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Cina una dittatura che prova a sfidare i tabù per evitare la democrazia

Cina e finta sfida ai tabù per non ricorrere alla democrazia

Sappiamo tutti quanto la Cina sia conservatrice di alcuni tabù dovuti a delle ideologie retrograde. Nell’ultimo periodo, però, la professoressa di una scuola media ha cercato di rompere alcuni argini portando degli assorbenti in classe
In Italia e in buona parte del mondo una cosa del genere potrebbe risultare normale. Nello Stato orientale, però, non è così.
La docente in questione, nello specifico, ha detto alle proprie allieve di servirsi ogni volta che ne avessero avuto bisogno e, magari, portandone un altro in seguito.

L’attivista per i diritti delle donne, Jiang Jinjing, non appena è venuta a conoscenza dell’iniziativa e ha visto la foto girare sui social ha pensato bene di rilanciarla.
Da tempo Jiang si batte contro la “povertà mestruale”, la difficoltà di accesso agli assorbenti frequente in molti Paesi in via di sviluppo, comprese alcune aree più arretrate della Cina, e contro lo stigma associato al ciclo femminile.
La foto ha iniziato a circolare e spinto tante altre donne a fare lo stesso.
Confezioni di assorbenti sono comparse fuori dai bagni di scuole medie, superiori e università cinesi, oltre 300 secondo il New York Times e come viene riportato anche su ‘Le Repubblica’.

Non solo gli assorbenti in classe servono per combattere i tabù che ci sono in Cina. Anche un bacio omosessuale ha iniziato a fare il giro del web.

Bacio gay di un assistente di volo cinese. La Cina sfida (non realmente) i propri tabù

La Cina come sappiamo ha molti tabù a livello sessuale e non solo. In particolar modo, la comunità LGBT+, non ha alcuna voce in capitolo nello stato orientale.
Negli ultimi giorni, infatti, ha fatto discutere la storia di un assistente di volo che, dopo essere stato licenziato dalla compagnia di Stato China Southern per il video di un suo bacio omosessuale, ha fatto causa alla società.

La Cina decide di sfidare i propri tabù tra assorbenti in classe e baci gaySul tema, come su tutto ciò che riguarda la sessualità, l’atteggiamento delle autorità è ambivalente.
Da un lato lasciano spazio al dibattito. Dall’altro procedono con estrema prudenza nel riconoscimento dei diritti.
Per l’omosessualità, ad esempio, vige la politica dei “tre no”: non approvata, non disapprovata, non promossa.

Più in generale, una nuova legge prevede che dal prossimo anno l’educazione sessuale diventi obbligatoria nella scuola dell’obbligo.
È la prima volta che il governo usa ufficialmente il termine “educazione sessuale”. La battaglia sugli assorbenti in questo contesto è particolarmente significativa, proprio perché la cultura patriarcale rende molti argomenti, soprattutto quelli che riguardano la sessualità femminile, un tabù.

Oltre il 60% delle donne cinesi usa delle perifrasi per indicare il ciclo mestruale. Ma non solo.
Di recente, l’Associazione per la pianificazione familiare e l’Università Tsinghua ha proposto a quasi 50mila universitari un questionario, nove domande che spaziavano dall’efficacia del ‘coitus interruptus’ come metodo contraccettivo alle malattie sessualmente trasmissibili, e oltre un terzo dei partecipanti ha risposto correttamente solo a tre quesiti o meno. Neppure un terzo ne ha azzeccati più di sei.

L’Italia non deve imparare nulla dalla Cina, ma servono più diritti

La Cina sta iniziando ad affrontare alcuni tabù che la riguardano e che, per alcuni, vengono visti come una mancanza di conoscenza che qualche esperto arriva a definire ‘analfabetismo sessuale’.
Eppure, la travolgente modernizzazione sta cambiando anche la sensibilità dei cittadini, in particolare gli abitanti più istruiti delle grandi città. Ha suscitato indignazione, per esempio, il fatto che ai medici eroi di Wuhan non siano stati forniti assorbenti, nonostante le donne fossero la metà dei dottori e la maggioranza degli infermieri.

Il Partito comunista non permette che le rivendicazioni diventino movimenti organizzati, ma alcuni attivisti come Jiang Jinjing riescono a portarle avanti.
E singoli cittadini, come l’assistente di volo, lottano per i propri diritti in tribunale. Alcuni argomenti vengono definiti come scomodi.
Nel caso del ciclo mestruale, nello specifico, In Cina non se ne parla. il 60% delle donne non lo nomina come ‘educazione sessuale’ e l’espressione è stata usata in modo ufficiale per la prima volta nei giorni scorsi.
Sono state introdotte apposite lezioni a scuola di Omosessualità. Altro tema scomodo per lo Stato.

L’Italia, ovviamente, non deve imparare nulla dalla Cina in quanto è uno Stato sotto dittatura. Ciò non toglie che, anche nel nostro paese c’è bisogno di una legge che tuteli le persone LGBT e di maggiori diritti.

 

 

Simone D’Avolio