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Slutshaming e sessuofobia. Anche basta.

Slutshaming sessuofobia

Se vivi la tua sessualità anche e soprattutto nei suoi aspetti più ludici e ricreativi, “sei una t*oia e devi vergognartene”. Sui social si chiama slutshaming, ovvero la sessuofobia 2.0 figlia di secoli e secoli di repressione sessuale. 

Premesso che non parlerò del sesso compulsivo né del sesso come dipendenza, quel che mi preme sottolineare qui e adesso è altro.

Il sesso è uno strumento molto potente. È un modo particolare di relazionarci con altre persone, oltre a essere la semplice risposta di un bisogno fisiologico come altri. Fare sesso allevia le tensioni, riattiva il metabolismo, brucia calorie, sprigiona endorfine e altre sostanze ormonali altamente salutari per il nostro organismo. Ma non solo. Fare sesso ci permette di esplorare il nostro mondo psicoemotivo e i simbolismi dell’attività sessuale come fantasie o desideri.

Il sesso ludico e ricreativo non reca alcun danno a nessuno. Tuttavia, agli occhi di chi vive una vita frustrata, le persone che esercitano il proprio diritto a godere della propria sessualità sono viste come moralmente deprecabili (soprattutto se sei femmina o se sei un maschio omosessuale sessualmente passivo o versatile). La nostra società continua a considerare “normale”, comprensibile e
naturale, solo l’attività sessuale dei maschi eterosessuali. Secoli e secoli di repressione sessuale, di convinzioni religiose, sociali e culturali a dir poco assurde e castranti, hanno rovinato la vita di un’infinità di esseri umani inconsapevoli.

Oggi è quasi “normale” intromettersi nella sessualità altrui e criticarla. Non ci vuole la zingara per capire che la gente critica degli altri ciò che vieta a se stessa. Eppure ancora troppe persone non vivono serenamente la propria sessualità, a prescindere dall’orientamento, e vomitano le proprie frustrazioni sugli altri. Nella loro testa ronza ancora quel vocio di preconcetti e pregiudizi che limitano pesantemente non solo un piacere a se stessi ma anche la libertà altrui. 

Ho personalmente conosciuto tante “santarelline” che poi si sono dimostrate persone diaboliche con seri disturbi e diverse abitudini disfunzionali. Ho anche conosciuto persone estremamente disinibite nel sesso, che si sono prostituite, che hanno vissuto e vivono il sesso come qualcosa di estremamente normale come mangiare o bere: c’è chi diventa cuoco o sommelier e chi pornoattore o escort.

Oggi posso dire che chi si deve vergognare non è chi scopa quanto e come vuole. Insulti, offese, commenti e battutine verso chi vive liberamente la propria sessualità… anche basta. Come per l’omofobia (non siamo noi gay a essere malati ma gli omofobi), la sessuofobia ci dimostra che non è malato chi scopa tanto o in modo particolare. Più probabilmente lo è chi il sesso lo reprime o lo vive male.

Alessandro Cozzolino, life coach