazione fatta bene

In chiusura, sarebbe ingiusto non menzionare la diversità di voci e prospettive con cui Steele esplora l’universo soprannaturale che ruota attorno al parco di Pollywood. Si tratta di rappresentazione fatta nel vero senso del termine, con personaggi che appaiono come persone reali, con una personalità propria ed un ruolo nella trama. Ovviamente senza però sottrarsi dall’esplorare quanto le specifiche identità ed intersezioni giochino un ruolo nel vissuto e nella storia del personaggio. Un tipo di rappresentazione che, ammettiamolo, è ancora difficile da trovare nei media mainstream in Italia e non solo.

Deadendia - L'aureola spezzata

 

Ziggy Ghirelli

 

Fonti: Sito dell’autore