aidsSi è svolto ieri il convegno “La ricerca italiana sfida l’Hiv” a cura Istituto Superiore di Sanità, in occasione del quale l’epidemiologo Gianni Rezza ha snocciolato cifre e dati aggiornati al 31 dicembre 2007. Sintesi della relazione: la percezione del rischio circa l’Aids è diminuita.

Le cause sono molteplici: se ne parla meno, le cure stanno facendo passi da gigante (entro la fine di questo mese si passerà alla fase II della sperimentazione del vaccino contro l’HIV) allungando notevolmente l’età media di sopravvivenza dei malati.

E poi i numeri: 59.500 i casi in Italia dall’inizio dell’epidemia. Da tre anni si è stabilizzato il numero di nuovi casi (4.000 nuovi casi quest’anno, 11 al giorno) interrompendo la diminuzione progressiva riscontrata negli anni precedenti. Gli italiani malati di Aids ammontano a 24.000. Il Lazio la regione più colpita.

Non esiste più quindi il tipico “soggetto a rischio” (giovane, tossicodipendente, omosessuale). 40 anni è l’età media dei nuovi casi: diminuisce l’incidenza dei casi per tossicodipendenza ed aumentano i casi tra gli eterosessuali (anche se la comunità omosessuale romana registra un picco di casi): il 30% dei casi riguarda stranieri.

In 6 casi su 10 imalati non hanno fatto terapia antiretrovirale prima della diagnosi di Aids (1 su 2 scopre la propria sieropositività al momento della diagnosi della malattia).

Paradossalmente quindi se si registra un risultato positivo delle terapie, si registra anche un’accesso tardivo alle cure riducendone l’effetto. Anche la comunità omosessuale che da sempre si è contraddistinta per la sensibilità verso il problema ha peso le buone abitudini.

L’invito del dott. Rezza è quindi quello di non abbassare la guardia!

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