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PERCHÈ LE UNIONI CIVILI NON DECOLLANO

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da La nuova Mestre 25 Maggio 2020

Dopo un sofferto iter parlamentare, quattro anni fa la legge 76 del 20 maggio 2016 istituì le unioni civili omosessuali. Grazie ad alcuni nuovi dati pubblicati dall’Istat è possibile un bilancio della adesione delle coppie omosessuali a tale innovativo istituto giuridico, in Italia e nel Veneto.Al primo gennaio del 2019, risiedevano in Italia 11 mila 800 uomini e 5 mila 700 donne unite o già unite civilmente. In Veneto, gli uomini erano 871 (il 7,4% del totale nazionale), le donne 434 (7,6%).
Poiché nel Veneto vive l’8,1% della popolazione italiana, si
può dire che nella nostra regione le unioni civili sono un po’ meno diffuse rispetto alla media nazionale. In tutta Italia, le unioni civili sono concentrate nelle aree metropolitane e fra le persone diplomate e laureate. Ciò accade anche nel Veneto, perché il 39% delle persone unite civilmente vive nelle cinque maggiori città (Venezia, Verona, Padova, Vicenza e Treviso), quando in queste città risiede solo il 19% dei veneti. Quando uscirono i primi dati, in Italia
come altrove, furono gli stessi militanti dei movimenti per i diritti degli omosessuali a stupirsi per questi numeri, inferiori alle loro attese.Effettivamente, nel triennio 2018 le unioni civili in Italia sono state appena l’1,5% rispetto ai matrimoni. Quando si parla di diritti, bisogna guardare alle storie dei singoli, piuttosto che alle masse. In tutti i i paesi occidentali, anche in quelli come l’Olanda e la Francia, dove da anni o da decenni per gli omosessuali è possibile
sposarsi, lesbiche e gay dichiarati non superano il 2% fra gli uomini e l’1% fra le donne. A questi vanno aggiunte quote simili di persone di orientamento bisessuale – più diffuse fra le donne – meno interessate al matrimonio e all’unione civile. In Italia oggi, secondo le indagini più accreditate, vivono 140 mila uomini e 80 mila donne di orientamento esclusivamente omosessuale, e possiamo stimare che nel Veneto i gay siano 11 mila, e le lesbiche 6-7 mila.
La differenza numerica fra i gay e le lesbiche spiega anche perché le unioni civili fra donne sono metà rispetto a quelle fra uomini.In secondo luogo, l’entusiasmo degli omosessuali verso le unioni civili è assai inferiore rispetto a quello – a dire il vero già fiacco – degli eterosessuali verso il matrimonio. I dati Istat mostrano che nel 2018 la probabilità di sposarsi per una persone non omosessuale in stato libero è stata il doppio rispetto alla probabilità di unirsi
civilmente per una persona omosessuale in stato libero. Quindi, per spiegare il basso numero delle unioni civili in Italia non basta evocare la parallela disaffezione degli eterosessuali verso il matrimonio, ma si deve guardare alle caratteristiche giuridiche delle unioni civili. In altri paesi, le unioni civili e i matrimoni omosessuali sono aumentati sensibilmente, specialmente
fra le lesbiche, quando alle coppie omosessuali è stato permesso di intraprendere un progetto genitoriale comune. Ma forse, il motivo più importante della scarsa diffusione delle unioni civili fra lesbiche e gay italiani va ricercato altrove. In alcuni ambienti sociali, per due persone dello stesso sesso è difficile rendere pubblica la loro relazione affettiva. Anche questo ce lo dicono i dati, quando mostrano che le unioni civili – anche nel Veneto – sono poche nei piccoli paesi e fra le persone meno istruite. Le unioni civili potrebbero diventare più numerose quando l’accettazione sociale della omosessualità si sarà fatta strada in tutta la società italiana.

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