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IL “DOPO COVID” SECONDO SUA MAESTA’ GIORGIO ARMANI

Ha fatto scalpore la lettera al quotidiano americano Wwd scritta da Re Giorgio: ‘Non si può pensare solo al profitto. La moda deve rallentare se vuole ripartire. E tornare a essere umana’’. E con dichiarazioni forse inaspettate ci rivela la sua idea per una “new economy (già) 3.0”, (forse) non solo nella moda.

Il futuro?
“E’ inevitabile, dovremo trovare soluzioni diverse per raggiungere il consumatore. E il tempo di verifiche e di identificazione di ciò che è veramente necessario e non di dare voce alla necessità di parlare di moda in termini enfatici”. E ciò che è ‘essenziale’ in questo momento per Giorgio Armani, è aiutare gli ospedali.

Armani si è dimostrato subito sensibile e fattivo nell’affrontare i problemi legati alla panedemia in corso, donando prima due milioni di euro agli ospedali in sofferenza e poi convertendo l’intera produzione di abbigliamento dei suoi stabilimenti in quella di camici monouso, per il personale sanitario degli ospedali. Dopo di lui, Bulgari, Valentino e Prada si sono resi protagonisti di iniziative analoghe.

In un’intervista a La Repubblica, ha raccontato come vorrebbe la moda post coronavirus.
Riflessioni utili e trasversali che sarebbe bello contagiassero ogni settore dell’economia.                                                                                                  Armani, nell’intervista punta il dito contro i virus dell’avidità e del profitto che hanno fatto ammalare anche la creatività.                                                 Ma lui, le sue perplessità su un’economia implosiva, le aveva già espresse in passato.

“Il momento che stiamo attraversando è drammatico, ma possiamo cambiare ciò che non andava bene, migliorare e riguadagnare una dimensione più umana”.

Infine il maestro non tradisce il suo ottimismo e la fiducia nei giovani, e aggiunge:
“Per i più piccoli sarà una dura prova, ma sono convinto che mai come oggi essere piccoli significhi essere agili e adattabili. Ai giovani consiglio di concentrarsi sull’autenticità. Usciti da questo incubo, ci sarà una grande voglia di bellezza, ma anche di logica, ne sono certo”.

Parole di un sognatore concreto che dall’alto di suoi 85 anni, continua a sognare un mondo più bello.
E chissà che il suo desiderio di un’economia nuova, non diventi di moda.

Di seguito un estratto della lettera scritta dal designer:
“Per anni, nelle conferenze stampa dopo i miei show, ho sollevato dubbi sul sistema corrente, sulla sovrapproduzione e sul mancato allineamento, a mio parere criminale, tra clima e stagionalità commerciale: sono stato spesso ignorato, se non giudicato un moralista. L’emergenza in cui ci troviamo dimostra che l’unica via percorribile sia un attento e ragionato rallentamento. (…) Il declino del sistema moda così come lo conosciamo è iniziato quando il segmento del lusso ha adottato gli stessi metodi operativi del fast fashion, (…) dimenticando così che il lusso vero richiede tempo, sia per essere creato che per essere compreso. Il lusso non può e non deve essere veloce. (…) Trovo assurdo che si possano trovare in vendita abiti di lino nel bel mezzo dell’inverno e cappotti d’alpaca d’estate per la semplice ragione che il desiderio d’acquistare deve essere immediatamente soddisfatto. (…) La crisi è un’opportunità per ridare valore all’autenticità: basta con la moda fatta solo di comunicazione, basta con le sfilate cruise in giro per il mondo per presentare idee mediocri e intrattenere con show grandiosi che oggi appaiono come fuori luogo, e pure un po’ volgari. (…). Il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma offre anche un’opportunità unica di sistemare ciò che nel sistema è sbagliato, recuperando una dimensione più umana. Ed è bello vedere che, in questo senso, siamo tutti uniti. (….) Uniti ce la faremo, ma dobbiamo restare compatti e lavorare in armonia. Questa è forse la lezione più importante che possiamo imparare da questa crisi”.