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Majid continuerà a danzare in eterno

Majid continuerà a danzare in eterno: perché lo Stato, il suo ex, niente e nessuno gl’impediranno d’essere sé stesso: trans, queer, autistico, pagano e femminista. Ma permettetemi di raccontarvi un pezzo della sua storia, e del perché ve ne parlerò in questo articolo.

Majid continuerà a danzare, anche contro il suo ex abusivo

Su Instagram, Majid si è aperto al mondo come pochi, mostrando quella parte di sé vulnerabile. Racconta con piccole frasi come fosse visto solo come un oggetto di desiderio, una cultura per cui si ha un certo feticismo, e non un essere umano pensante. Il mio ex abuser mi chiedeva spesso di ballare per lui. Nudo, eccezion fatta per una kefiah legata sui fianchi, in una dinamica estremamente orientalista“.

Così inizia il suo racconto. Majid, infatti, non ha avuto un compagno affianco, bensì una persona abusante, che non lo vedeva come partner, ma come un qualcosa di suo, da possedere. Per questo, danzare per lui in quella condizione non era più un gesto naturale, una passione. Si era trasformato in un disagio, in un atto razzista, in una punizione quasi. E questo ha lasciato un duro segno sulla pelle di Majid: “(…) a tratti faccio ancora fatica a perdonarmi. È che io stesso portavo avanti quella narrazione: cosi come capita per l’omofobia interiorizzata, questo accade perché cresciamo immersi in una società e cultura estremamente razzista“.

Ci sono voluti lunghi periodi di riflessione ed accettazione per lui. Fortunatamente è tornato a danzare senza sentirsi oppresso ed in difetto. “Ricominciare a ballare (e farlo proprio con la danza orientale) è stato un atto di rivendicazione, di amore e riscoperta delle mie origini. È anche la decisione di non lasciare nelle mani del mio passato e del mio ex orientalista una cosa tanto bella e tanto intimamente mia in questo viaggio alla riscoperta delle mie radici“. Ed è questo, per Majid, la danza: riprendersi nelle mani ciò che gli spetta.

Majid continuerà a danzare, anche contro lo Stato Italiano

Sfortunatamente quella di Majid non è una situazione serena in cui vivere. Gode sia della cittadinanza svizzera che di quella italiana, ma solo per uno dei due Stati è riconosciuto secondo la propria identità di genere. Così, sempre grazie ai social, ha potuto raccontare della sua esperienza per il cambio documenti, rivelandoci una verità scioccante. Quello che in Italia richiede mesi, se non anni, in Svizzera è questione di 20 minuti o poco più. Mi è bastato andare in comune, dire di essere un ragazzo trans e di voler cambiare i dati, mi hanno chiesto i vecchi documenti e il nuovo nome e genere. Ho firmato il foglio che attestava il cambio e 4 giorni dopo avevo in mano la carta d’identità nuova. Un protocollo totalmente basato sull’autodeterminazione“. Questa la sua testimonianza.

Per pura burocrazia, in Italia ciò non succede così rapidamente, e nonostante Majid sia a tutti gli effetti Majid per la Svizzera, i suoi documenti non possono essere cambiati altrettanto velocemente qui in Italia. Anzi, è pur sempre necessaria l’autorizzazione di un giudice. E così si ritrova a vivere con due identità distinte e separate, ambo perfettamente valide e legali, ma di cui solo una corrisponde al suo vero essere.

Una bellissima storia di resilienza

Majid Capovani è un ragazzo giovanissimo, di appena 23 anni, e studia all’università di filosofia di Pisa. Nonostante la sua età, è un attivista LGBTQIA+ a tutti gli effetti, e con sé porta il bagaglio di chi non sa riconoscersi nel proprio corpo, ma che adesso sa di essere in pace con la propria immagine.

Verso i 16 anni ho deciso di cominciare un percorso di transizione che è partito a 17 anni. Nel mio caso sapevo che avevo bisogno di un percorso medicalizzato, anche se è importante dire che non tutte le persone trans sentono questo bisogno“, così racconta della sua esperienza da uomo trans.

Di rivelazioni, però, ne ha aggiunta una in particolar modo significativa, riguardante proprio quell’iter psicodiagnostico che lo Stato italiano richiede per procedere nel percorso di transizione: “Non basta vedere solo uno psicologo o una psicologa ma bisogna passare anche per uno psichiatra. Io ne ho visti due, quella dell’ospedale che lavora quotidianamente con persone trans nel reparto di incongruenza di genere mi ha fatto pressioni per effettuare l’intervento di isterectomia cioè la rimozione dell’utero e lo ha fatto dandomi informazioni che si sono rivelate false. Come il rischio di andare incontro a tumori, una cosa che si credeva anni fa ma che ricerche mediche internazionali hanno smentito. Non c’è infatti nessuna correlazione tra terapie ormonali e tumori all’utero. Mi ha fatto un vero e proprio terrorismo psicologico“.

Ma, dettaglio ancor più eclatante, è stata la convinzione di questo medico specialista che Majid non potesse conservare il proprio patrimonio genetico, in caso di un’eventuale gravidanza (se mai ne avesse voluta una): “Oltretutto io avevo chiesto la possibilità di poter fare la crioconservazione degli ovuli e lei mi ha detto che in Italia questa procedura non è possibile, un’altra cosa che poi ho scoperto essere falsa. Non potevo ribattere o impuntarmi perchè quella psichiatra doveva autorizzarmi o meno alla visita endocronologica e a iniziare la terapia ormonale quindi sono dovuto stare zitto“.

Cosa ci insegna la sua storia?

Scrittore, appassionato di antropologia e dialogo interculturale e interreligioso, questo ragazzo porta quotidianamente la sua vita come spunto di dialogo e riflessione per chi ha il suo stesso punto di vista, ma soprattutto per chi non lo comprende e avrebbe bisogno. La sua voce non solo è supportata da magazine d’informazione come l’Intersezionale, ma è soprattutto appoggiata dalle migliaia di persone che lo seguono. E allora danza, Majid, e fallo in eterno, perché sono gli spiriti liberi come te a liberarci dalle catene e dal fango che c’imprigionano in questo mondo.

Fonte: InToscana.it

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Aeden Russo