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“Ritratto della giovane in fiamme” – La libertà nell’Arte

Portrait de la jeune fille en feu

Ritratto della giovane in fiamme” (Portrait de la jeune fille en feu) è un film del 2019 scritto e diretto da Céline Sciamma.

Ha vinto il Prix du scénario e il Queer Palm al Festival di Cannes 2019.

1770.  A Marianne (Noémie Merlant), pittrice di talento, viene commissionato da una contessa (Valeria Golino) il ritratto della figlia Héloise (Adéle Haenel), dono per l’uomo a lei destinato come marito.

Ritratto della giovane in fiammeMarianne dovrà dipingerla di nascosto, fingendo di essere la sua dama di compagnia per l’insistente opposizione di Héloise a voler posare.

Le due donne iniziano così a frequentarsi e tra loro scatta un amore travolgente e inaspettato, elegante e poetico, romantico e naturale.

La settima arte in questo film ne coinvolge altre tre: la letteratura, la pittura e la musica.

Arti che convivono, si fondono e creano un fil rouge all’interno della narrazione. Che contribuiscono a rendere “Il ritratto della giovane in fiamme” un capolavoro.

Le scene di vita quotidiana al femminile illudono personaggi e spettatore della possibile realtà di una relazione tra due donne. O della condizione delle donne in generale: Héloise che prepara la cena alla serva Sophie, la donna pittrice che può vivere solo del proprio lavoro sono suggestioni rivoluzionarie.

Per quanto la messa in scena sia semplice, con un uso limitato dei costumi e una scenografia minimalista, l’uso dei dettagli, delle simbologie e l’intensità della fotografia di Claire Mathon rendono questa  pellicola magnetica. Sono immagini intrise di bellezza e sensualità.

Con l’avanzare della storia, ci cominciamo a sentire parte di quel microcosmo femminile. Avvertiamo i turbamenti, le gioie, i dolori, i mutamenti.

Gli uomini sono relegati in un angolo, sono evocati.

Le donne sono lì e noi con loro. Perché questo film è estremamente attuale.

La rappresentazione dell’ideale estetico a discapito della personalità, il rifiuto della diversità per sottostare a sovrastrutture sociali e familiari (perché si deve fare la “cosa giusta”),  la suggestione dell’uguaglianza, il tabù della maternità, la paura di perdere la memoria dei ricordi, il desiderio di libertà.

L’ “Estate” di Vivaldi evoca l’oppressione del caldo, oppure una tempesta nel suo ultimo movimento.

Il suo ritmo scandisce i respiri ed i ricordi di Héloise. E i nostri.

Le sue lacrime sono le nostre, sono quelle di tutte le donne che hanno dovuto girarsi per vedere la propria amata andare via per sempre.