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Tu chiamale, se vuoi, volgari esibizioni

Forse per la comunità LGBT+ le cose non sono ancora come dovrebbero perché è sempre mancato il contributo di un esperto a dare manforte alla causa. Avremmo dovuto cercarlo e trovarlo il prima possibile perché, senza una figura simile, si rischiano immancabilmente solo disastrosi e dolorosi fallimenti. Ma fortunatamente la nostra ricerca è finita perché l’esperto di cui sopra si è palesato pochi giorni fa con un post su Facebook che non è passato inosservato. Il guru che mancava all’appello è proprio lui, quel bel ragazzone di Alessandro Di Battista che, in una sola frase, è riuscito a lanciare un vero e proprio monito(R) alla comunità LGBT+ intera, colpendola in piena faccia. Cosa ha scritto esattamente il buon Dibba? Rivolgendosi a coloro che desiderano la legalizzazione della cannabis e che si fanno fotografare con una canna tra le dita, ha scritto che questi gli “ricordano coloro che pretendono di ottenere un miglioramento dei diritti civili per gli omosessuali esibendosi in volgari forme di trasgressione durante i Gay Pride”. Va detto che serve non poca fantasia per riuscire a collegare la legalizzazione della cannabis con il riconoscimento dei diritti civili della comunità LGBT+ e già qui si capisce che il salto è stato a dir poco iperbolico. Resta poi da capire, esattamente, che cosa si possa definire volgare, perché qui entra in gioco la morale di ciascuno di noi. C’è chi trova volgare uno strip-tease, c’è chi trova volgare quelli che non sanno coniugare i verbi (e che magari si sono fatti strada nella politica), c’è chi trova volgare l’esistenza delle influencer, c’è chi trova volgare inquadrature ginecologiche alle parti basse di Belen all’ora di cena, c’è chi trova volgare la comicità della Littizzetto, c’è chi trova volgare una funzione religiosa, c’è chi trova volgare un eccessivo uso dei social. Insomma, per farla breve, ognuno di noi ha la sua idea di volgarità. Ma il nostro Dibba sembra essere certo che il suo pensiero su ogni cosa sia universalmente condivisibile. Del resto, solo pochi mesi fa aveva allettato il suo enorme pubblico dichiarando che sarebbe tornato in politica solo alle sue condizioni perché, come sopra, anche quelle devono essere universali e, di conseguenza, per forza condivisibili.
Questa dichiarazione ha ricevuto un paio di critiche più o meno forti (ma non più di un paio, non sia mai). Ma non possiamo perdere tempo a chiederci da che parte stia l’errore perché è già sottinteso che siano gli altri a sbagliare, non certo Di Battista. E, il giorno successivo, più precisamente il 26 giugno, l’Alessandrone nostro prova a correggere il tiro. Ovviamente il tiro degli altri, mica il suo. E scrive: “se osi criticare determinate volgari esibizioni durante i Gay Pride perché le ritieni controproducenti al raggiungimento dell’obiettivo, ovvero il conseguimento di sacrosanti diritti, ti danno dell’omofobo”. E qui, sottotraccia, ci sono tre concetti che andrebbero snocciolati: il primo è che pare che la comunità LGBT+ sia per sua natura intoccabile e che non si possa neanche criticare (si sa, è una lobby potente che se la passa alla grande e guai a chi osa dire A!) e, in secondo luogo, certi riconoscimenti non sono ancora pervenuti a causa dei comportamenti (un po’ troppo sopra le righe) della comunità LGBT+ stessa. Insomma, là dove c’è stato un fallimento è stata, in fin dei conti, colpa nostra. Perché non siamo stati credibili e ci siamo resi ridicoli e volgari. Il terzo concetto è che gli altri lo hanno criticato per quel posto perché è stato chiaramente frainteso, hanno letto male o di fretta e non si fa nessun passo indietro. L’errore è negli occhi di chi ha letto. Lui ha ragione e punto.
Dovremmo tutti imparare a comportarci di conseguenza e adeguarci. Pensandoci bene, secondo le direttive morali di Alessandro, ecco come si potrebbe organizzare un Pride per il 2021: uomini gay possibilmente in camicia e pantaloni eleganti (non è richiesta la giacca solo perché a fine giugno fa caldino, ma se qualcuno vuole sfidare i 40°C, allora si accomodi pure). Donne gay preferibilmente con abiti a fiori (possibilmente rosa), vietatissime le scarpe da ginnastica, ma sono invece consigliate scarpe con tacco. Alto o basso non importa, purché trasudino femminilità. Transessuali MtoF e FtoM… ecco, qui la cosa di fa più complicata. O vengono vestiti decentemente o possono stare a casa perché gente mezza nuda non s’ha da vedere. Alessandro ne sarebbe disturbato. Bisessuali: o si fingono etero o si fingono gay, ma la via di mezzo che lascia in dubbio tutti quanti non segue le linee standard dettate dalla morale universale. Infine: saranno considerati fuori luogo e quindi vietati atteggiamenti sensuali o erotici, ammiccamenti e qualsivoglia richiamo al sesso, anche scherzoso, poiché esibire il proprio orientamento e le proprie preferenze rientra nella volgarità e quindi è passibile di una giusta e doverosa censura. Seni (biologici o artificiali) rigorosamente coperti. Pacchi e muscoli in vista assolutamente vietati. Tutto questo per il bene della causa, sia chiaro!
Dobbiamo prendere atto del fatto che più sarà casto il pride e più si verrà ascoltati. E forse, dopo una parata doverosamente simile a una processione, la comunità LGBT+ tutta potrà finalmente raggiungere gli obiettivi tanto agognati.
Era semplice, eppure non ci abbiamo mai pensato. Noi che abbiamo fatto delle migliaia di sfaccettature diverse un grido di libertà da far vedere alla luce del sole, in ogni direzione. Noi che volevamo essere colorati, visti, accolti, abbracciati, divertenti, sicuri, provocanti e liberi non ci siamo resi conto che bastava nascondersi ancora un po’ e vergognarci delle nostre identità sessuali per non turbare la morale dei nostri interlocutori. Noi che attraverso il pride ricordiamo anche coloro che sono stati arrestati, uccisi, umiliati o incarcerati perché avevano il rossetto, una camicia di seta o una barba non richiesta. Noi che pensavamo che l’eccentricità e l’unicità di una simile manifestazione fosse una liberazione per tutti, nessuno escluso. Ma anche su questo ci siamo sbagliati. Ci sono ancora “uomini dalla giusta morale” che tuonano da pulpiti importanti.